ateatro 128.2
21/09/2010 
C'è ancora bisogno dell'ETI
E che cosa potrebbe fare per il teatro italiano
di Marco Martinelli
 

Carissimi Mimma e Oliviero
mi prendete in un momento in cui non il tempo di pensare-scrivere un intervento elaborato (mi aspetta il debutto ai primi di ottobre del Detto Molière, versione italiana), e quindi posso rispondervi solo con questa letterina per affermare molto schematicamente che:

1. Dell'ETI penso che ci sia bisogno ancora. Intendo di un ente che abbia soprattutto un ruolo propulsore sul piano internazionale del nostro miglior teatro. Quello che l'ETI soprattutto della gestione Marinelli aveva fatto in sintonia con L'ONDA francese, e che poi (in anni più difficili) anche Cutaia ha continuato con tenacia.

2. Ma anche sul piano nazionale l'ETI ha costruito progetti (si pensi all'ultimo, quello dei Teatri del tesente, raccontato nel bel libro di Andrea Nanni per Editoria e Spettacolo) in cui ha messo in relazione istituzioni e giovani gruppi, quasi "costringendo" le prime ("costringendo" con l'intelligenza della persuasione culturale e dell'appoggio economico) a farsi carico e a investire su alcune realtà nascenti del sempre ricco panorama teatrale italiano. (Che, detto tra parentesi, continua a sorprenderci, perchè non c'è marmellata o fango televiso-mediatico-politico che possano spegnere le nuove ondate, la necessità di teatro delle nuove generazioni). In questo senso ha agito e potrebbe continuare a farlo come un mecenate pubblico, come un principe illuminato.

3. Ancor più potrebbe un nuovo ETI sviluppare importanti momenti di confronto a livello nazionale (chiamando a raccolta non solo teatranti, ma antropologi, filosofi, scrittori), per aiutare la miglior scena italiana a raccontarsi e a trovare sintonie e complicità con altri settori della cultura italiana, malata di separatezze, per cui si conosce solo chi opera all'interno della propria "nicchia" di "addetti ai lavori".

4. Altrettanto chiaro mi pare è ciò che tale nuovo Ente NON dovrebbe più essere: un "carrozzone parastatale (e sprecone)", come l'avete giustamente definito. Un Ente agile, quindi, che potrebbe avere anche un solo teatro in gestione (e mi pare fosse proprio questo il piano di Cutaia). Il Valle sarebbe perfetto, anche sul piano simbolico, pensato come un luogo di eccellenza della cultura teatrale, come punto di incrocio alto tra la scena nazionale e quella internazionale: in questo senso vanno le "monografie" già allestite nelle ultime stagioni, in questo senso si potrebbe lavorare anche in futuro.

5. E per finire un punto che è una domanda, una domanda a cui è difficile dare risposta: chi dovrebbe nominare il direttore di un nuovo ETI? I politici, se l'Ente è di Stato, così vorrebbe la logica "democratica". Ma qui la domanda ne genera un'altra, in un domino che poi è difficile fermare: chi ci garantisce che i politici siano davvero "democratici" e autentici appassionati di teatro?

Un abbraccio e buon lavoro, "buone pratiche"

Marco


 
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