ateatro 95.3
Speciale elezioni 2006: lo spettacolo e i partiti (parte I)
Il teatro nella campagna elettorale 2006: lo speciale di "Hystrio"-ateatro
di Anna Chiara Altieri e Mimma Gallina
 

Il teatro al tempo delle elezioni

Non mi ricordo da quando lavoro in teatro un'attenzione così preoccupata all'evoluzione politica da parte di amici e colleghi impegnati nel settore e ambienti connessi. Appena li incontri, ti/si chiedono "cosa succederà", e il consueto "cosa stai facendo?" si tinge di nuovi significati. Dando per scontato che di questi tempi non si fa niente di particolarmente significativo, si passa agli aneddoti ormai di rito sul degrado del sistema (fatterelli significativi e non di rado bipartisan), quindi alle frequenti simpatiche dissertazioni su dove emigrare, non sempre astratte. I più impegnati hanno personali sondaggi da esporre, effettuati in tram o sul taxi, in teatro o nelle aule, verifiche sul campo che di solito preludono a profezie più o meno cupe, mai del tutto rosee.
Non manca qualche richiamo tipo "Non chiederti cosa può fare il paese per te ma tu per lui" (ovvero, rimbocchiamoci le maniche: il punto è come, dove, quando). Rispetto a quello della volontà, è più diffuso un ottimismo un po' fatalista, stile "Ha da passà 'a nuttata". E' una concezione del mondo che ha qualche limite ma anche autorevoli supporter, come Schwejk o quel simpatico ferroviere che – risollevando l'umore a viaggiatori esasperati – ha attaccato un vistoso cartello con la famosa battuta di Eduardo nella biglietteria di una stazione del profondo nord.
Un po' di ottimismo del resto non è forse solo un atteggiamento saggio, ma un dovere civile - di questi tempi.
Fatalisti, ma consapevoli. Così, mentre i teatranti italiani si (s)battono per la sopravvivenza, seguendo con più apprensione del solito le vicende politiche, non sarà inutile dedicare un po' di tempo ad analizzare gli scenari che le forze in campo ipotizzano per il loro futuro.
Con questo servizio www.ateatro.it - in collaborazione con “Hystrio” che ne tirerà le fila nel numero in uscita in aprile - avvia una riflessione documentata a puntate e per approfondimenti progressivi sulle politiche e le proposte degli schieramenti e dei partiti di centro sinistra e di centro destra per lo spettacolo dal vivo, inquadrate nelle linee generali di politica culturale.

Una raccomandazione, un suggerimento, una preghiera

I commenti sul forum - quelli meditati e costruttivi (è possibile esserlo anche mantenendosi critici e chiari) - sono come sempre attesi e graditi. Uno dei limiti – forse delle difficoltà – dei partiti è che tendenzialmente ascoltano rappresentanze istituzionali o lobbies, ritenendo che quella sia la voce del popolo, ovvero di un settore: è anche per questo che in democrazia hanno una precisa funzione i movimenti. www.ateatro.it e “Hystrio” possono costituire nel loro piccolo un tramite per fare arrivare altre voci, ma è difficile trasmetterle ed è difficile che possano essere comprese se si limitano all'invettiva o ne hanno lo stile. Se invece sono motivate e ragionate – forse non in questa fase di campagna elettorale e in cui le posizioni sono delineate ancorché non troppo specifiche, ma nella fase immediatamente successiva – potranno farsi valere e costituire un elemento di confronto.

Tremonti non vi ama

La Casa delle Libertà sta in questi giorni elaborando il programma (avendo deciso che il contratto con gli italiani non è più sufficiente) e non siamo ancora in grado di documentare in maniera esauriente le posizioni del centro destra. Aspettiamo con curiosità. E’ presumibile infatti che anche nello schieramento corrispondente all'attuale maggioranza la politica culturale non possa essere collegata tout court alle ultime azioni di governo: troppo diffuse all'interno le (auto)critiche e gli scontenti, a livello degli operatori più o meno schierati e delle massime cariche burocratiche (che schierate lo erano, almeno al momento delle nomine).
Prima di riferire le linee dell'Unione di Romano Prodi e dei singoli partiti del centro-sinistra, è però opportuno inquadrare la situazione. Ci offre una sintesi efficace Gabriella Carlucci, responsabile spettacolo di Forza Italia: "Tremonti non vi ama" (“Giornale dello spettacolo" del 13/1, che trovare nel forum). Lo avevamo sospettato, ma la consapevolezza e l'impotenza della simpatica soubrette rende la notizia più inquietante.
Una sintesi ancora più efficace della pratica del centrodestra è l'evoluzione del FUS, che non richiede commenti.

Tabella comparativa del FUS

(*)2003200420052006
(**)
2006
(***)
enti lirici242.224.391239.055.000222.124.692184.072.350178.578.866
att.cin.91.193.22071.410.00083.626.13869.300.00067.231.800
prosa89.184.94383.400.00077.493.55564.218.00062.301.468
musica68.059.52770.350.00065.367.76554.169.50052.552.857
danza7.686.5758.700.0008.083.8606.699.0006.449.074
circhi7.683.5357.853.0007.045.9665.838.9105.664.652
f.ministro6.68612.00011.1509.2408.964,24
commiss.83.694400.000371.671308.000298.808
osserv.506.629500.000464.589385.000373.510
tot.506.629.200481.680.000464.589.389385.000.000373.460.000
tot. GDS 506.629.000 481.410.000464.589.660385.000.000373.510.000


(*) Per il 2006 è stata adottata la medesima ripartizione percentuale tra settori degli anni precedenti.

(**) Ipotesi di ripartizione.

(***) Ipotesi di ripartizione ai sensi della legge 156/2005. Interventi in favore dell'Irap e premi di concentrazione alle imprese.

Nell'anno 2005 il Fus è stato integrato dai fondi Lotto per Euro 23.800.000.

La proposta di Legge finanziaria per il 2006 prevede un taglio complessivo del 40% al fondo Lotto per i beni e le attività.

(anche in questo caso dobbiamo l'elaborato al periodico dell'AGIS)



Romano Prodi: cauto, ma non troppo

Il FUS è una gabbia, il FUS va superato e riformato eccetera, ma il calo del FUS resta il punto di partenza (o di arrivo). Ripristinare il bilancio del Ministero del 2001 è del resto la prima proposta concreta dell'Unione. Poi – nel medio/lungo periodo – porsi l'obiettivo di destinare al settore beni e attività culturali l'1% del PIL. (A proposito: la richiesta è stata ripresa dal programma dei DS ma - ricordate? - coincide anche con una delle indicazioni emerse dalle nostre Buone Pratiche a Mira. Evidentemente l'idea girava, ed era abbastanza realistica da essere inserita in un programma di governo.)
Ci avevano preoccupato un po' invece le prime posizioni di Romano Prodi: l'assenza totale perfino della parola cultura nel documento dell’Ulivo per le primarie del 16 ottobre, e il resoconto dell'incontro con qualche selezionata personalità dello spettacolo del 9 novembre:

ROMANO PRODI
La fabbrica del programma - Lo spettacolo deve continuare
Mercoledì 9 Novembre 2005

“[…] La scarsità di mezzi è pesante e sarebbe indispensabile ripristinare il Fus (Fondo unico dello spettacolo) almeno al livello su cui si era assestato prima degli ultimi tagli in Finanziaria. […]
Lo spettacolo non può vivere senza un finanziamento pubblico. Va ripristinato il Fus, come è stato proposto qui oggi, facendo ricorso all’8 per mille o alla pubblicità Rai o al recupero dei biglietti. Una cosa è certa: la cultura andrà messa tra i capitoli del bilancio dello Stato non solo importanti ma produttivi, dove il rapporto costi/benefici sia positivo. Non posso, però, oggi quantificare il valore di questi interventi fino a quando non conosceremo con precisione lo stato dei conti pubblici.”
Il testo integrale su http://www.lafabbricadelprogramma.it/cgi-bin/adon.cgi?act=doc&doc=10743&sid=66


La cautela può sembrare eccessiva, e non trapela un grande entusiasmo (ma forse la qualità dell'incontro sul fronte dello spettacolo – a quanto ci ha detto qualcuno dei partecipanti – non era tale da suscitare entusiasmi).
Ci si poteva aspettare però una consapevolezza più esplicita dei problemi dell'organizzazione e della funzione culturale anche nel libro intervista Prodi/Colombo (Romano Prodi con Furio Colombo, Ci sarà un'Italia. Dialogo sulle elezioni più importanti per la democrazia italiana, Feltrinelli, Milano, gennaio 2006): lo abbiamo scorso con attenzione alla ricerca di riferimenti, di una citazione che sintetizzasse il suo pensiero in proposito; ma non abbiamo trovato niente. Neppure una riga.
Quando sfiora concretamente il tema beni culturali e ambientali e cultura in genere Prodi tende, anche nella prefazione al libro di Giovanna Melandri (Cultura, paesaggio, turismo. Politiche per un NEW DEAL della bellezza italiana, Gremese, Roma, febbraio 2005), a ricondurlo al turismo: la necessità della ripresa e la centralità dell'economia turistica sono infatti un punto cardine dei suoi programmi e comportano la necessità di ricollegare "strategicamente la politica per la cultura con le politiche di riqualificazione del turismo in Italia".
Sarebbe davvero troppo poco. Però ci sembra che la riflessione di Prodi e Colombo sui problemi dell'Italia possa essere ricondotta nel suo complesso alla "questione culturale". Il compito principale e più gravoso di un prossimo governo di centro sinistra sarà forse proprio quello di "rieducare" il paese (in senso quasi mazziniano): far uscire un popolo dal penoso serial televisivo in cui si dibatte ormai da troppi anni.
Dalla cultura giuridica all'equità fiscale, dalla ricostruzione di una funzione internazionale, di un posto in Europa e nel mondo (politico e economico), all'integrazione dei nuovi cittadini extracomunitari, dal problema del degrado delle periferie alla questione dell'informazione. Se tutto questo non riguarda lo specifico dell'organizzazione culturale, riguarda però la funzione culturale. E un po' per essere ottimisti, un po' per non chiuderci nel nostro giardino, riguarda il teatro molto più da vicino di quanto sembri: tutto sta e starà nel declinare questo in politiche precise.

Il programma dell' Unione
(19 pagine dedicate a cultura e informazione)

Anche dal programma dell’Unione ricaviamo l'impressione che la questione culturale corra trasversalmente e vada ben oltre le 19 pagine (sulle complessive 278) dedicate a cultura e informazione (non poche). Di seguito alcuni stralci riferiti in particolare allo spettacolo dal vivo.

DAL PROGRAMMA DELL’UNIONE:
LA RICCHEZZA DELLA CULTURA

La rinascita culturale come strategia per la crescita
Il nostro Paese possiede un’inestimabile ricchezza culturale […]
La cultura è un fattore fondamentale di coesione e di integrazione sociale.
Le attività culturali stimolano l’economia e le attività produttive: il loro indotto aumenta gli scambi, il reddito, l’occupazione. Un indotto non conseguibile con altre attività: la cultura è una fonte unica e irripetibile di sviluppo economico. […]
La cultura è quindi un ambito strategico di investimento pubblico ed un ambito produttivo ad alta tecnologia, con un’ampia gamma di professioni specializzate, e che tiene un serrato dialogo con il territorio.
Le istituzioni culturali non hanno perciò bisogno di un governo statico con finanziamenti a pioggia, ma di una governance dinamica che tenga conto del loro ruolo nello sviluppo del Paese. […]
Lo strumento più proprio per realizzare interventi sistemici è il distretto culturale, che tiene insieme tutti i soggetti che possono fare sistema sul territorio marcandone la fisionomia e la crescita: dal museo alla biblioteca, all’impresa artigiana, all’Università, all’editoria, alla multimedialità, ecc. […]
Reputiamo centrale ed irrinunciabile un forte impegno pubblico […]
Dobbiamo elaborare una nuova concezione di sviluppo, che porti la cultura nell’economia, nella crescita del territorio e della vita della comunità.
Il primo tema sarà il reperimento di risorse pubbliche e private per finanziare l’attività culturale. Riteniamo necessario:
- destinare una quota dell’otto per mille e una quota degli introiti provenienti dalle estrazioni infrasettimanali del lotto alla cultura, attribuendole al bilancio del Ministero per i beni e le attività culturali;
- regolamentare l’attività della società ARCUS S.p.a., garantendo la trasparenza e la corrispondenza delle sue attività con gli obiettivi pubblici del finanziamento per la cultura, col solo indirizzo e controllo del Ministero per i beni e le attività culturali e stabilizzando la destinazione per essa del 5% dei fondi previsti per le infrastrutture (L. 166, meglio nota come “Legge obiettivo”);
- prevedere la destinazione alla produzione di spettacolo e di cinema – principali fornitori di contenuto per televisioni, providers e telecomunicazioni – di una quota degli introiti delle transazioni pubblicitarie delle emittenti televisive nazionali.
Riteniamo poi urgente:
- ristabilire il bilancio complessivo del Ministero per i beni e le attività culturali al livello previsto per il 2001;
- riportare gli stanziamenti del Fondo Unico dello Spettacolo almeno al livello previsto per il 2001 (526,4 milioni di euro complessivi) garantendone la stabilità triennale;
- stabilire l’obiettivo dell’1% del PIL di risorse pubbliche destinate alla cultura nel medio-lungo periodo;
-
aiutare la cultura con incentivi fiscali e tax shelter (scudo fiscale);
- sostenere la domanda di prodotti culturali.
Le altre misure che crediamo necessarie sono:
- tutelare il diritto d’autore soprattutto in rapporto all’innovazione tecnologica;
- regolamentare il mercato del lavoro prevedendo tutele sociali;
- istituire presso il Ministero un Osservatorio della cultura.

Sostenere lo spettacolo dal vivo
[…] Ciò a cui dobbiamo provvedere prima di tutto è una disciplina nazionale di sistema.
Tra i primi obiettivi di tale disciplina c’è quello di ridisegnare le relazioni e le competenze istituzionali e amministrative per il governo del “sistema spettacolo” nel suo complesso, muovendo dal principio generale di garanzia dell’unità e dell’equilibrio degli interventi pubblici destinati alla promozione dell’offerta e della domanda di spettacolo dal vivo. […]

Lo Stato dovrà impegnarsi a ristabilire le risorse finanziarie per lo spettacolo dal vivo, favorendo il finanziamento privato e garantendo l’equilibrio dell’offerta di spettacolo sull’intero territorio nazionale. Le nostre azioni principali in questo senso saranno:
- riportare gli stanziamenti del Fondo Unico dello Spettacolo almeno al livello previsto per il 2001 e garantirne la stabilità triennale;
- attuare norme per la defiscalizzazione totale degli investimenti delle persone fisiche e delle imprese private nei progetti e nelle attività di spettacolo dal vivo;
- perequare gli interventi pubblici tramite interventi di promozione nelle aree e nei territori;
- istituire un sistema di incentivi al consumo di spettacolo dal vivo ( riduzioni del prezzo del biglietto e dei servizi per fasce qualificate di consumatori);
- definire i compiti e il ruolo della società ARCUS, ancora priva del regolamento previsto dalla legge istitutiva, per superare i micro interventi finora affidati a questa società, a favore di interventi strutturali di sistema coerenti con gli indirizzi e le finalità pubbliche della promozione dello spettacolo;
- diffondere la produzione italiana dello spettacolo dal vivo all’estero, riformando l’Ente teatrale italiano (ETI), depurandolo da funzioni improprie e mettendolo in grado di operare in sinergia con analoghe strutture degli stati membri dell’Unione europea;
- stabilire regole di programmazione dello spettacolo dal vivo italiano ed europeo sulle reti televisive e radiofoniche nazionali e accordi per spazi di informazione e promozione dello spettacolo dal vivo;
- dedicare maggiore attenzione alle espressioni artistiche giovanili, compresa la musica italiana contemporanea, e al balletto, oggi trascurato dalle politiche pubbliche. -
Altra priorità della nostra azione sarà la formazione delle professioni e del pubblico.
In tema di formazione, dovremo garantire degli standard minimi per le professioni artistiche e tecniche dello spettacolo, prevedendone la qualificazione permanente.
Dovremo inoltre promuovere e sostenere la costruzione del pubblico del futuro, dotandolo degli strumenti di conoscenza fondamentali a partire dalla scuola pubblica.
A fronte del rilievo assunto dalle professioni creative, artistiche ed intellettuali, dovremo prestare attenzione particolare alla regolamentazione del mercato del lavoro dello spettacolo […]
La riduzione del Fondo Unico dello Spettacolo a 385 milioni di euro per il 2006 e a 300 milioni per il biennio 2007/2008 pone inoltre in primo piano la questione della crisi delle Fondazioni lirico sinfoniche. […] Ad oggi la leale ed equilibrata collaborazione tra pubblico e privato che esso voleva realizzare non si è del tutto compiuta.


Non è stato facile tagliare, ma non potevamo riportare tutto: trovate il programma integrale su http://www.lafabbricadelprogramma.it/r e anche su
http://www.dsonline.it/allegatidef/programma_def_unione31307.pdf

Unione: zoom su Milano

Anche in occasione delle primarie di Milano, in vista delle elezioni amministrative, l’Unione si è presentata con un programma comune. Contrariamente a quanto era avvenuto per le consultazioni che hanno confermato la leadership di Prodi, e anche in questo caso cultura, sviluppo e innovazione avevano uno spazio significativo.
Ci sembra interessante riportarne alcuni passaggi, anche come indicazione sulle possibili chiavi di lettura locale della politica nazionale.

UNIONE
Milano, idee per il governo
Linee guida per l’elaborazione di un programma per il cambiamento

[…] Noi vogliamo innanzitutto che Milano sia riconosciuta in tutti i campi capitale dell’innovazione, emblema del futuro. Dalla straordinaria concentrazione di sedi universitarie, passando per la storica vocazione creativa in tutti i campi, per giungere infine alla sua naturale posizione di cerniera con l’Europa, Milano deve rappresentare per l’Italia intera quel punto di riferimento per il futuro che oggi manca. […]
Solo dentro questa cornice, Milano può tornare ad essere una delle grandi città europee ed internazionali della cultura, per la sua tradizione in questo campo, per le numerosissime eccellenze in ognuna delle diverse forme della cultura e dell’arte, per una tendenza positiva alla collaborazione tra impresa privata e ed enti culturali pubblici, per la presenza di realtà associative finora poco valorizzate, per la rete di piccole e medie imprese culturali diffuse e all’avanguardia.
[…] Università e Centri di ricerca, Scuola e Formazione sono certamente nodi strategici del progetto di rilancio per Milano: diritto allo studio, qualità dei servizi, partecipazione di utenti e dei docenti, formazione professionale ed educazione permanente, integrazione degli stranieri sono solo alcuni degli obiettivi prioritari che ci poniamo in questo campo.
Anche per questo è con i giovani di questa città che va sancito un patto di solidarietà, capace di costruire le condizioni per il loro futuro e di sconfiggere l’orizzonte della precarietà. Casa, scuola, cultura, servizi, diritto all’autogestione, spazi ad uso sociale saranno gli elementi di questo patto.
[…] Vogliamo valorizzare le nostre periferie, che non meritano il degrado in cui sono lasciate. Rilanciare attività, lavoro, cultura, spettacolo, sport, significa riportare vita, rapporti sociali, convivialità, sicurezza, fiducia. Significa far rivivere i quartieri popolari, anche attraverso una capillare rete di servizi di prossimità.
(dal volantino di “Cantiere Milano 2006”, l’alleanza tra i partiti dell’Unione in occasione delle primarie di Milano del 29 gennaio scorso)


Sembra essere sullo sviluppo futuro di alcune grandi città (pensiamo in particolare al rilancio di Torino, e di alcuni territori turistici per antica e nuova vocazione) che si gioca la scommessa sulla possibile integrazione nelle politiche culturali di due diverse funzioni (dando per costitutiva quella artistica e creativa): un'antica e primaria funzione sociale (un po' da reinventare certo, ma determinante per i sostenitori di un nuovo welfare) e la funzione di motore economico (spesso citata fra entusiasmo e scetticismo). Ci sembra che sia l'oscillazione fra un polo e l'altro a determinare le differenze di posizione all'interno dello schieramento e da parte dei singoli, differenze non lievi a volte (ma certo non impossibili da ricomporre).


Democratici di Sinistra
Vittoria Franco risponde a www.ateatro.it


In ambito culturale il programma dell'Unione ha nella sostanza recepito le proposte elaborata dai DS, che ci sembra si pongano di fatto – almeno sul terreno dell'elaborazione teorica – come partito guida della coalizione in questo ambito. Proprio perché molto simili a quello comune, non riportiamo stralci da documenti programmatici di questo partito. Le linee guida sono riconducibili ad una concezione della "cultura come tessuto connettivo e propulsore della crescita sociale ed economica del territorio".
Rimandiamo per approfondimenti ai seguenti documenti:

- il programma dei Democratici di Sinistra per la promozione e lo sviluppo della cultura, 25 novembre 2005
- Valore cultura, Giornata di lavoro sui progetti e le politiche di sviluppo per la cultura e per l'economia, 30 novembre 2005, relazione introduttiva di Vittoria Franco

In un'intervista al "Giornale dello Spettacolo" già rilanciata da ateatro, Vittoria Franco, responsabile culturale del partito, sintetizza gli impegni in caso di vittoria elettorale: “[…] Un primo segnale, se vinceremo le elezioni, sarà quello di riportare il Fus 2007 ai livelli del 2001, cioè a circa 527 milioni di euro. Poi ci impegniamo, nell’arco della legislatura, ad investire in cultura l’1% del bilancio statale."(dal "Giornale dello Spettacolo", n. 35 del 16 dicembre 2005)
Sono anticipazioni delle posizioni che farà successivamente proprie l'Unione, anche se manca il successivo accenno ai tempi "medio lunghi" rispetto all'obiettivo all'1%.

Abbiamo chiesto a Vittoria Franco di approfondire alcuni punti per ateatro e “Hystrio”
(e la ringraziamo molto per la disponibilità e rapidità con cui ci ha risposto, anche in considerazione degli incalzanti impegni elettorali).

LA FUNZIONE DELLA CULTURA
Non è solo questione di "indotto" e di settore economicamente strategico: anche in alcuni interventi di esponenti dell'Unione si cade - ci sembra - in questo trabocchetto. Riportare la cultura al centro dell'attenzione politica cosa significa esattamente?

Significa fare della cultura uno dei fattori dello sviluppo del Paese Italia. Non si riesce a immaginare oggi un paese moderno, che sappia riconvertirsi nel processo di trasformazione economica da paese industriale a paese postindustriale, a economia dematerializzata. Come non si riesce a immaginare un paese che voglia contribuire alla strategia di Lisbona che non investa in cultura. Se, infatti, vogliamo essere protagonisti della costruzione della società della conoscenza - e possiamo esserlo giacché disponiamo di notevoli energie intellettuali e creative - dobbiamo investire di più in ricerca, innovazione e cultura. È dimostrato che la creatività si sviluppa solo in un tessuto culturale ricco.

LA QUESTIONE DELLE RISORSE
Mi sembra di cogliere qualche sfumatura non irrilevante fra le cautele iniziali di Prodi - posizioni come quelle espresse da Giovanna Meandri - e le sue. (Per Melandri vedi anche Giornale dello spettacolo n. 2 del 20 gennaio 2006, il testo integrale su http://www.agisweb.it/news/gispe/gispe_1000425174_6934.RTF) Ad esempio: il ritorno al FUS 2001 è un passaggio necessario (senza dimenticare però che i fondi 2001 sono, in termini reali, oltre il 40% in meno rispetto a quelli dell'85), tuttavia fra l'impegno dell' 1% e il "non arretramento" dello Stato di cui parla Melandri (ribadendo parallelamente una sostanziale fiducia nell'intervento privato), mi sembra ci sia una certa differenza. Anche i tempi "medi-lunghi" previsti (documento unione) possono non risultare troppo tranquillizzanti agli operatori dello spettacolo. C'è un'effettiva volontà e un accordo sui modi per rilanciare il settore all'interno di DS e dell'unione?

Il documento dell'Unione è stato elaborato in un tavolo al quale hanno cooperato tutti i partiti dell'Unione. Abbiamo fatto tutti uno sforzo di ricerca per condividere anche le questioni sulle quali potevano inizialmente registrarsi delle differenze. Il documento finale è davvero frutto di uno sforzo comune anche di elaborazione di nuove proposte rispetto a quelle dei partiti. Anche il metodo è importante: ci siamo ascoltati fra di noi e abbiamo ascoltato operatori, associazioni, personalità che esercitano funzioni di direzioni di teatri e agenzie culturali. La prospettiva di dare subito il segnale di un'inversione di tendenza ristabilendo l'ammontare del FUS ai livelli del 2001 e lavorare per raggiungere l'obiettivo dell'1% del PIL nei 5 anni di legislatura, sicuramente ambizioso, è la conseguenza del progetto per il Paese che abbiamo presentato, in cui la cultura è considerata uno dei motori dello sviluppo. Posizioni diverse da quelle contenute nel documento dell'Unione sono legittime, ma rappresentano posizioni personali.

LA RIORGANIZZAZIONE DEL MINISTERO
Confermando la correttezza della costituzione di un Ministero che unificasse SPETTACOLO E BENI CULTURALI, il rilancio del settore passa anche dalla riorganizzazione del dicastero. Si sono fatte anche ipotesi di accorpamento (ad esempio con l'area dell'informazione.) Cosa proponete?

Al Tavolo dell'Unione si è posta soprattutto la questione di come rendere il Ministero una struttura più efficiente, capace di interloquire con strutture periferiche che dispongano di maggiore autonomia, di colmare i circa 7 livelli di separazione a cui lo ha costretto la riforma fatta dal governo di centrodestra, che ne ha fatto una struttura elefantiaca e fine a se stessa.

LA QUESTIONE LEGISLATIVA (settore SPETTACOLO DAL VIVO)
Lei pensa davvero che la bozza "Rositani" sia un punto di partenza accettabile come sembrerebbe da alcuni documenti DS? (risente vistosamente di mediazioni su argomenti significativi e minimi, che potrebbero non essere necessari in una posizione di maggioranza). Non sarebbe allora un riferimento migliore la bozza di legge delle Regioni? E il progetto legge DS costituisce ancora un documento di riferimento? Non sarebbe più semplice, veloce e proficuo "azzerare"?

Siamo convinti che lo spettacolo abbia bisogno di una legge di sistema che risponda alle novità del rinnovellato titolo V della Costituzione. Il come lo vedremo nel momento in cui ci trovassimo a svolgere, come ci auguriamo, funzioni di governo.

LE RIFORME DEI PRECEDENTI GOVERNI DI CENTRO SINISTRA
Su punti come le Fondazioni Liriche, si coglie nei suoi interventi la consapevolezza della imperfezione della riforma fatta a suo tempo. Anche se siamo in campagna elettorale, una riflessione, un'autocritica sui possibili errori dei precedenti governo di centro sinistra forse sarebbe utile: a parte le Fondazioni LS, Lei ne individua altri?

Siamo d'accordo sul fatto che occorre innovare su molti aspetti. Non si tratta di fare autocritiche, ma di prendere atto realisticamente e per il bene dei vari settori di ciò che va corretto, aggiustato o cambiato in termini più radicali. A proposito del cinema, ad esempio, abbiamo fatto una proposta di profonda discontinuità. Per le Fondazioni lirico-sinfoniche, pensiamo che alla legge debbano essere fatte correzioni che ne rafforzino lo spirito positivo, quello di favorire l'intervento dei privati attraverso benefici fiscali che rendano più accettabile anche al medio o al piccolo privato di contribuire alla vita di un teatro che arricchisce il tessuto culturale e sociale della città o del territorio in cui fa impresa o esercita la sua professione.

QUALCHE PUNTO CONCRETO

ETI. Senza nessuna discussione parlamentare o pubblica, il Ministro Urbani ha "riformato" l'ETI. Ci sono idee chiare sulla sua funzione/evoluzione? Cosa pensa dello scioglimento ipotizzato nel progetto legge delle Regioni?
Abbiamo discusso a lungo su questo punto e siamo d'accordo sul fatto che anche qui dobbiamo innovare in modo positivo. Abbiamo deciso però anche di allargare la discussione agli operatori e ai sindacati per elaborare una proposta condivisa.

ARCUS.
Si chiede la trasparenza, non se ne mette in discussione l'esistenza. L'istituzione di ARCUS ha visto l'unanimità in commissione cultura, ma è stato subito chiara l'impossibilità di indirizzarne l'azione. Da dove passa la trasparenza? solo regolamento o altro? ed è un obiettivo necessario, ma sufficiente? Cosa vorreste fare in prospettiva di ARCUS?

La trasparenza è necessaria e i regolamenti attuativi, che ancora non esistono, urgenti per evitare l'arbitrio che finora ha imperato. Arcus può continuare a essere uno strumento attraverso il quale far arrivare risorse alla cultura, ma la condizione deve essere l'unitarietà della gestione in un unico Ministero. Il problema delle risorse sarebbe senza dubbio meno grave se non ci fosse una loro dispersione in una molteplicità incontrollabile di canali, non ultima quella - che noi abbiamo denunciato con forza - di circa 270 milioni di euro previsti nella finanziaria del 2006, a favore di regalie a piccole o grandi istituzioni, che passano attraverso il protagonismo dei singoli parlamentari.

SPOIL-SYSTEM.
Possiamo dirne in teoria tutto il male possibile. In questa fase molti uomini messi in posizioni chiave dal centro destra stanno rivendicando la passione maturata, la funzione "tecnica", l'equidistanza dalla politica (penso ad alti funzionari ministeriali e altro). Come si potrà muovere un nuovo governo su questo terreno? Sarà possibile non cadere in eventuali "clientele" di sinistra? Ovvero: come si realizza in concreto l'affrancamento dell'organizzazione culturale dalla politica di cui parlano anche i documenti dei DS e dell'Unione?

È vero che lo spoil system è stato esercitato - e purtroppo, continua a esserlo ancora in questi scorci di legislatura - in maniera selvaggia da questo governo e da questa maggioranza di centrodestra. La politica deve essere invece il luogo dove si elaborano indirizzi e si esercitano controlli; e certamente questo lo si fa anche attraverso le persone. Il problema vero sono però le forme e i criteri di scelta delle persone: la competenza o la fedeltà verso chi governa al momento? Noi scegliamo le competenze, le professionalità, la capacità di interloquire coi soggetti esterni e fra i vari livelli dell'amministrazione dello Stato.

PRIORITA’.
Al di là dei finanziamenti, è possibile individuare le priorità di una prossima azione di governo nel settore della cultura e dello spettacolo? (il documento dell'Unione è così ampio da risultare vago)

Non mi sembra che il programma dell'Unione sia vago; in molti casi mi sembra fin troppo dettagliato. Anche le priorità sono chiare.
1. Le risorse sono una priorità. Molti dei problemi dello spettacolo derivano, come sappiamo, proprio dai decrescenti finanziamenti che impediscono una seria e lungimirante programmazione, almeno triennale.
2. Individuare canali di reperimento delle risorse nuovi rispetto al passato significa che esse si potranno garantire con maggiori certezze, indipendentemente dalle angoscianti leggi finanziarie.
3. Una legge che favorisca l'intervento dei privati, posto che le risorse pubbliche sono necessarie e insostituibili.
4. Una legge di sistema.
5. Prevedere forme di accompagnamento di una forma di lavoro che è per sua natura "flessibile".


Timori non sempre infondati
(a proposito delle gestioni di centro sinistra del Ministero dei Beni e delle Attività culturali)


Vale la pena di ricordare perché qualche preoccupazione serpeggia fra gli operatori dello spettacolo anche nell'eventualità – che la maggior parte auspica, ne siamo convinti – che vinca il centro sinistra.
I ministri Veltroni, e poi Melandri, sono stati indiscutibilmente molto attivi e siccome a quella politica in parte l’Unione continua a richiamarsi (in particolare e comprensibilmente Giovanna Melandri la rivendica nel libro-programma esplicitamente indirizzato a Prodi sul "new deal della bellezza italiana" citato), vale la pena di ricapitolarne le azioni principali.

La costituzione del Ministero
, che ha riunito Beni e Attività Culturali: una scelta strategica, se pure non sostenuta da adeguati investimenti (e la stessa ex ministro ricorda le sue difficoltà in proposito), per di più in gran parte risucchiati dal Giubileo.
Va detto che anche la tenuta nominale del FUS (un leggero incremento, anzi) non è riuscito a frenare in quegli anni – e forse era inevitabile – la progressiva caduta del suo valore reale (per tutto questo rimandiamo al Rapporto sull'economia della cultura in Italia 1990-2000, Il Mulino, Bologna, 2005, a cura di Carla Bodo e Celestino Spada, che pure sottolinea ripetutamente la maggiore dinamicità della spesa pubblica nella seconda parte del decennio rispetto alla prima).
La riforma degli Enti Lirici con la trasformazione in Fondazioni, della cui imperfezione si è già detto.
Prima ancora la riforma delle Commissioni Consultive (la prima nominata da Veltroni ha avuto un notevole valore simbolico): via gli addetti ai lavori, stop al conflitto di interesse, nomine ministeriali; come questa innovazione – già scricchiolante in partenza – sarebbe stata gestita nell'era Urbani lo abbiamo raccontato su www.ateatro.it.
Le riforme e il rafforzamento dell'INDA e della BIENNALE.
Il varo dei regolamenti triennali per prosa, musica e danza, poi decaduti.
L’elaborazione di progetti di legge – cui i regolamenti preparavano il terreno – rimasti impantanati nel cambio di legislatura.
L'aiuto più rilevante al settore, arrivava però da una riforma fiscale: l'abolizione dell'Imposta Spettacolo (il 5% che gravava su tutti gli incassi).
Va ricordata anche la parziale defiscalizzazione dei contributi privati, l'ultima riforma, rimasta per motivi di tempo senza regolamento attuativo: già imperfetta di partenza verrà molto mal gestita – paradossalmente – proprio dal nuovo governo che inneggia al privato. Il mancato decollo della sponsorizzazione viene dagli analisti imputato anche a questo limite.
Fra i provvedimenti "minori", si dovrebbe ricordare il finanziamento speciale attraverso l'ETI alle aree disagiate, finanziamento decaduto e non rimpiazzato da altro a favore del Sud (se facciamo eccezione per l’INDA e il sostegno - subito consistente - al neonato Stabile Privato di Calabria) ancora con la gestione Melandri. La scelta si nota anche perché, parallelamente, si approvavano disposizioni discutibili a fine legislatura a beneficio di territori ad alta densità di spettacolo; ci riferiamo in particolare al nascente Festival Parma-Reggio (che da solo assorbirà quanto le aree disagiate).
Per le riforme non fatte va ricordato l'ETI, che rimane commissariato durante i governi di centro-sinistra in attesa di essere rilanciato nel quadro della revisione legislativa generale (come ente cardine di gestione della trasformazione del sistema): peccato che il Ministro Urbani ci abbia pensato poi lui, a riformarlo come sappiamo, e senza passare dal Parlamento.

Perché i lamentosissimi teatranti non si considerano soddisfatti di tutto ciò? Perché, al di là delle dichiarazioni di principio del Ministero sulla funzione e funzionalità delle istituzioni, sull'importanza dell'innovazione, sul ruolo delle compagnie, sulla centralità del territorio, eccetera, al di là del fondamentale principio della triennalità e qualche altro punto davvero importante dei regolamenti, nella sostanza – in soldoni – l’impressione più che motivata è stata che si sia lavorato soprattutto a rafforzare, centralizzare e sostenere alcune punte (di eccellenza, forse, come si usava molto dir allora, tanto che il termine ha quasi perso significato), sottovalutando la funzionalità del tessuto teatrale nel suo complesso.
Quel tessuto che avrebbe dovuto reggere – come si è visto – anche in tempi bui e che ha in effetti retto non si sa bene come, ma non si è ancora svegliato dall'incubo Parma/Reggio, che nel frattempo ha preso la faccia del ministro Lunardi. E’ per questo che si possono leggere oggi con sospetto anche i sacrosanti e da tutti condivisibili richiami contro i finanziamenti a pioggia (a favore di chi si eliminerà questa disastrosa pratica?). Perfino l'intelligente strumento dei distretti culturali potrebbe sottrarre allo spettacolo risorse fondamentali per spostarle su beni e paesaggio.
Certo, questi timori forse sono frutto di miopia, ma come www.ateatro.it possiamo e dobbiamo dar loro voce, non potendo certo essere tacciati di corporativismo, e avendo indicato con chiarezza alcune priorità (dalle Buone Pratiche in avanti: invitiamo in particolare a rileggere Raddoppiare la spesa della cultura in 5 anni? su ateatro 92.

Una preoccupazione diversa, ma che vale la pena di riferire, è quella che il Ministero e la politica culturale restino residuali, nonostante le dichiarazioni di principio. Per esempio, Giorgio Van Straten, già presidente AGIS, attualmente presidente di Palaexpo, in un'intervista al Giornale dello Spettacolo.

Se, come si sente dire spesso, l’Unione dovesse vincere le elezioni, cosa potrebbe fare di meglio di quello che fece il centrosinistra nella precedente legislatura, alla fine della quale gli uomini di spettacolo non erano particolarmente soddisfatti?

Farei innanzitutto una distinzione. Credo che nell’esperienza della precedente legislatura ci siano state due fasi differenti: nella prima la delega alle Attività Culturali l’aveva il vicepresidente del consiglio dei ministri e questo fatto, al di là delle caratteristiche personali di Walter Veltroni, aveva, evidentemente, un rilevante peso politico. La scelta della dimensione strategica della spesa nella cultura era testimoniata dalla stessa composizione del governo. Questa scelta è stata sicuramente ridimensionata nella seconda parte dell’esperienza di governo del centrosinistra. E’ stato mantenuto il livello di finanziamento, ma il clima è cambiato. Quando, come presidente dell’Agis, andai a parlare al termine della legislatura con un componente della commissione che si occupava delle riforme costituzionali, manifestando la nostra insoddisfazione per il nuovo e peggiorativo assetto dello spettacolo, mi sentii rispondere: “La formulazione precedente è stata scritta quando c’era Veltroni. Ora non potete più pensare di averne una ad hoc.

In sintesi: chi sarà il Ministro, non è un dettaglio.

Rifondazione Comunista
No alla deresponsabilizzare lo Stato, no alla regionalizzazione del Fus


Rifondazione Comunista non ha espresso elaborazioni recenti in materia né promosso convegni nazionali, anche se il partito si è espresso con chiarezza sulle vicende del FUS. Così l'On. Titti De Simone: “[boccio] la retorica dell’investimento privato, utile a deresponsabilizzare lo Stato, no alla regionalizzazione del Fus, no ad un paese che marcia a diverse velocità, no alla privatizzazione, no al reference system, no alle concentrazioni tra produzione, distribuzione ed esercizio” (dal “Giornale dello Spettacolo”, n. 34, 2 dicembre 2005).
E' però stato particolarmente attivo sui temi del rapporto pubblico/privato e della precarietà del lavoro durante l'intera legislatura: oltre al progetto di legge sullo spettacolo dal vivo del 2/10/2002, va ricordato quello sugli "intermittenti dello spettacolo" del 2005 (reperibili su sito della Camera di deputati/ Partito della RC).

Il documento che riportiamo di seguito, del 2005, è una sintesi, una griglia "guida" della politica culturale, anche a livello regionale.

Proposta di alcuni punti per una griglia di politiche regionali per la cultura

1. Costruzione di momenti e luoghi permanenti di confronto, elaborazione e verifica con l’associazionismo e le forze sociali e culturali presenti sul territorio;
2. trasparenza e rigore nelle nomine negli enti culturali, basate su curricula, professionalità e competenza;
3. politiche economiche per consentire ai giovani e a chi ha basso reddito di poter accedere alla cultura: prezzi economici per cinema, teatri, concerti, libri mostre;
4. costituzione di vere e proprie “case delle culture”: luoghi di incontro, divulgazione, partecipazione, produzione, sperimentazione, approfondimenti ed espressione destinati soprattutto ai giovani;
5. promozione e sostegno di tutte le forme di associazionismo realmente legate al territorio;
6. priorità alla formazione: dalle scuole alle biblioteche, ai centri di sperimentazione, ai laboratori;
7. convenzioni tra le scuole e le istituzioni culturali pubbliche e private (cinema, teatri, gallerie, musei, sale di concerto, biblioteche, eccetera);
8. sostegno economico e incentivi alla produzione culturale realmente autonoma e indipendente;
9. leggi regionali per creare ammortizzatori sociali per i lavoratori dello spettacolo;
10. sostegno ai festival, agli incontri, ai convegni di studio sui problemi della cultura legati al territorio.


A RC abbiamo rivolto le stesse domanda sottoposte ai DS, con qualche variante. Rispondono Patrizia Bortolini, responsabile cultura Milano, e Stefania Brai, responsabile nazionale dipartimento spettacolo, che ringraziamo per la sollecitudine.

LA FUNZIONE DELLA CULTURA. (per il testo della domanda, vedi sopra)

Innanzi tutto dobbiamo tutti renderci conto che la cultura non rappresenta semplicemente un settore strategico, quel che pensa il paese si forma anche attraverso la cultura... detto questo pensiamo che la politica dovrebbe dare strutture, accessi alla produzione, fruizione, strumenti critici ed evitare assolutamente di farne uno strumento da torcere sugli interessi di questa o quella forza di governo. In Italia abbiamo problemi enormi: non si legge, non si va a teatro e il 24% dei giovani non è in grado di interpretare un testo scritto... è su questo che si deve intervenire. La cultura e la conoscenza sono un bene comune, è da questo che si deve ripartire.

Siete pienamente soddisfatti di come l'argomento è trattato nei documenti unitari dell'Unione?

Sì, abbiamo ottenuto che la cultura venga considerata una risorsa e che l’ intervento pubblico sia prioritario. E’ stata una conquista non scontata, è da qui che si riparte, una sterzata a 180 gradi.

LA QUESTIONE DELLE RISORSE. C'è un'effettiva volontà unitaria e un accordo sui modi per rilanciare il settore?

Pensiamo di sì, magari appunto con approcci diversi, ci preoccupa però che nel testo definitivo sia scomparso l’obiettivo fissato da tavolo, l’1% del bilancio dello stato in 24 mesi, cioè a medio termine. L’obiettivo intermedio era una garanzia, noi chiediamo inoltre che una percentuale delle spese per gli armamenti vada spostato alla cultura.

LA RIORGANIZZAZIONE DEL MINISTERO. Anche con riferimento all'ipotesi di accorpare il settore informazione e telecomunicazione. Quale è la vostra posizione in proposito?

Francamente ci lascia perplessi, si tratta di campi specifici, inoltre si rischia di costruire situazioni eccessivamente “organiche”, si dovrebbero magari costruire diversi dipartimenti, un dipartimento legato a cultura e spettacolo ed uno alle attività culturali legate al turismo. Certo la comunicazione televisiva fabbrica cultura, l’informazione è un ambito un po’ diverso.

LA QUESTIONE LEGISLATIVA. La legge del PRC costituisce tuttora un punto di riferimento ideale?

Assolutamente sì. La mediazione Rositani deve essere superata, la nostra legge è il riferimento e ne stiamo elaborando una per la musica. Ma siamo pronti a posizioni maggiormente avanzate.

RIFORME E AUTOCRITICHE.
Anche se siamo in campagna elettorale, una riflessione sui possibili errori del precedente governo di centro sinistra forse sarebbe utile: ne individuate?

Sì, sicuramente, come autocritica, per quanto riguarda i beni culturali avremmo potuto evitare il distinguo che ha poi permesso a Urbani di fare lo scempio che ha fatto. Le critiche riguardano invece le politiche di privatizzazione della cultura, per esempio le fondazioni. Anche la riforma Bassanini al titolo V della Costituzione ha prodotto danni collocando la cultura tra le materie concorrenti: noi riteniamo invece che si debba pensare a una politica nazionale, certo con un intelligente ruolo delle Regioni.

QUALCHE PUNTO CONCRETO. Il PRC è l'unico che batte con precisione sulla questione della precarietà del lavoro nel settore culturale e dello spettacolo. Ma il documento dell'Unione non ne parla in specifico (accorpando probabilmente il settore agli altri ambiti di precarietà). Porterete avanti la vostra proposta sugli intermittenti? Come?

Certo che si! Innanzi tutto costruendo con i lavoratori e le lavoratrici ambiti di pressione, vertenze, dando loro valore e voce, in Italia c’è una situazione molto complessa per quanto riguarda i tipi di contratti, ma per noi è un aspetto fondamentale, il nostro riferimento è il modello francese. Ma non possiamo illuderci: non verrà regalato nulla, dovremo ottenerlo.

ETI e ARCUS.

L’ARCUS per noi andrebbe abolita, in ogni caso sia ARCUS che l’ETI vanno ripensate e ristrutturate. Noi anche su questo vorremmo dare il segnale di un metodo diverso di governare, è per noi punto principale la costituzione di un tavolo di consultazione permanente con gli ambiti di settore.

SPOIL-SYSTEM.

Non enfatizzando lo spoil, non pensiamo che siano utili le “pulizie etniche”, si deve invece dividere la funzione amministrativa dalla programmazione. Deve essere rispettata la professionalità e la competenza, senza lasciare spazio, è ovvio, all’incompatibilità.

PRIORITA’.

Le tre leggi di settore e risorse certe.

MINISTRO. I DS ci terrebbero che il nuovo ministro fosse dei loro. E il PRC? Potete darmi una valutazione sintetica dei precedenti ministeri Veltroni/Melandri? Cosa aveva funzionato e cosa no?

Al di là dei nomi pensiamo che le politiche di privatizzazione avviate siano state un disastro: cultura, scuola, beni culturali. La destra in molti casi si trovò la strada aperta...

MOVIMENTI E RAPPRESENTANZA. Come negli altri campi della società, la cultura e lo spettacolo non si sentono adeguatamente rappresentati dalle organizzazioni tradizionali (AGIS, Sindacato, partiti), quale potrà essere la funzione del PRC in proposito all'interno di un futuro governo?

Noi pensiamo che si debbano portare i movimenti stessi nelle istituzioni, quindi cerchiamo di costruire insieme luoghi, come il laboratorio sul lavoro precario o il tavolo di consultazione, nei quali condividere “con” queste istanze la costruzione di una politica. Noi non vogliamo solo farci carico, ma agire insieme, essere, questo sì, garanti della riapertura di una relazione tra le istanze sociali e le istituzioni, garanti di un riconoscimento verso le competenze professionali.




Italia dei Valori, Margherita e gli altri

Negli ultimi mesi del 2005, ormai alle soglie della campagna elettorale, molto si è discusso intorno ai problemi della cultura e dello spettacolo in particolare, a fronte della grave situazione determinatasi con l’ultima manovra finanziaria, che – con i drastici tagli al Fus e insieme al protrarsi della mancata emanazione di regolamenti amministrativi di riferimento – ha messo a serio rischio la sopravvivenza dell’intero sistema. Pochi i partiti che non si sono pronunciati; numerosi esponenti del centro-sinistra in particolare – in vista delle elezioni politiche del prossimo aprile – si sono espressi sugli orientamenti e i provvedimenti che intenderebbero adottare in caso di vittoria. Le voci sono molteplici e non sempre del tutto omogenee come stiamo vedendo. E anche i tempi dei singoli partiti sono diversi, a fronte di un impegno unanime.

Diversa dagli altri partiti, e per certi versi dissonante, la voce de L’Italia dei valori di Antonio Di Pietro, che ha organizzato il 4 febbraio un convegno, e chiede più pluralismo e più libertà per gli operatori culturali. Riportiamo alcuni stralci del programma.

ITALIA DEI VALORI

Programma cultura

1. CULTURA E FRUIZIONE CULTURALE
Le politiche culturali sono particolarmente esposte alle degenerazioni clientelari e al controllo dei partiti sulle istituzioni e sulle organizzazioni del settore. A ciò si deve aggiungere l’estrema concentrazione delle risorse. […] Tutto ciò ha limitato sistematicamente il pluralismo […]
Le nostre proposte sono le seguenti
• aumento considerevole degli investimenti per la realizzazione di infrastrutture che in Italia sono poche, concentrate e scarsamente accessibili: […]
• separazione delle competenze e affidamento delle responsabilità decisionali ad organismi tecnici indipendenti. […]
• avvio di una competizione di mercato fra gli operatori, con una diversa utilizzazione dei finanziamenti pubblici alle attività culturali erogati tramite un sistema premiante a posteriori in relazione al successo avuto dall’iniziativa tra il pubblico. […]
• incentivazione dell’afflusso di fondi dai privati […]
• maggiore differenziazione nei prezzi dei biglietti d’ingresso a mostre, concerti e quant’altro […]

2. CULTURA E INDUSTRIA CULTURALE
Le industrie culturali hanno attualmente un’influenza enorme sulla formazione della cultura e della mentalità in senso lato e sul modello tradizionale di comunicazione. Sono quasi totalmente globalizzate, orientate quindi verso l’omogeneizzazione e l’imperialismo culturali […]
è necessario incentivare le attività artistiche e culturali di carattere amatoriale e le iniziative in grado di contribuire ad una vera e propria democrazia culturale di base, nella quale la creatività sia patrimonio di tutti. […]
Da http://www.italiadeivalori.it/presentazione/PROGRAMMA.DOC


La Margherita, che ha espresso posizioni molto decise sul finanziamento pubblico e soprattutto è stata particolarmente attiva in Commissione, ha in programma un convegno per il prossimo 23 febbraio a Roma: “Spettacolo e industria culturale nell’era digitale. OLTRE IL FUS, OLTRE L’INCERTEZZA"
http://www.margheritaonline.it/notizie/scheda.php?id_notizie=21752

Ve ne parleremo in una prossima puntata, cercando di mettere a fuoco anche le posizioni degli altri gruppi del centro-sinistra. E poi, naturalmente, anche quelle del centro-destra.


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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