Vai alla homepage who's who scrivi a trax

 

 

H e n r i - P i e r r e R o c h é
DISKOPTIKSDEMARCELDUCHAMP

 

Scrittore di limpidezza "aerea e serrata", amico di tutti i pittori, amante di Marie Laurecin, mercante d'arte, consulente artistico del raja d'India, "gran presentatore di persone" (G. Stein), diplomatico in missione a New York, "non vi era animo più delicato e nobile del suo" (J. Cocteau). Così si ricorda e si immagina Henri-Pierre Roché (1879-1959), "alto con qualcosa di languido, un po' troppo timido, un po' troppo modesto. Non stupiva perché incantava. Amava molto il genere umano. La gente per lui era meravigliosa" (J. Paulhan). Un'esistenza così ricca di intrecci e incontri non può essere compressa nella vita di un solo uomo; ed ecco che Roché quasi si sdoppia, si rispecchia e rifrange nella vita di Franz Hessel e di Helen Grund, in quella di Duchamp e di Truffaut. Il suo nome e la sua fama si distendono nel triangolo amoroso di Jules e Jim (1953, pubblicato in Italia da Adelphi), libro scritto con la voce di un "contadino laconico e concreto" (Truffaut) che attraversa Parigi con il passo ballonzolante del flâneur, scortato dall'amico Franz Hessel (a sua volta amico di Benjamin) e da Helen. Ma Roché lo incontriamo già trent'anni prima nelle pagine della Romanza parigina di Hessel (Adelphi, 1997), in cui l'amico descrive la sua versione di quel triangolo filadelfico reso celebre da Truffaut. Lo pediniamo giorno per giorno nelle pagine dei suoi taccuini, deliziosi e spietati (ancora Adelphi, 1997).
In Italia manca però un tassello per comporre l'affresco cubista che fu la vita di Roché. Ci manca Victor, il romanzo incompiuto in cui Roché descrive e rivive i suoi giorni con Duchamp: "Quando ho conosciuto Marcel Duchamp a New York, nel 1916, a ventinove anni, mi è apparso con un'aureola.
Di cosa era fatta? Di limpidezza, di disinvoltura, di rapidità, di disinteresse di sé... La sua presenza era una grazia e un dono, e lui lo ignorava, sebbene fosse circondato da una folla crescente di discepoli... Creava leggenda, come un giovane profeta, che non scrive testi, ma del quale tutte le bocche ripetono le parole. E gli aneddoti della sua vita ordinaria diventano miracoli" (Roché sulla "N.R.F.", giugno 1953) e ancora "Mi apparve così vittorioso che, verso le tre del mattino, lo chiamai per sbaglio: Victor". Di Victor esiste l'accurata trascrizione edita nel 1977 in occasione della retrospettiva di Duchamp al Centro Pompidou, affidata alle note e al commento di Jean Clair, altro flâneur erudito che viene a intrecciare la sua vita con quella del Nostro; e in qualche biblioteca si può ancora trovare l'edizione italiana pubblicata da Politi nel 1991, ma prontamente ritirata dal commercio in seguito a una querelle sui diritti d'autore.
È ancora al legame Duchamp-Roché che risale la poesia che presentiamo qui di seguito, mai integralmente pubblicata in Italia. Questo scritto comparve sul primo numero di "Phases" (gennaio, 1954), rivista parigina di pittura e poesia, in cui il poeta e animatore Edouard Jaguer celebrava l'alleanza tra pittura informale e surrealismo, calligrafia e primitivismo. È una duplice sorpresa questa breve poesia, non solo per la sua novità in Italia, ma soprattutto per i modi tipici dell'avanguardia dada-surrealista che ne ispirano il linguaggio. All'avanguardia Roché aveva aderito in via - si direbbe - strettamente confidenziale, frequentandone i protagonisti, rivedendo le bozze delle loro opere e acquistando i loro quadri, ma quando si metteva a scrivere Roché prediligeva ostinatamente una scrittura piana e tersa in cui "l'emozione nasce dal vuoto, da tutte le parole rifiutate, dall'ellissi stessa" (ancora, inevitabilmente, Truffaut), proponendosi quale ultimo erede del mot juste di un Flaubert più che di un Apollinaire.
(m.g.)

© Trax

Marcelduchampmedicomçaveu
tunouzallonfalrunaffalrtoulédeu
toituvafournirlékapitosémoijevai
fournirlédiskoptlkslérotoreliefk
omjelézappelonvalézexposerauko
nkourlépineéonpartageralébénef
siyenavouikejedikomçakilditonfr
aappeldirektaupeuplonvoirabien


lejourvenujevaizaukonkourlépi
nejaperçoismarcelàsonptitstand
environédsesdiskoptikskitournai
zorisontoévertikocétaitunspektak
lilavailairdunejeunevendeuzesour
iantéobjectivetjemesuizarrêtéàdi
stansepourleregarderilyavailepoi
ssonkitournaileverrachampagnek
itournailesrondskitournaitouçato
urnaitkejenavaimalocœuràlalong
uenesvoyantournerluiilnavalpam
alocœurparcekilnelévoyaipa


yavaitàsagauchungâkivendaitun
emachinàcomprimerlézordurmén
agèrescétaibienfacileonlestassaita
vecsesdoigtsdansunptitcylindreto
npressaitavekuneviskomunpresso
iràvinçafaisaitdesptitscônescomb
ustibleskidisaitmaizilfallaitpazym
ettreleschoupourrisnileskrottdec
hien


yavaitàsadroitunepoulkivendaid
ézéplucheursinstantanédepomde
terreçatournaikomuntaïlcrayons
urlapommenfilésuruntridentzou!
çayétait!


aumilieuyavailuimarceldevanto
uçayavailepublikkipassaitseuleme
nlepublikyremarquaipasmarcelni
sesdisklepublikysautaidirektdela
machinakomprimerlesordureàcel
leàéplucherlespomdetersansarrêt
ercétaimiraculeuàlenvers


moijétaizennuyépourmékapito
smaizencorbienpluspourmarcelm
ailuiysouriaitaprèzunedemiheury
mafaisignedemapprocherjelaifaitil
adityapaderreurcestunerreurnou
noussomtrompécentpourcentaum
oincestclair

cesdiskslàsontmaintnancherché
sparleskolectioneurpasparlepeu
plemaitoutdmêmlepeuplylesver
ral'dimanchesiyvaaumusée.

 

[Marcel Duchamp mi dice perché non facciamo un affare assieme Tu metti il capitale Io fornisco i Diskoptiks Rotoreliefs, come li chiamo io Li esponiamo al Concour Lépine Divideremo i guadagni se ce ne saranno Sì, gli dico Faremo appello direttamente alla gente e si vedrà

Il giorno arrivò Vado al concorso, scorgo Marcel nel suo piccolo stand circondato dai suoi Diskoptik che girano orizzontali e verticali Era uno spettacolo aveva l'aria di un giovane venditore sorridente e onesto E io mi sono fermato a distanza per guardarlo C'era il pesce che girava, il bicchiere di champagne che girava, i dischi che giravano, tutto girava da darmi il mal di cuore Alla lunga guardarli girare dava il mal di cuore Lui non aveva il mal di cuore perché non li guardava

C'era alla sua sinistra un tale che vendeva una macchina per comprimere i rifiuti domestici era così facile li si ficcava con le dita dentro un cilindretto, una specie di frantoio Li si comprimeva e ne uscivano dei piccoli coni a quanto pare combustibili ma non bisognava metterci gli avanzi di cavolo né le merde di cane

Alla sua destra una tizia vendeva uno sbucciapatate automatico era come una matita che girava con la patata infilata su un tridente! Questo genere di cose c'era!

In mezzo stava lui, Marcel, davanti a tutto questo stava il pubblico che passava solo che il pubblico non si accorgeva né di Marcel né dei suoi dischi passava direttamente dalla macchina tritarifiuti allo sbucciapatate senza fermarsi o al massimo dalle patate ai rifiuti

Io ero arrabbiato per i miei soldi ma ancora di più per Marcel Ma lui sorrideva dopo una mezz'ora mi fa segno di avvicinarmi Lo faccio E mi dice Non ci sono errori è tutto un errore Ci siamo sbagliati al cento per cento, almeno questo è chiaro

Quei dischi adesso sono ricercati dai collezionisti e non dalla gente Ma quando saranno nei musei la gente se li andrà a vedere la domenica mattina]



 

  Vai alla homepage who's who scrivi a trax