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Declinando teatro
Perché c'è crisi al Teatro San Martino
di Roberto Latini
 

Roberto Latini, direttore artistico del Teatro San Martino a Bologns, qualche giorno fa ha lanciato un grido d'allarme. Avrebbe dovuto presentare la prossima stagione, invece ha detto: "Così non si può". Poi ha spiegato: "Non è solo un problema mia, è il sistema che si è inceppato. È il teatro che in Italia non può più funzionare".
Ecco alcuni spunti della sua riflessione.


Ringrazio per la disponibilità al confronto e per la nuova occasione. Ci tengo a precisare ulteriormente la posizione dalla quale scrivo che non è per la rivendicazione di una soluzione specifica dei problemi del Teatro San Martino, ma nell’esortazione di un ragionamento che possa includerci senza limitarsi a risolverci.
Ho annunciato la sospensione della programmazione 2010-2011 per motivi principalmente economici. Questa è però una conseguenza di qualcosa d’altro che è invece quanto mi piacerebbe potesse diventare l’argomento di discussione. Tutti i problemi di gestione della cultura sono legati ad un problema semplicemente culturale. Il Teatro San Martino è soltanto l’ultima conseguenza di questa politica. E la politica dovrebbe essere l’applicazione di un pensiero.
Non si possono pensare le istituzioni come un interlocutore assistenziale, né le istituzioni possono trovarsi a risolvere, questione per questione, tutti quelli che nel tempo potrebbero reclamare un’attenzione. Bisognerebbe smetterla di inventare, volta per volta, soluzioni provvisorie. Bisognerebbe capire che sono forse maturi i tempi perché un pensiero più grande possa diventare esempio per altri pensieri.
L’esperienza delle nostre ultime tre stagioni mi piacerebbe fosse considerata come patrimonio comune, come anche comune mi piacerebbe potesse essere il pensiero applicato alla gestione del patrimonio culturale. Ho cercato di spiegare che non vogliamo essere salvati con una qualche dose di miracolo. Siamo un gruppo di persone che in questi anni si è concentrato sulla buona riuscita di un progetto che si chiama “condivisione”. Il Teatro è di tutti, non di chi se lo può permettere. Contrariamente, si rischia il paradosso che trasforma i teatri in aziende private in cui gli spettatori diventano “i clienti”. Questo dovrebbe essere culturalmente inaccettabile e inaccettato.
Il sistema teatrale italiano è un malato in fase terminale, tenuto in vita con soluzioni quotidiane che non riescono a garantire niente più del riconoscimento della crisi che è, per certi versi e in parecchie situazioni, l’alibi perfetto per l’indecisionismo e per il non-coraggio di cui questo paese riesce puntualmente a servirsi. O l’italia è un paese in cui la fuga dei cervelli c’è già stata, oppure c’è un’intelligenza inarrivabile che governa e insegna. In ambedue i casi, il disagio di questa condizione dovrebbe provare almeno una soluzione: la politica dovrebbe darsi gli strumenti per mettersi da parte. Dovrebbe la cultura tutta non correre mai alcun rischio dentro gli avvicendamenti politici. Se questo non succede a livello nazionale, un Comune come quello di Bologna potrebbe dare un segnale preciso e innovativo. Forse i tempi sono davvero maturi per un vero salto culturale. Forse potrebbe addirittura questo essere il regalo della crisi. Il Teatro San Martino può essere un’occasione sprecata come anche sprecata è stata quella del Teatro Duse.
Bisognerebbe smetterla di risolvere problemi. Bisognerebbe agire con nettezza e con coraggio un ripensamento generale. Non diventare complici di questo sistema che ha ammesso ormai da anni i suoi limiti fondamentali. Solo attraverso la potenza delle idee non distratte dalla convenienza e dai miraggi di qualsiasi stratagemma, sarà possibile un’evoluzione. La misura unica di una società è la sua capacità di leggersi e di scriversi. L’espressione di sé è il Teatro. Potremmo avere, tutti insieme, più rispetto per noi stessi.


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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