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Anticipazioni: "Senza il pubblico non siamo niente". E con i media?
Comunicare spettacolo di Roberto Canziani, FrancoAngeli, Milano, 2005, pp. 9-11
di Roberto Canziani
 

"Senza il pubblico, noi non siamo niente", spiegava ai partecipanti di un convegno Maddy Morton, consulente di marketing dell'Arts Council britannico. Parlava a nome di chi lavora nelle arti, in particolare le arti dal vivo, le performing arts, che per sopravvivere ed essere fiorenti hanno bisogno del pubblico, di un pubblico in salute.
Il pubblico non si crea col passaparola individuale, e nemmeno affiggendo manifesti per strada. Pubblico non sono soltanto i cento, mille o diecimila spettatori che si trovano riuniti davanti a un palcoscenico. È pubblico di teatro, di musica, di danza, anche chi osserva il lavoro della scena attraverso l'informazione dei giornali, i servizi radiotelevisivi, gli stream informativi di Internet. Accanto a chi vi partecipa direttamente, ogni spettacolo totalizza centinaia di migliaia, a volte milioni di spettatori che lo percepiscono attraverso il sistema dei mezzi informativi: il grande pubblico della ricaduta mediatica. "Senza questo pubblico, noi non siamo niente".

"Lo spettacolo dal vivo si trova oggi in uno stato di accentuata dipendenza dai mezzi di informazione", spiega Ugo Volli tra qualche pagina. Il libro che avete incominciato a leggere è frutto di questa situazione. Quando lo finirete la situazione sarà rimasta la stessa, ma avrete certamente capito che la pervasività dei media può essere trasformata in un vantaggio.
Questo manuale permette di acquisire le tecniche necessarie per comunicare e promuovere spettacoli attraverso stampa, radio, televisioni, rete Internet, e per organizzare strategicamente un ufficio stampa.
Lo spettacolo dal vivo si colloca all'intersezione di pratiche e valori diversi tra loro. E' una pratica comunicativa e una forma d'intrattenimento. E' un manufatto d'arte e un oggetto di mercato. Fa appello a valori storici e culturali largamente condivisi, però è anche un prodotto da vendere. Si appoggia sul talento e sull'originalità degli artisti, ma in molti casi non riesce a prescindere da una struttura aziendale che ne assicuri l'esistenza e il profitto. Non è facile comunicare l'evento-spettacolo, senza rinunciare a qualcuna di queste anime.
Questo manuale si rivolge a coloro che si accingono ad operare, o già operano, nelle professioni dello spettacolo, non tanto sul versante artistico, quanto negli aspetti di organizzazione e comunicazione. Sono profili professionali sempre più richiesti dallo sviluppo dell'infotainment, caratteristica della società occidentale contemporanea che sviluppa l'entertainment, lo spettacolo con l'informazione, e viceversa.
Destinatari principali di Comunicare spettacolo sono i giovani che intendono lavorare nei campi del teatro, della musica dal vivo, della danza, ma anche del cinema, vista la contiguità che esiste tra questi linguaggi, dove l'intuito artistico ha bisogno di coniugarsi a un'intelligenza manageriale.
Questo manuale nasce dal lavoro di addetti stampa e giornalisti che si occupano di spettacolo e che hanno tratto dalla propria pratica, dall'esperienza quotidiana e dal reciproco confronto il sapere che in queste pagine viene trasmesso.
È in corso una importante azione di riconoscimento professionale, che tende a fare dell'addetto stampa un ruolo giornalistico. E' giusto che sia così. Dall'ambito delle pubbliche amministrazioni, dove è già riconosciuta, la qualificazione giornalistica dell'ufficio stampa sta estendendosi, pur tra mille resistenze, anche al settore privato. Ciò non toglie che i ruoli di giornalista e addetto stampa siano, più che omologhi, complementari. Dalla dinamica reciproca, dal diverso modo di trasferire e trattare l'informazione, nascono le tecniche e le indicazioni di pratica professionale illustrate in queste pagine, a cominciare dagli aspetti più basilari e pratici. Che cosa si fa in un ufficio stampa? Come si comunica con e attraverso i media?
L'orizzonte considerato è comunque quello dello spettacolo. Gli spettacoli, soprattutto quelli dal vivo, non hanno confidenza con i grandi numeri. La distanza viva e reale tra un attore, un concertista, un danzatore e il proprio pubblico ammette una quantità tutto sommato ristretta di spettatori. Non le vaste platee televisive, né l'esuberanza numerica dei concerti negli stadi. Anche le ricadute mediatiche sono più limitate. Su un milione di lettori di un quotidiano, quanti si soffermano con attenzione alla sezione degli spettacoli?
La conseguenza, ben riconoscibile nelle prossime pagine, è un punto di vista più preciso, qualitativo, rivolto anche agli aspetti individuali della comunicazione con i media e per i media. Una sorta di artigianato della comunicazione, un lavoro in piccola scala, un gesto di cura per i particolari.


 
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