ateatro 79.18
Libri & altro: Crudeltà le ultime parole di Antonin Artaud
Antonin Artaud, Succubi e supplizi
di Oliviero Ponte di Pino
 

Che dire? Artaud è il padre di tutti noi che amiamo il teatro, anche se in Italia è ancora troppo poco tradotto, letto e compreso (a parte il frequentatissimo Il teatro e il suo doppio). Suppôts et Suppliciations è uno dei suoi testi più violenti, profondi, poetici, disperati ed euforici, troppo pieno di vita e di morte. Un testo estremo, raccolto e ordinato dallo stesso Artaud negli ultimi mesi, dopo aver riacquistato la libertà al termine di un lungo internamento negli ospedali psichiatrici. Jean-Paul Manganaro e Renata Molinari - che hanno curato questo volume - non solo sanno moltissimo di Artaud, ma l’hanno anche vissuto sulla proprio pelle, nella propria carne, nella lingua.
Misurarsi con l’ultimo Artaud non è facile (il tentativo più compiuto, in questa direzione, è Teatro e corpo glorioso di Artioli e Bartoli). E’ uno dei grandi folli visionari della cultura occidentale, con Hölderlin e Nietzsche, Campana e Nerval, e tutta la sua opera lavora consapevolmente lungo il confine che separa il dicibile dall’indicibile, il pensabile dall’impensabile. Leggere Artaud (non osiamo pensare che cosa possa significare tradurlo) significa mettere alla prova il proprio sistema nervoso (prima ancora che la psiche o la ragione), andare in cerca di una auto-destabilizzazione.
Significa scontrarsi con l’enigma.

Antonin Artaud, Succubi e supplizi, edizione italiana a cura di Jean-Paul Manganaro e Renata Molinari, traduzione di Jean-Paul Manganaro, Adelphi, Milano, 2004, 520 pagine, 35 euro.


 
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