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L'esperienza di "Progetto Teatro"
Un contributo per il volume 1979-2003: Milano in scena per i 25 anni di "Invito a teatro" a cura di Paolo Bosisio
di Oliviero Ponte di Pino
 

E’ stato di recente pubblicato il volume 1979-2003:Milano in scena per il 25 anni di «Invito a teatro» a cura di Paolo Bosisio (Bulzoni, Roma, 2004, 374 pagine, 24,00 euro). Qui di seguito il contributo di Oliviero Ponte di Pino.

Era il 1984 e «Invito a teatro» cominciava a prendere la sua fisionomia, anche grazie alla collaborazione con i circoli aziendali coordinati da Acli, Arci e Endas (rispettivamente l’associazionismo cattolico, di sinistra e laico). La Provincia e i circoli avvertirono l’esigenza di offrire al pubblico uno strumento di informazione, orientamento e formazione, da realizzare in collaborazione con l’Ubulibri, dov’ero giovane di bottega.
Nacque così «Progetto Teatro», una rivista abbastanza povera e guerrigliera, che cercavo di assemblare sotto la guida di Franco Quadri, coinvolgendo collaboratori come Ettore Capriolo e Maria Grazia Gregori. Ne uscirono pochi numeri e fu presto dimenticata, ma la ricordo con una punta di nostalgia.
Il presupposto implicito, valido allora come oggi, è che chi usa «Invito a teatro» non è uno spettatore indifferenziato, di quelli che scelgono in base al grande nome e al battage pubblicitario, o che si affidano alla scelta precostituita dell’abbonamento di un singolo teatro. Piuttosto, chi usa «Invito a teatro» fa parte di un pubblico consapevole e curioso: ama il teatro nel suo complesso, lo frequenta abitualmente, e lo fa per i suoi valori estetici ma anche civili. Tuttavia non si orienta tanto in base a pregiudizi e presupposti ideologici o di gusto: è piuttosto incuriosito dalla capacità del teatro di esplorare zone di confine, di aprire nuovi territori, di dare forma a nuove identità e nuove differenze all’interno del corpo sociale. Cerca di seguire il percorso di uno artista stagione dopo stagione, e si diverte a scoprire qualcosa che non conosce.
L’esistenza di un pubblico con queste caratteristiche – e non di una semplice somma di spettatori – costituisce uno stimolo importantissimo e insostituibile anche per i teatri e le compagnie: orienta fasce più ampie di pubblico, e con la sua attenzione e il suo giudizio offre una importante sponda critica a chi lavora in teatro.
Per tornare a «Progetto Teatro» e al 1984, si trattava dunque in primo luogo di segnalare gli spettacoli in programmazione a Milano e Provincia, privilegiando la qualità dei lavori, con un pizzico di attenzione in più al nuovo. Non era ancora esplosa l’«eventizzazione» dello spettacolo e dunque il compito era abbastanza semplice. Basta pensare alle copertine di quei numeri: Carmelo Bene, Le tre sorelle di Krejca, un bozzetto di Dario Fo, Il potere della follia teatrale di Jan Fabre, Il piccolo Eyolf con la regia di Castri, Il vangelo di Oxyrhinco dell’Odin Teatret... Non appena possibile, con Franco Quadri cercavamo di costruire percorsi tematici che accomunassero diversi lavori, in base ovviamente alla programmazione cittadina: Manzoni tra l’Adelchi secondo Carmelo Bene e I promessi sposi rivisitati da Testori, oppure la coincidenza di numerose messinscene cechoviane, o ancora i primi sussulti della nuova comicità milanese.
Un secondo ambito di intervento riguardava la riflessione sul sistema teatrale metropolitano e sulla sua evoluzione. Per certi aspetti molti dei problemi affrontati hanno una lunga storia e restano di attualità, anche se ne discutiamo sempre meno: i «buchi» della stagione milanese, l’evoluzione dei festival, la nuova drammaturgia italiana, il rapporto tradizione-avanguardia...
«Progetto Teatro» non era dunque una rivista di recensioni (che all’epoca nei quotidiani e settimanali avevano ancora un certo spazio ma che stavano probabilmente iniziando a perdere il loro peso). Piuttosto, era una rivista di interviste e anticipazioni, anche se progettate con parametri diversi da quelli seguiti attualmente dai media. Soprattutto, attraverso approfondimenti o inchieste, cercavamo di inserire queste informazioni in un progetto che tenesse conto dello scenario complessivo.
Non so se per il pubblico di «Invito a teatro» tutto questo abbia avuto una qualche utilità, anche se la risposta è implicita nel destino della rivista, scomparsa dopo un paio di stagioni. Per me è stata tuttavia una palestra importante e utile: molti dei principi che seguivamo allora, continuo a rispettarli ancora adesso. Almeno, ci provo.


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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