ateatro 73.4
Gli Stabili danno i numeri
In margine al Libro Bianco presentato a Genova
di Franco D'Ippolito
 

In attesa di futuri approfondimenti qualititativi e di contestualizzazioni critiche, che vadano aldilà dei pur utili e importanti dati quantitativi del Libro Bianco dei Teatri Stabili Pubblici (presentato a Genova dal Presidente dell’Antad Luca De Fusco lo scorso 21 settembre), alcune riflessioni si impongono. La dimostrazione data "di essere quantitativamente la spina dorsale del teatro italiano" richiede un approfondimento critico di cui non vi è ancora traccia nelle dichiarazioni di De Fusco: può bastare fare tutta quell’attività, avere tutti quei teatri, dare occupazione a tutti quei lavoratori per motivare e sostanziare il ruolo "pubblico" dei 16 Stabili italiani a cui sono destinate (in proporzione al numero dei soggetti) le maggiori risorse statali, regionali e degli Enti Locali, in termini di strutture e di finanziamenti? Ci saremmo anche attesi, avendo scelto di pubblicare un "libro bianco" (dal Dizionario dell’Enciclopedia di Repubblica: "raccolta di documenti e testimonianze per denunciare all’opinione pubblica un grave problema sociale…"), una qualche autocritica per gli errori e i ritardi, artistici e organizzativi accumulati soprattutto negli ultimi difficili anni del teatro italiano e che i più sinceri hanno più volte pubblicamente riconosciuto (per esempio con un po’ di coraggio si sarebbe potuto affrontare dall’interno il delicatissimo tema del rapporto fra rappresentanze politiche dei Consigli di Amministrazione e responsabilità di gestione delle direzioni, di cui le cronache degli anni anni hanno testimoniato le anomalie).
Il "libro bianco" è costituito da 49 pagine di nomi e numeri (riferiti all’attività 2003) privi di alcun commento. Alcuni numeri mi hanno comunque colpito.

GLI SPETTATORI: complessivamente alle recite di proprie produzioni partecipa il 52,5% del totale degli spettatori nei 77 teatri e spazi gestiti dagli Stabili pubblici. Il dato appare subito nel suo valore complessivo importante e significativo, salvo poi riscontrare che nella metà degli stabili che si collocano al di sotto di quella media vi sono quasi tutti gli stabili più importanti: Piccolo di Milano (32,7%), Teatro Stabile di Torino (35,7%), Stabile del Veneto (39%), Teatro di Roma e Metastasio di Prato (44%), Centro Teatrale Bresciano e Emilia Romagna Teatro (44,5%), Stabile dell’Umbria (45%). Infine una vera e propria curiosità: perché il Piccolo ed il Biondo forniscono ancora dati quantitativi sull’affluenza del pubblico nelle proprie sale nel 2003 "approssimativi"?

I LAVORATORI: fra registi e collaboratori artistici del regista, attori, tecnici ed impiegati gli Stabili pubblici impegnano 3.492 lavoratori dello spettacolo per 263.651 giornate lavorative complessive. Mi ha colpito il dato "astratto" (ma significativo credo) di una media di 75,5 giornate per unità lavorativa, scarsi tre mesi di lavoro (al netto del 10% dei lavoratori fissi, la media scende a soli due mesi di lavoro). Dai dati "astratti" della media delle giornate lavorative che i singoli Teatri Stabili hanno dichiarato nel 2003, possiamo rilevare come la forbice relativa alla stabilità media dei lavoratori sia amplissima, dalle 27 giornate (un mese di lavoro) del Metastasio di Prato alle 136 giornate (cinque mesi di lavoro) dello Stabile di Genova. Sempre nel dettaglio dei dati forniti da ogni Stabile, mi sembra anomalo e degno di riflessione critica quello relativo al numero di impiegati fissi e stagionali dello Stabile del Veneto, ben 85 su 156 lavoratori complessivamente impegnati nel 2003 (il 54,5%), a fronte di un rapporto che in tutti gli altri teatri stabili va dal 4% sul totale dei lavoratori dello Stabile di Bolzano al 30% dello Stabile d’Abruzzo. Qualche perplessità inoltre suscita il dato relativo al numero di giornate lavorative globali del Centro Teatrale Bresciano (4.266) e del Teatro Metastasio di Prato (4.060): la normativa ministeriale vigente dispone per i Teatri stabili ad iniziativa pubblica la effettuazione annua di almeno cinquemila giornate lavorative (art 11 DM 27.02.2003): si tratta di un erronea indicazione del "libro bianco"? Così come erronea potrebbe essere anche l’indicazione del numero di recite di produzione programmate nel 2003 dallo Stabile del Veneto (126) a fronte dello stesso articolo della normativa ministeriale che ne prevede almeno centotrenta.

Fra curiosità e riflessioni riponiamo il "libro bianco" tra i fogli statistici e aspettiamo che la Commissione ministeriale decida a fine settembre quanti dei soldi spesi in questi 9 mesi e di quelli impegnati contrattualmente nei 3 mesi che restano del 2004, sulla base di un progetto preventivo presentato a settembre 2003, troveranno copertura nella sovvenzione ministeriale. Un modo migliore per non entrare nel merito dei progetti presentati e mettere ancor di più in braghe di tela il teatro italiano non potevano inventarselo.


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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