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BP04: Formazione e mercato del lavoro per i professionisti dello spettacolo
(formazione e lavoro)
di Antonio Taormina
 

Dal lavoro congiunto realizzato con Stumpo, risulta che nel quinquennio 2001/2005 la prosa vede un incremento del numero degli artisti (+17,4%) degli amministrativi (+13,2%) e del personale tecnico (+7,5%), ma subisce complessivamente un decremento delle giornate medie lavorate del 7,9%; gli artisti in particolare, ovviamente la categoria più rappresentata, vedono un calo del 14,3%. Le retribuzioni medie annue si attestano su un –1,9%. Situazioni analoghe si registrano nella musica e nella danza.
Sono dati inequivocabili di una situazione precaria, instabile, caratterizzata da un aumento progressivo di professionisti a fronte di una domanda di mercato pressoché costante.
Volendo tentare una semplificazione si può affermare, anche sulla base di analisi specifiche svolte negli ultimi anni che il sistema dello spettacolo dal vivo oggi richiede:
- figure già codificate, le cui ascendenze sono da ricercarsi nella stessa storia dell’impresariato teatrale, riconducibili all’ambito gestionale-organizzativo, ridisegnate negli aspetti progettuali, direzionali, strategici, relazionali;
- figure ad alto valore innovativo con competenze, ad esempio, nel campo delle tecnologie applicate alla comunicazione e più in generale ai processi produttivi, alle tecniche di palcoscenico
- figure artistiche con un bagaglio di competenze sempre più elevato, in grado di affrontare il livello di competitività delle imprese di produzione; un esempio in tal senso è dato dal settore del musical, in espansione in un paese che non possiede al proprio interno tale tradizione, e dunque neanche scuole adeguate a formarne gli interpreti.

Relativamente all’area gestionale-organizzativa si è di fatto sistematizzato un paradigma di competenze necessarie, attinenti macro aree quali: Legislazione dello Spettacolo, Economia della cultura, Politiche culturali, Gestione economica e amministrativa, Organizzazione dello Spettacolo, Gestione delle risorse umane, Strategie aziendali, Project management, MKT e comunicazione, Nuove tecnologie applicate, Service management, Sviluppo del territorio, oltre alle competenze culturali specifiche.
Si avverte peraltro l’esigenza di una mappatura puntuale e aggiornata delle professioni e dei mestieri dello Spettacolo, con una particolare attenzione verso i nuovi profili. In una visione di prospettiva andranno dunque contemplate figure quali il cultural planner, poiché il settore necessita di figure le cui basi conoscitive vadano oltre il management e le politiche culturali per abbracciare l’economia politica, la sociologia urbana, l’antropologia, le discipline che consentono la lettura del territorio.
Restando su quest’area, si riscontra da alcuni anni una difficoltà da parte delle imprese di reperire personale con caratteristiche e competenze corrispondenti con le effettive attuali esigenze. Si rileva una discrasia: a fronte di una domanda sempre più decisa di figure posizionate su standard di specializzazione elevati si riscontra un’offerta di neo professionisti, con una formazione in massima parte di tipo generalista, slegata da una conoscenza effettiva del settore, nonostante (o forse a causa di questo) un’offerta formativa, complessivamente intesa, in crescita.
Parallelamente si riscontra un’offerta insufficiente per quanto concerne la formazione continua e quella permanente, indirizzata a chi già lavora, finalizzata alla specializzazione e all’aggiornamento, riconducibile all’alta formazione universitaria, seppure queste tipologie formative rappresentino leve strategiche essenziali per attivare processi innovativi. Tale esigenza è particolarmente sentita in una fase come quella attuale caratterizzata, per ovvi motivi, dalla contrazione di assunzioni, mentre i professionisti strutturati avvertono la necessità di attestarsi su livelli sempre più alti di conoscenza e capacità all’interno di un contesto competitivo.
E ancora: lo scenario in essere evidenzia in maniera netta l’assenza di un disegno organico per la formazione degli operatori delle Regioni e degli Enti locali addetti allo spettacolo, che spesso assolvono il duplice ruolo di gestori di eventi e di attività e di erogatori di finanziamenti. E’ sin troppo evidente in questo ambito il richiamo alle previste nuove attribuzioni di competenze, in materia di spettacolo, alle Regioni e agli Enti Locali, in termini di legislazione concorrente, in conseguenza della riforma del titolo V della Costituzione, quali che siano le scelte future.
Si riscontra un certo disordine nella moltiplicazione e caratterizzazione dei corsi; si avverte l’esigenza di forme di coordinamento a livello nazionale.
Da una parte vi sono le imprese (nell’accezione più ampia del termine), e gli stessi operatori, forti di una consapevolezza ormai acquisita dei fabbisogni formativi, dall’altra una domanda anche entusiasta da parte di giovani che hanno già compiuto percorsi di studi superiori o il triennio post riforma universitaria e aspirano ad entrare nel mercato del lavoro; al centro una copiosa offerta fatta di master, corsi di alta formazione universitaria, lauree specialistiche, scuole recitazione e di danza, corsi per figure tecniche e tecnico-artistiche promossi da enti di formazione e scuole specializzati, in parte sostenuti dalle Regioni. L’ampiezza dell’offerta formativa causa in primo luogo un disorientamento nell’utenza e, dato più rilevante, per alcune figure un abbassamento progressivo della capacità di assorbimento da parte del mercato a causa dello squilibrio tra il numero delle persone formate e la domanda reale.
Negli anni Novanta si era creato una sorta di sistema formativo per lo Spettacolo, grazie al lavoro di Università quali il DAMS di Bologna, la Luiss, la Bocconi e scuole come la Civica Paolo Grassi di Milano, la Fitzcarraldo di Torino, l’Ater Formazione, diversi centri di formazione. Tale sistema, in buona parte caratterizzato dall’intervento delle regioni e delle province in virtù dell’utilizzo del Fondo Sociale, che aveva mostrato dei limiti ma anche grande capacità propositiva, è stato in parte esautorato nel suo ruolo con l’avvento della Riforma Universitaria avviata nel 2.000. Tale riforma, per contro, ha evidenziato l’assenza di sistemi di rilevazione tali da consentire una progettazione delle attività formative (ci riferiamo in primo luogo ai master di I e II livello) coerente con le tendenze dell’occupazione e i reali fabbisogni.

Possibili soluzioni

Lo sviluppo di strumenti per analizzare l'andamento del mercato, facendo qui ricorso agli Osservatori regionali dello Spettacolo che stanno vivendo una fase di grande espansione e nella definizione di forme strutturate di collaborazione tra Università, scuole, enti di formazione, soggetti che operano nella ricerca, imprese, associazioni datoriali, rappresentanze sindacali.

Il sostegno alla nascita di nuove realtà (poli di eccellenza) in grado di dialogare con i diversi livelli di governo, stabilizzate sul piano dei finanziamenti pubblici, la cui vision sia favorire l’occupazione e l’evoluzione del settore, che oltre a garantire competenze sul piano imprenditoriale, dispongano di strumenti e metodologie atti a coprire l’intero ciclo che va dall’analisi dei fabbisogni formativi alle azioni finalizzate a favorire l’inserimento in azienda. Si auspica, infatti, come ricaduta della costituzione di poli formativi specializzati, la costruzione di filiere dell’offerta formativa: dai percorsi universitari alla formazione continua, sino all’alta specializzazione conseguita attraverso corsi con un’impostazione internazionale nell’impianto teorico e nelle fasi operative.

La costruzione di sistemi ad hoc che consentano di coniugare domanda e offerta professionale, di porre in relazione interventi con incidenza e rilevanza regionale con progetti nazionali, secondo strategie a medio e lungo termine. Questo in linea e d’intesa con quanto si sta facendo a livello nazionale con la Borsa Continua Nazionale del Lavoro, promossa dal Ministero del Lavoro e dalle Regioni sulla base della Legge 30/03.

Infine la questione delle qualifiche professionali. Attualmente le qualifiche (non si parla ovviamente dei titoli rilasciati dall’Università e dalle altre istituzioni parificate), sono riconosciute dalle Regioni, che in base alla riforma del Titolo V le Regioni hanno acquisito competenza esclusiva sulla formazione.
Ogni Regione è dunque libera di adottare un proprio sistema di qualifiche e standard professionali. Lo Spettacolo, rientra viceversa nella legislazione concorrente Stato-Regioni, con tutto quanto ne consegue.

È un grave problema, che non riguarda ovviamente solo lo spettacolo, di cui si è recentemente preso coscienza, anche per effetto di disposizioni e raccomandazioni europee.
A livello nazionale, nel 2006 è stato attivato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale un Tavolo Unico finalizzato alla definizione di un sistema nazionale di standard minimi professionali, di riconoscimento e certificazione delle competenze e di standard formativi, che coinvolge il Ministero dell’Istruzione, il Ministero dell’Università e della Ricerca, il coordinamento delle Regioni e le Parti sociali.
Ma i tempi per la sua messa a punto di un sistema condiviso in Italia e in Europa saranno ineluttabilmente ancora lunghi.


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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