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Cultura, teatro e spettacolo: materia da antitrust?
L'incontro al Teatro Eliseo di Roma del 6 novembre
di Anna Rosa Maselli – Osservatorio dello Spettacolo presso il Mibac
 

Alcune imprese operanti a livello nazionale nei settori prosa, musica, danza ed esercizio teatrale hanno costituito un comitato antitrust, presentando un reclamo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per sollecitare un’indagine conoscitiva sulle modalità ed i criteri degli interventi finanziari di sostegno pubblico al settore dello spettacolo dal vivo.
Il suddetto reclamo è successivo all’intervento dello stesso Presidente dell’Autorità, Antonio Catricalà, all’audizione del 15 maggio scorso presso la VII Commissione Permanente del Senato, impegnata in una “Indagine conoscitiva sul cinema e lo spettacolo dal vivo”.
In tale occasione, pur riconoscendo l’importanza di promuovere e tutelare il teatro come “prodotto culturale”, Catricalà si era soffermato sulla “necessità di incentivare l’instaurarsi di condizioni concorrenziali nel settore dello spettacolo dal vivo al fine di favorire la crescita economica dell’intero comparto, evitando la creazione e il mantenimento di condizioni distorsive della concorrenza a danno del cittadino e dell’intero settore”.
Le imprese si sono rivolte al Garante anche in considerazione della qualificazione normativa dello spettacolo dal vivo quale attività imprenditoriale, operata dal decreto Bersani, nonché dello studio, richiesto dalla Commissione europea, che ha descritto il settore “culturale e creativo” come un comparto che, nel 2003, ha prodotto un fatturato complessivo di circa 655 miliardi di euro in Europa, contribuendo al 2,6% del relativo PIL.
Inoltre, secondo il comitato, “oggi l’offerta di spettacoli teatrali appare monopolizzata da Regioni ed Enti Locali che, anziché limitarsi a svolgere fondamentali compiti neutrali di promozione, programmazione e gestione delle attività culturali, assumono anche la veste di maggiori finanziatori/committenti del settore, principali produttori/organizzatori di eventi e gestori di infrastrutture pubbliche sul mercato”.
Il reclamo mira pertanto ad ottenere, sia a livello nazionale che comunitario, un richiamo ai valori della concorrenza, intesa come possibilità di scegliere tra più offerenti ed opportunità, rivolta alle imprese, di esplicare la propria attività autonomamente, nel rispetto dei principi di libertà di partecipazione, pluralismo, parità di trattamento, economicità e trasparenza.
Su questi temi, in data 6 novembre 2007, si è tenuto, presso il Teatro Piccolo Eliseo di Roma, un incontro-dibattito intitolato “Cultura, teatro e spettacolo: materia da antitrust?”, organizzato dal comitato dei ricorrenti. Sono intervenuti: l’avvocato Mario Siragusa, che ha esposto i dettagli tecnici del reclamo, Giulio Stumpo, che ha fornito i dati di contesto a livello nazionale sullo spettacolo, Fioravante Cozzaglio e Pietro Longhi, che hanno indicato le motivazioni del ricorso, mentre l’amministrazione pubblica era rappresentata dall’assessore regionale alla Cultura Giulia Rodano, dall’assessore alle Politiche Culturali del comune di Roma Silvio Di Francia e della provincia Vincenzo Vita, dall’onorevole Pietro Folena, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, e dall’onorevole Alfonso Gianni, Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico.
Diversi gli interrogativi emersi nel corso del convegno. Si può equiparare la produzione culturale con altri settori produttivi che partecipano alla composizione del PIL? Nel campo dello spettacolo, è da preferire una gestione statale o di mercato? Qual è l’impatto del sostegno statale sulla cultura? L’intervento pubblico, un tempo garanzia d’accesso al sapere, sta forse diventando soltanto una modalità di controllo della politica culturale?
Nel dibattito, molti gli spunti di riflessione e diverse le opinioni emerse. Se da un lato si ritiene necessario l’”aiuto di Stato” alla cultura, come previsto anche dall’UNESCO, dall’altro il “prodotto culturale” risulta, come prodotto, ambiguo. Infatti, pur operando nel mercato, può essere oggetto di posizioni dominanti e monopoli, pubblici o privati che siano.
Si è convenuto sulla necessità di garantire trasparenza nella ripartizione del finanziamento pubblico a tutti livelli di governo, individuando criteri e modalità di distribuzione delle sovvenzioni agli eventi culturali.
Il punto centrale del dibattito appare determinato dalla presenza, sempre più incisiva, degli enti locali nella gestione di attività culturali attraverso la costituzione di società, a capitale completamente o parzialmente pubblico, che erogano “in house” servizi dal contenuto culturale. Il rischio è che gli stessi enti locali vadano, in un certo senso, a sostituirsi agli operatori privati dell’industria dello spettacolo, creando effetti distorsivi sulla concorrenza.
Al fine di valorizzare il “bene spettacolo” si propongono due livelli di azione. Il primo incentrato sul riconoscere la “specialità” delle imprese che operano nella cultura, fornendo loro uno “statuto” ad hoc e stabilendo determinate norme che regolino il settore. Il secondo basato su un rivisitato indirizzo delle risorse pubbliche che, intervenendo in maniera diretta o indiretta, possano promuovere la sperimentazione e permettere alle imprese di spettacolo di operare.


 
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