Vai alla homepage who's who scrivi a trax

 

 

G u i d o B a l l o
Posta per gli amici

intervista di Massimiliano Gioni

 

Guido Ballo è nato ad Adrano (Catania) il 12 aprile 1914. Dal 1939 vive a Milano dove è stato testimone tra i più attenti della vita artistica, legandosi in particolare ai protagonisti dell'arte degli anni Cinquanta e Sessanta, da Fontana ai Pomodoro, fino a Baj, Tadini, Pozzati e Aricò. Ha collaborato alle pagine culturali dell'Avanti! e del Corriere della Sera; ha curato moltissime mostre (tra le quali ricordiamo quelle dedicate a Boccioni, ai pittori futuristi, alle origini dell'astrattismo, a Reggiani, al gruppo di Continuità, ad Aricò) e ha pubblicato importanti saggi e manuali di storia dell'arte (Pittori italiani dal Futurismo ad oggi, 1956; Preistoria del futurismo, 1960; La linea dell'arte italiana, dal simbolismo alle opere moltiplicate, 1964; Boccioni, 1964; Lucio Fontana, idee per un ritratto, 1970). Le sue poesie sono ora raccolte in un volume curato da Vanni Scheiwiller e Arnaldo Pomodoro (Il muro ha un suono, Scheiwiller, 1994, con prefazione di Stefano Agosti).

Giudo Ballo (1914) has been one of the most important witnesses of Italian art after war world II. Particulary close to Fontana, Baj, Arnaldo e Giò Pomodoro, he recalls in this interview the artistic atmosphere in Milan, revealing private anecdotes in the lives of painters Lucio Fontana and Gastone Novelli. Ballo has also allowed us to print some of his poems (collected in the anthology Il muro ha un suono, edited by Vanni Scheiwiller and Arnaldo Pomodoro, Milan, Scheiwiller, 1994) dedicated to Giò Pomodoro and to Milan in the Fifties. 

© Trax

Guido Ballo lo ricordavo così: giacca a tre bottoni nera, un po' aderente, di quelle che negli anni Sessanta portavano tutti (da Calvino ai Beatles, e pure Fontana: tutte attillate e tutte nere, sembrano nelle foto di quegli anni lì), camicia stretta stretta sul collo e cravatta nera, fine, col nodo piccolo. Pelato, faccia a punta, si aggira con bicchiere e piattino al rinfresco di qualche vernissage, con Dorfles sullo sfondo, magari la Pivano e Sottsass, a parlottare con Pomodoro, Cardazzo (Carlo, quello vecchio ça va sans dire) e se va bene ci vedi pure un Eco.

Me lo ricordavo insomma in quella Milano lì che dalle foto diresti non è da bere con rucola e tagliata, ma una città - ti sembra - modello, con i negozi disegnati da Colombo, con i mobili - per dire - di Zanuso e tutti a parlare di arte e tecnologia, opera aperta e design, arte programmata, concretismo e BBPR, Velasca e Olivetti, perspex, alluminio, poliuretano, plexiglass, progettazione integrata e metodologica, per due numeri del Verri ti do il primo di Incontri musicali, un Domus firmato da Ponti ne vale un'annata di Casabella, chissà?

Allora lo vado a trovare ieri su consiglio di Pomodoro che mi dice che è un po' solo. Telefono, passo il cordone sanitario della moglie Risa che mi interroga più volte, arrivo a casa sua. Mi riceve sdraiato sul divano con tanto di coperta. Dei divani si deve parlare ché sono gli stessi di quelle foto là: ci sprofondi un poco e poi scopri che hanno delle ruotine nascoste con le quali ti sposti veloce di qua e di là, quasi gli investo la moglie a Ballo, pensando tutto felice all'integrazione delle arti e al design milanese.

Ha voluto che gli portassi le domande scritte perché voleva un'intervista strutturata (vedi, la struttura ce l'avevano nel sangue in quegli anni lì). Legge attentamente e mi dice: questo è un casino. Per venti minuti buoni non se ne cava niente: Mi parla di Continuità? gli chiedo sperando di toccare un tasto dolente che lo aizzi e mi dica L'ho inventato io il termine e Argan me l'ha rubato. Invece niente. Mi dice: Io di mostre ne faccio a milioni, e poi le dimentico, le brucio, se le tengo tutte dentro vomito. Risa va a prendere un catalogo da cui partire, inizia a leggere. Guido si arrabbia, Non finiamo più se facciamo così, non mi piace, questo è un casino, l'intervista a tre non va bene. Caccia la moglie (che poi quatta quatta ritorna e mi racconta delle cose bellissime sulla morte di Gastone Novelli, imita pure la sua erre moscia).

Poi Guido parla di Fontana e lì va a ruota libera. Lo adora: C'è un solo Lui nell'arte italiana, mi dice mostrandomi un portaombrelli che io - giovane critico - dovrei attribuire: mi suda la fronte, come si attribuisca un portaombrelli proprio non so. Mi aiuta e mi dice È Lui. Lui chi? dico io
C'è un solo Lui... È Fontana.

Parla di Pomodoro, di Novelli, di Milano. Qualcosa ne cavo e l'intervista la riporto così come è. Rimedio anche un tomo di 628 pagine (tutte le poesie di Ballo: Il muro ha un suono, Scheiwiller - che è un po' come dire quella Milano là - 1994) che devo leggere e recensire per lunedì, non per Trax ma proprio per Ballo che vuole vedere come scrivo. Oggi, sabato, ho letto solo la parte dedicata a Milano: trasuda sano disprezzo per la Milano da bere e forse anche per quella Milano là che penso un poco l'abbia deluso. Mi mostra il primo quadro che ha comprato: un Soldati figurativo con casette e finestrelle. Mi mostra altri Fontana, due Turcato, Rotella e un po' tutti di quel giro lì. Di quadri ce ne erano di più, mi dice.
Massimiliano, se vuoi fare i libri, diventi povero. Gli dico che ho visto il suo L'occhio critico in vetrina da Bocca, lo volevo comprare, chiedo il prezzo: settecento mila. Fetenti, grida Ballo, e a me non danno nemmeno una lira.
Sulla porta mi saluta, mi ringrazia e - testuale - mi schifìa.

Trax
Cominciamo da Milano, dove lei si è trasferito nel 1939 e dove ha lavorato, organizzato mostre, insegnato. Mi può raccontare qualcosa sulla città, su come reagisce all'arte e alla ricerca d'avanguardia?

GB
A Milano l'atmosfera negli ultimi quarant'anni non è stata affatto stimolante. Non è stata particolarmente stimolante nemmeno a Roma, e forse neanche nel resto d'Europa. C'è stata una lunga fase di riflusso e quindi tutte le iniziative, anche le più vive, hanno dovuto lottare per imporsi. A Milano sembrerebbe più facile, perché qui c'è un mercato, ci sono collezionisti e nel complesso la città sembra aperta alle posizioni più nuove; ma in realtà abbiamo dovuto lottare giorno per giorno. Oggi Milano non ha un personaggio come Fontana, quindi è più difficile per i nuovi artisti farsi notare, imporsi.
Trax
Quale è stato il ruolo di Fontana nella Milano degli anni Cinquanta e Sessanta?

GB

Fontana è stato un vero e proprio pilastro, non soltanto per la sua attività di artista e creatore nella sfera più alta, ma anche come stimolatore di cultura e di qualsiasi esperienza nuova. Per spiegarle cosa intendo, le posso raccontare un episodio. Nel 1959 io presentai la prima personale milanese di Gastone Novelli all'Ariete. All'inaugurazione c'eravamo solo io, Novelli e i due Pomodoro: nessun altro. Noi naturalmente eravamo avviliti e delusi. A un certo momento spunta Fontana. Entra, "Oh, che bella mostra" dice "ti compro quel quadro". E cambiò completamente l'atmosfera, perché era un entusiasta, dotato di un'umanità straordinaria. Comprava di tutto ai giovani pittori, bastava andare da lui e ti pagava un quadro oppure ti regalava una sua opera. Negli anni Sessanta Fontana non aveva nemmeno un vero e proprio mercato perché regalava i quadri. Una volta stavo parlando con Carlo Cardazzo della galleria del Naviglio. Gli dissi "Perché non ti prendi Fontana? In fondo hai già fatto molto per lui" e lui mi dice "E chi si prende Fontana? Il mercante è lui". Io non capivo e allora Cardazzo mi spiega: "Fontana ha le sue iniziative, vende da solo, regala. È lui che muove le cose. Io non conto niente, non posso fare niente".

Trax
Ma quale era la risonanza che Fontana otteneva al di fuori del mondo dell'arte?

GB

Fontana riusciva a raggiungere anche il grande pubblico. I buchi, i tagli e le installazioni arrivavano ovunque perché - a differenza di tanti altri che facevano delle opere anche interessanti - Fontana rompeva completamente con la tradizione e quindi faceva scandalo. E poi aveva fascino: chiunque lo conoscesse, se ne innamorava. Era un uomo capace di incantare, non soltanto con l'arte.

Trax
Questa propensione allo scandalo era un'eredità tipicamente milanese, di ascendenza futurista.

GB

Sì. Fontana si ricollegava direttamente a Boccioni non tanto per un'affinità linguistica ma per la proposta di un linguaggio radicalmente antitradizionale, scandaloso. Fontana aveva il temperamento esplosivo, istintivo, tipico del futurismo.

Trax
Ma su Fontana agiva anche l'eredità di una pittura razionalista, frequentata negli anni Trenta al Milione. Eredità che si ritrova in certe superfici compatte degli anni Sessanta, nel ritmo solidificato dei tagli e delle Attese.

GB

Io starei molto attento a usare la parola 'razionalismo' con Fontana. Il pittore razionalista distacca l'opera, la sottopone continuamente a un intervento critico e mentale. Nell'opera di Fontana non senti mai questa distanza, piuttosto leggi il coinvolgimento dell'artista nel quadro. Per questo la sua arte era sin dall'origine azione e per questo confluì in modo naturale in un'azione svolta direttamente nell'ambiente. Gli ambienti di Fontana sono spazi dinamici, irrazionali.

Trax
C'erano stati però dei rapporti con i versanti razionaleggianti della pittura del dopoguerra, penso soprattutto al Movimento Arte Concreta (MAC).

GB

In un certo senso Fontana faceva comunque arte concreta, cioè un'arte non figurativa risolta in pura visibilità. Però resta un irrazionalista. Nella totalità dell'opera è abbastanza normale che si colga un'immagine unitaria, razionale se vuole. Ma la sua opera parte sempre dall'istinto, dall'impulso, dall'immediatezza, e la purezza di cui parla lei è solo la conclusione di questo percorso.

Trax
È questo il percorso che accomuna gli artisti che lei riunì nel gruppo di Continuità nel 1961 (Bemporad, Carmassi, Consagra, Dangelo Dorazio, Fontana, Novelli, Perilli, i Pomodoro, Sottsass, Turcato): ritrovare, al di là del romanticismo e dell'irrazionalismo informale, una qualche forma di equilibrio, di purezza.

GB

Credevano di superarlo ma in realtà l'avevano prima assimilato, studiato in profondità: nella storia dell'arte gli stili riaffiorano. L'Informale, l'irrazionale sono sempre presenti, ritornano, perché sono componenti di cui non si può fare a meno.

Trax
Un altro momento di rottura rispetto al clima informale fu quello legato alla rivista Azimuth fondata nel 1959 da Manzoni e Castellani, alla quale lei prese parte. Si percepiva un vero scontro, una vera rottura tra l'opera di questi giovani e gli artisti informali?

GB

Spesso facevano finta di scontrarsi, in realtà costituivano una specie di fronte comune: avevano bisogno di alleanze, si dovevano legare gli uni con gli altri per attirare l'attenzione del pubblico esterno.

Trax
Azimuth è tra le prime riviste italiane a pubblicare materiali dadaisti e neodadaisti. Come erano recepite queste esperienze, che cosa affascinava i giovani nelle opere di quegli artisti?

GB

Se esistesse un vero seguace del dadaismo, questi non dovrebbe occuparsi affatto di arte, perché l'insegnamento del dadaismo è quello di essere contro ogni forma costituita socialmente. Invece gli stessi dadaisti hanno trovato un mercato perché l'arte si regge su questa contraddizione: chi vuole rimpiazzare il mercato, prima o poi ci ricade. Così è successo anche a Manzoni: il mercato ha riassorbito anche la sua merda d'artista.
Trax
All'attività critica e di storico d'arte, lei ha sempre affiancato un'intensa attività letteraria, sia in qualità di poeta sia come critico. Spesso nelle sue opere poetiche si è fatto accompagnare da disegni e stampe di colleghi pittori, da Scanavino a Baj, passando per Fontana, Novelli, Perilli, Pomodoro, Pozzati, Azuma e molti altri. Ci sono esigenze, nodi fondamentali attorno ai quali poeti e pittori si ritrovano per avviare uno scambio e un dialogo?

GB

Il legame non è tanto nelle immagini, più che altro è un legame di simpatie tra personalità. Certo ci sono anche identità di ricerca, ad esempio ha fatto il nome di Novelli, e la sua ricerca è stata in parte simile alla mia. Prima però viene un rapporto di amicizia.

Trax
Gastone Novelli è stato suo amico e a lui ha dedicato molte presentazioni e scritti. Potrebbe tracciare un suo ritratto?

GB

Novelli era estroso, tanto da apparire quasi matto. Una volta eravamo diversi amici in un ristorante all'aperto, alzo la testa e c'era uno a mezz'aria: Novelli si era arrabbiato e aveva preso questo tizio e l'aveva gettato in aria. Aveva delle convinzioni politiche molto radicali, era un antifascista sfegatato. Si arrabbiava così per questioni politiche, oppure per le donne. Per dire, quando litigò con una principessa con la quale stava, le tagliò tutti i vestiti per non farla più uscire, li fece a pezzi.
Interviene la moglie Risa
Io - purtroppo - sono stata l'ultima a vederlo. Nel 1968 era venuto a Milano e aveva sempre mal di gola e una tosse terribile. Diceva che era l'aria di Milano. Poi venne operato. Dopo l'operazione i malati restavano ventiquattro ore in osservazione, io lo vado a trovare alle nove del mattino. Mi vede e dice "Risa, ho voglia di gelato. Qui è un mortorio, portami un gelato". Era molto viziato e si era sistemato la camera d'ospedale con le foto di Che Guevara e degli atleti che alzavano il pugno alle olimpiadi di Città del Messico. Allora gli dico "Vado e torno. Cosa vuoi?" "Acqua con limone, portami qualcosa", parlava normalmente, era lucido. Andai in piazzale Diaz dove c'erano i venditori di frutta. Al ritorno vidi uno strano movimento, porte che sbattevano. Il dottore si avvicinò e disse "È partito". E me lo ricordo così: come una pianta, sdraiato, completamente immobile.

 

  Vai alla homepage who's who scrivi a trax