ateatro 97.2
29/03/2006 
Speciale referendum costituzionale 2006: una sana e robusta Costituzione (parte II)
Un documento inedito misteriosamente recapitato alla readazione di ateatro
di Paolo Rossi di fronte alla Commissione per le Attività Anticostituzionali
 

La rivista teatrale online www.ateatro.it ha ricevuto, in forma anonima, questo testo.
Riteniamo si tratti del verbale d’interrogatorio dell’attore comico Paolo Rossi, condotto da una sedicente “Commissione per la Attività Anticostituzionali”, in data imprecisata, ma probabilmente pochi mesi prima dell’incoronazione di Berlusca I.
Il documento non ha alcun valore legale, ma ci sembra ugualmente opportuno metterlo a disposizione dei lettori. Ripercorre infatti la carriera del notorio sovversivo teatrale Rossi, evidenziando le sue attività estremistiche, dai tempi della prima giovinezza fino a epoche più recenti.
La lettura di questo documento e dell’allegato cartaceo, così come la visione del filmato allegato, va condotta con cautela: è riservata ad adulti che abbiano superato tutti i test di affidabilità politica del nostro beneamato Ministero per l’Ordine e la Pacificazione.

Abbiamo tuttavia ritenuto opportuno darne ampia diffusione, sia sul sito sia nelle librerie (BUR senzafiltro).

La prima parte di questo testo è stato pubblicato in ateatro 96.


Più specificamente la sua carriera nel campo del cabaret come è iniziata?

Parallelamente a quella normale, e poi si è ampliata nel periodo di Comedians. Era una situazione paradossale: buona parte degli attori che la sera facevano Comedians, che parlava di un gruppo di giovani artisti che vogliono dedicarsi al cabaret, finito lo spettacolo andavano davvero a farsi le ossa nei cabaret milanesi. A volte non ci cambiavamo neanche il costume.

Leggo dalla locandina dello spettacolo i nomi di Claudio Bisio, Silvio Orlando, Antonio Catania, Bebo Storti... Qualcuno di loro ha messo la testa a posto ed ha avuto grande successo, altri invece hanno insistito nella collaborazione con figure equivoche, come Nanni Moretti. Lei cosa ha imparato da quella esperienza?

Forse lì è nato uno stile su cui insisto molto quando parlo della mia compagnia. Per me sul palco devono comunque coesistere la persona, l’attore e il personaggio. Poi dopo, sulla scena, nel gioco delle parti, a seconda delle situazioni, verrà fuori più l'attore, il personaggio o la persona.

Ma questo equilibrio lei come è riuscito a trovarlo nel corso degli anni?

Con una reazione di ossidoriduzione! Ho cercato di mettere insieme il rigore di Shakespeare, quello che ho imparato da Cecchi, con il delirio che si respirava in un cabaret come il Derby Club o in altri locali. La mia prima convinzione, quella che forse dovrebbe essere la convinzione più semplice di ogni attore, è che devo comunicare. Non avevo appoggi o protezioni di nessun genere, l’unico sostegno che potevo trovare - l'unico che tuttora mi rimane, visto che io (come lorsignori sanno bene) non ricevo sovvenzioni statali - era quello di portare il maggior numero di persone possibile in teatro, senza per questo comunicare qualcos’altro da me stesso, senza per questo diventare commerciale.

Ho estratto dai nostri archivi alcuni ritagli sui suoi primi anni in quei sordidi locali. Qui per esempio lei viene definito “il Lenny Bruce dei Navigli”. Può spiegarmi che cosa significa?

Credo di essere stato uno dei pochi ad aver avuto la possibilità di vedere un cortometraggio originale che aveva come protagonista il comico americano. Mi colpivano molto due cose: l’energia, l’aggressività, la forza della sua comicità; e un linguaggio che usciva dai canoni del vaudeville americano o del comico alla Jimmy Durante. E’ un po’ il clima che abbiamo ripreso in Comedians. Insomma, tutto questo ha qualcosa a che fare con quello di cui stavamo parlando. Le strade principali che potevano prendere i personaggi di Comedians erano due, e la risposta l’ho trovata anche in Lenny Bruce. Perché a un certo punto è necessario scegliere quale tipo di comicità fare: una comicità che non faccia pensare la gente oppure una comicità più amara, che giochi più sul grottesco, che stia sempre sul filo tra il tragico e il comico, che parli della realtà di oggi, ma spostando i punti di vista. Questi due tipi di comicità sono come due caramelle: mentre la prima è una caramella che alla fine guasta i denti, quella che ho scelto io è una caramella balsamica. La seconda regola è una tiritera che facevamo a Comedians prima di entrare in scena. Diceva: “Trasgredire per trasgredire trasforma il trasgressore in traditore”. Vi pregherei di metterlo agli atti.

C’è un ulteriore aspetto che riguarda il procedimento a suo carico. Ci risulta che a voi attori di cabaret sia molto caro il procedimento dell’improvvisazione, che lei ha già evocato. Lei capirà che tutto questo riguarda anche l’intenzionalità o la preterintenzionalità degli atti da lei compiuti e dei reati eventualmente commessi. Questo per noi è un punto delicato. All’inizio lei parlava di stati di alterazione mentale che facilitano la comunicazione: questa condizione potrebbe eventualmente essere considerata un’attenuante o un’aggravante, a seconda del contesto e della situazione. Quando lei va in scena - o meglio, quando andava in scena a parlare della Costituzione - quanto di quello che lei diceva era preparato, prestabilito in anticipo, e quanto invece succedeva all’impronta, senza che ci fosse uno studio preventivo?

Gentile corte, quando parlo di stato di trance non parlo, come dire, di una perdita di conoscenza, parlo di un altro tipo di conoscenza..

Tenga presente che tutto quello che ci sta dicendo potrà essere usato contro di lei.

Intendo precisare che non intendo assolutamente appellarmi all’incapacità di intendere e di volere. Del resto mi sto difendendo da solo perché il mio avvocato mi aveva suggerito proprio questa strategia difensiva. Ma io mi rifiuto assolutamente di ricorrere all’incapacità di intendere e di volere. Perché dietro l’improvvisazione c’è sempre una volontà. Io ho insegnato recitazione e continuo a insegnare improvvisazione nelle scuole...

Questa già ci pare una contraddizione: che cosa vuol dire insegnare a improvvisare?

Vede, l’improvvisazione richiede una disciplina quasi militare. E’ necessaria la costruzione di regole ferree che devono essere rispettate. Se ci fosse un codice dell’improvvisazione, la prima regola in assoluto sarebbe questa: per un anno gli studenti non dovrebbero esprimersi, ma solo ascoltare. Devono prima di tutto imparare ad ascoltare. Quindi ecco perché io, quando parlavo dei miei inizi - se mi permettete questo flashback...

Non creda di intimidirci con questi paroloni! Abbiamo letto Ejzenštejn anche noi...

Per tornare indietro un attimo, al periodo in cui ho iniziato, noi artisti credevamo ingenuamente che l’improvvisazione fosse un’arte molto diffusa, estemporanea, che chiunque si potesse esprimere allo stesso livello, da artista. Di questo e solo di questo posso fare ammenda, davanti a voi. Ne ho fatto esperienza in alcune performance collettive in una chiesa sconsacrata di Brera, San Carpoforo, negli anni Settanta: in una serata dedicata all’improvvisazione e all’happening, ci fu chiesto di portare uno strumento perché eravamo convinti tutti fossero in grado di suonare. Probabilmente ho vissuto quell’esperienza in uno stato di trance - forse era diverso dallo stato di trance di cui dianzi si parlava, posso confessarlo perché ormai è prescritto: penso che i fatti risalgano più o meno al ’73. Sul momento ci parve di fare collettivamente un Requiem di Mozart diretto da Mick Jagger. In realtà credo fosse una puttanata solenne. Quella sera, quando ho faticosamente recuperato la lucidità, ho cominciato a capire alcune cose. Quindi, per rispondere alla vostra domanda, nelle mie cosiddette improvvisazioni c’è volontà e c’è premeditazione, perché comunque tutto quello che in teatro si improvvisa è il frutto di un training durissimo. A questo punto potrei aprire una discussione su questo tema: senza regole, non si può romperle.

Non divaghi, venga al punto.

Anche in questo caso, direi che c’è una cattiva improvvisazione e una buona improvvisazione. La passione che in me si è sviluppata negli anni praticando l’improvvisazione mi ha portato anche a capire, insieme con altre esperienze di vita, che alcune regole sono necessarie e che queste regole - come cercavo di spiegare in queste adunate che voi chiamate “sediziose” - vanno inserite in un contesto, in un regolamento che difende gli interessi di tutti. Nel caso dell’improvvisazione, gli interessi degli spettatori e degli attori, oltre che quelli dell’autore. Nel caso della Costituzione, queste regole devono essere fatte nell’interesse di tutti, e non solo nell’interesse di uno solo o di un paio di persone.

Non faccia allusioni! Non cadiamo nelle provocazioni, noi! Sempre attingendo ai nostri archivi abbiamo reperito una sua dichiarazione, rilasciata alla “Repubblica” nel 1992: “Io parlavo di tangenti sul pianeta Craxon nel 1983 e dicevano che esageravo. Adesso in tv è tutto troppo facile”. Lei ritiene in qualche modo di aver avuto nel corso di questi anni delle qualità profetiche?

Sarà la storia a decidere se sono stato profetico oppure ho portato sfiga. A volte - se devo essere sincero - mi sfiora il dubbio.

Ma quella profezia è stata un caso isolato o nel corso della sua carriera si sono verificati altri eventi di questo tipo di cui lei abbia memoria?

Beh, ce ne son stati abbastanza...

Può farci altri esempi?

Di corruzione, come avete scoperto, abbiamo cominciato a parlarne ben prima di Tangentopoli. Di Berlusconi abbiamo cominciato a parlarne e sparlarne addirittura prima che diventasse presidente del Milan. Una volta facemmo una volta un pezzo “profetico” - come direste voi - che ci costò e ci costa ancora molto, secondo me: Hammamet. Lo firmammo addirittura in quattordici, per dividere poi le eventuali pene, più che gli improbabili guadagni: non credo che esista una canzone con una lista di autori del testo più lunga. Però nell’occasione prendemmo una posizione che non avrebbe dovuto dispiacere neppure ai socialisti: molto tempo prima del lancio delle monetine in piazza, la manifestazione che spinse Craxi a trasferirsi in Tunisia, facemmo un nostro adattamento di un pezzo di Alfred Jarry, dove si parla di quelli che vanno a tirare la cacca ai palotini: come mia eventuale attenuante, voglio ribadire che prendemmo le distanze anche da questo atteggiamento, qualche tempo prima che si verificasse nella realtà. In Pop e rebelot (1993) parlavamo della società dello spettacolo e prefiguravamo quella che è diventata oggi la politica, che ci ha trasformato tutti quanti più in tifosi o spettatori che non in partecipanti. Però la mia non è una dote sciamanica...

Come fa? Usa l’astrologia, i tarocchi, i fondi di caffé, le ventraglie animali, i voli d’uccelli, l’I-ching? Insomma, da dove arriva questa preveggenza?

Dai bar, dai mercati, dal metrò, dal vivere in questi luoghi, senza mai chiudersi in una lobby di artisti, di attori, di teatranti, senza riferirsi a quello che accade in altri palcoscenici o, ancora meno, in televisione, anche se entrambi - teatro e tv - vanno comunque consultati. Insomma, per immaginare i miei spettacoli parto da quello che mi suggerisce la strada. Del resto, non avendo fatto una scuola di teatro e men che meno un corso di drammaturgia, per costruire i primi pezzi non avevo altro materiale che la mia vita e quello che accade quotidianamente.

C’è un altro aspetto del suo passato che ci interessava approfondire. Ci risulta che nel corso della sua carriera lei abbia subito diversi interventi censori. Insomma, hanno giustamente e lodevolmente cercato di limitare gli eventuali danni causati dal perito chimico Paolo Rossi nelle menti degli innocenti spettatori. Può illustrarci gli episodi più significativi di questa sua carriera di censurato?

Il primo episodio di censura si verificò in RAI, in una trasmissione di Antonello Falqui. Ero l’ospite, mi ricordo che c’era anche Sergio Rubini, e dovevo fare tre o quattro monologhi in tre o quattro puntate. Allora avevo un pezzo che parlava delle infiammazioni. A proposito, ecco un altro caso di preveggenza: era un po’ prima dell’AIDS. Del resto uno dei miei temi preferiti in quel periodo era la sessualità.

Si tratta di un pezzo autobiografico?

No, era un ragionamento teorico-filosofico. Ma lo ammetto, di pezzi autobiografici ne ho fatti parecchi, anche se poi da bravo chimico mischiavo le carte. Certi episodi che capitavano a me, facevo in modo di raccontarli come se fossero capitati agli altri, mentre cose che erano successe agli altri le raccontavo in prima persona. E’ un po’ lo schema di Kowalski, il protagonista dei miei primi spettacoli da autore, Chiamatemi Kowalski nel 1987 e Operaccia romantica nel 1991. Il pezzo incriminato diceva più o meno così: c’è uno che si prende un’infiammazione e fa finta di niente, va con un altro che si prende un’infiammazione e fa finta di niente, che va con un altro e fa finta di niente, si innesca tutta una catena di gente infiammata, finché l’ultimo della catena va col primo, che nel frattempo era guarito da un pezzo. Il censore democristiano vecchio stampo della RAI mi ha spiegato che “infiammazione” non è una parola che si può dire in tv, si trova nella lista delle parole che non si possono dire. Di fronte al mio stupore e alle mie proteste, mi ha dato un consiglio: “Lei non si deve preoccupare, non deve vivere la censura in questo modo. Perché a volte la censura esalta le capacità dell’artista. Sa, anche Petrolini inventò dei termini, dei modi per sfuggire alla censura fascista e in questo modo acquisì uno stile nuovo, originale, particolare. Potrebbe sostituire la parola infiammazione con un’altra, e il tutto avrebbe un tocco surreale, meno volgare”. Non so, non capisco, gli ho risposto, mi suggerisca lei una parola. “Beh, guardi, le dico la prima parola che mi viene in mente: peperone!”. Allora gli ho rifatto il pezzo: “...allora quel tizio va con un altro e si prende un peperone e fa finta di niente, che va con un altro tizio che si prende un peperone e fa finta di niente… Secondo lei peperone è meno volgare di infiammazione?”. Così in tv ho detto “infiammazione”. La seconda censura è avvenuta in teatro, ai tempi della seconda parte di Kowalski, Operaccia romantica. A un certo punto ci fu una denuncia da parte dell’Arcivescovo o di un qualche alto prelato di Carpi, che sollevò un grande clamore giornalistico; mi vennero tolti alcuni teatri in cui dovevo fare lo spettacolo: ebbi una specie di scomunica da tutti i teatri parrocchiali, e all’improvviso lo spettacolo venne vietato ai minori di diciotto anni. Devo precisare che grazie a tutto quel casino lo spettacolo guadagnò molto pubblico!

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All’epoca non mi rendevo ancora conto delle potenzialità della televisione e in un’intervista televisiva dissi che io ritenevo di essere nel giusto, che non ero assolutamente volgare e che avrei sfidato l’Arcivescovo. E feci un’aggiunta. Siccome l’accusa mi pareva medioevale, invocai la prova di Dio in piazza a Modena. La prova consisteva nel camminare sui carboni ardenti, per vedere chi di noi due avesse la ragione di Dio. Infine spiegai che io, essendo lo sfidante, sarei chiaramente partito per secondo.

Comunicò anche data e luogo dell’ordalia?

Sì, e quel giorno ci fu chi andò in piazza del Duomo a Modena, a vedere. Ma non ci presentammo né io né l’arcivescovo: lui perché aveva timore del giudizio di Dio, io perché per me era stato solo uno scherzo. Questo fu il mio secondo incontro con la censura. Dopo di che, più che censura, c’è stata la lotta contro la censura per tutto il biennio di Su la testa! (1992-93) e Il laureato (1994).

Erano spettacoli televisivi, la Rai è sempre stata sotto stretto controllo politico, avranno avuto gioco facile nell’arginare le sue intemperanze...

Però a Raitre c’era un direttore di rete che si chiama Angelo Guglielmi, che ci faceva da scudo satellitare. Durante Il laureato ci venne chiesto che non fosse fatta Hammamet e io d’accordo con Chiambretti dissi che non l’avrei fatta ma all’ultimo secondo invece la feci. Però poi non accadde niente perché ci fu un fatto...

Era l’epoca del primo governo Berlusconi?

Esatto, complimenti per la documentazione...

La trasmissione Il laureato veniva ospitata nelle università italiane. Dove si trovava quel giorno?

Quel giorno noi stavamo a Napoli, nello stesso albergo del Presidente del Consiglio, per la precisione al piano di sotto. Era proprio il giorno in cui a Berlusconi arrivò l’avviso di garanzia. Se posso dare il mio contributo alla memoria collettiva del paese, mi permetto di ricordare la mia partecipazione a quell’evento storico. Quella sera feci una telefonata alla reception chiedendo se, per favore, si potevano sentire meno urla dal piano di sopra, perché io ero un artista, stavo lavorando e per poter lavorare dovevo dormire. Stavo proprio al piano di sotto, serviva addirittura un permesso per poter accedere alla mia stanza, perché era stata dichiarata zona rossa.

Lei aveva il permesso di penetrare nella zona di sicurezza?

Sì, sì.

Una grave falla nei nostri sistemi di sicurezza

Grave, e doppia: ce l’avevo io e ce l’aveva anche Chiambretti, il permesso per la zona rossa.

Mi sembra inutile perdersi in dettagli, attraverso i quali lei vuole gettare un’ombra sulla nostra organizzazione. Preferirei concentrarmi su episodi più recenti.

Una delle ultime due censure, le più note, coinvolge Pericle.

Un noto sovversivo, ci risulta. Un democratico estremista.

No, non si preoccupi, si tratta solo di un cabarettista ateniese a cui mi sono ispirato per un pezzo da inserire in una di queste adunate popolari sulla Costituzione. Tenga presente che il cabaret ateniese ha uno stile democratico, a differenza di quello di Sparta, molto più punk, là buttavano i bambini giù dal palcoscenico... Insomma, non erano molto moderati, gli spartani... Invece Pericle come cabarettista greco era moderatissimo. Mi chiamarono nell’autunno del 2003: “Vieni? Allora vieni? Perché non vieni a fare un pezzo a Domenica In? Bonolis vorrebbe tanto...”. Ricevemmo anche una telefonata da Bonolis in persona: era molto gentile, credo che sia tuttora all’oscuro di tutto quello che è accaduto in seguito. E io ogni volta chiedevo: “Ma siete sicuri?”. E loro: “Sì, sì”. E io: “Ma siete davvero sicuri?”, “Sì, senz’altro”, “Ma siete proprio sicuri?”, “Sì!!!”. Allora, proprio per rispettare la regola, ho deciso che non volevo trasgredire. Così mi sono detto: faccio Pericle, è un pezzo che si trova persino nelle antologie scolastiche. Mi chiesero di mandarglielo. Era un testo scritto da Tucidide, che riferisce il discorso di Pericle agli ateniesi dopo la guerra del Peloponneso. Erano cento volte che chiedevo: “Ma siete sicuri?”, “Sì”, “Ma siete proprio sicuri?”, “Sììììì”. Così gli mandai il testo e chiesi: “Ma siete ancora così sicuri?” e loro mi hanno cominciato a spiegare che “Beh, insomma, mah, non... Sai, è un momento delicato... bla bla bla”. E alla fine: “No, meglio di no”. Più che una vera e propria censura, fu un invito che poi all’ultimo venne ritirato. Per inciso, con la televisione questa cosa mi capita spesso: prima mi chiamano e dopo mi tagliano, mi chiudono, mi rimandano indietro... Per me la televisione è un po’ come una di quelle belle donne che continuano a invitarti, e tu ogni volta vai da lei speranzoso e ogni volta che arrivi a casa sua lei ti tira un cartone in faccia: ma ci ricaschi ogni volta... Però va bene così. L’ultima censura è stata quella di Questa sera si recita Molière, la più ridicola, la più problematica. Io credo molto nella possibilità di coniugare teatro e televisione e penso di esserci riuscito in diverse occasioni, soprattutto con quel Molière, che raggiunse tra l’altro uno share e un’audience pazzeschi, all’una di notte...

Perché lei venne relegato dai nostri previdenti programmatori televisivi in terza serata, sabato 8 gennaio 2005, nella serie che Raidue dedica al teatro di prosa il sabato sera.

Lo vide più di un milione di persone, al confronto dei due-trecentomila che guardano abitualmente Palcoscenico.

Metterei agli atti i dati Auditel della serata: 1.609.000 spettatori, 14,28% di share.

All’inizio, quando mi hanno comunicato il dato Auditel, eravamo tutti contentissimi. Mi sono detto: “Forse, visti i risultati, qualcuno mi chiamerà per propormi un progetto di teatro in televisione...”. Però subito dopo, quando ho visto meglio i dati, ho subito aggiunto - senza punteggiatura e senza pausa - “ma forse mi taglieranno la seconda puntata”. E così è stato: il 15 gennaio la seconda puntata non è andata in onda. Per inciso, le due puntate erano state registrate, dunque le avevano viste tutte e due prima della messa in onda.

Così hanno mandato in onda solo la prima parte dello spettacolo?

Sì, solo il primo atto.

E il secondo quando l’hanno mandato in onda?

Ci furono molte discussioni.

E stiamo ancora aspettando?

Sì, stiamo ancora aspettando.

Così i telespettatori non sanno come va a finire il suo Molière?

No, la settimana dopo hanno trasmesso uno spettacolo su Fred Buscaglione... Ma devo aggiungere - e ci tengo a ribadirlo alla corte - che non intendo assolutamente raccontare questi aneddoti per costruirmi una carriera sul piedistallo del censurato. Infatti ritengo che il rischio della censura faccia parte del mio mestiere. Quindi è certamente giusto denunciare ogni censura, e io l’ho fatto sia informando la stampa sia con denunce civili o penali. Tuttavia non credo che sia giusto indossare i panni della vittima, anche perché le vittime non siamo certo noi. In primo luogo perché comunque noi un palcoscenico e un riflettore ce lo siamo già conquistati, e comunque abbiamo un mestiere. In secondo luogo perché la vera vittima è il pubblico. In terzo luogo perché non bisogna essere ipocriti: noi comici molto spesso ci divertiamo a far casino, perché il rapporto con il potere - e dunque con la censura - fa parte della genetica del comico. Soprattutto quando abbiamo già conquistato un palco, e dunque conosciamo le regole…

Dunque perché sollevare ogni volta una gazzarra indegna?

Il fatto va comunque denunciato, e va denunciato soprattutto lo stato in cui versa il mondo dello spettacolo e della comunicazione in Italia. Anche su questo c’è un bell’articolo della Costituzione: non solo lo Stato italiano difende la libertà di espressione, ma si prende cura anche della cultura e del nostro patrimonio.

Si tratta dell’articolo 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Vede che la conosce anche lei, la Costituzione?

L’articolo 9 non è stato ancora cambiato e non ci risultano proposte in tale direzione.

Anche perché sarebbe inutile. L’articolo 9 di fatto non viene rispettato, e i più penalizzati sono i giovani, quelli che iniziano adesso, e non solo quelli che fanno satira, non solo i cosiddetti “comunisti”, ma tutti quelli che hanno idee intelligenti o quantomeno originali in un paese che ormai vive nel completo abbandono culturale. Sono loro a essere penalizzati, ancor più di quelli che subiscono il taglio delle sovvenzioni. Sono i giovani le vere vittime!

Si calmi, questo non è un comizio, questo è un interrogatorio! Riprendiamo con ordine e ripartiamo dal fatto specifico. Il suo spettacolo ha per tema la Costituzione. Prima di tutto ci è difficile comprendere come mai a un guitto di seconda fila, un perito chimico senza alcuna preparazione giuridica, abbia deciso di occuparsi della carta fondamentale della Repubblica italiana.

Posso permettermi di dire che l’unico a mantenermi è il popolo, se possiamo usare ancora questo termine: il popolo che si ritrova la sera nei teatri. Sono responsabile della scelta dei testi e dei temi dei miei spettacoli solo nei confronti di queste persone. Dunque nel scegliere di fare uno spettacolo, devo tener conto di due cose: prima di tutto devo sentire qual è il problema, il conflitto, la storia che più gli interesserebbe sentirsi raccontare.

Questa è la scusa che usa con sua moglie per passare le giornate al bar...

O per dirle: “Esco a lavorare”, e invece vado a bighellonare in giro per la città. Poi c’è la seconda parte, il mestiere, oltre alla parte sociale. E lì è necessario buttare l’occhio su un testo comico...

Secondo lei la Costituzione è un testo comico?

Assolutamente sì. Ma non perché la Costituzione sia comica. Quello che fa ridere è la frattura, lo iato, il buco nero, la sospensione, la pausa, che c’è tra la regola scritta e la vita che viviamo, o il modo in cui questa regola viene applicata. Quel buco, quella sospensione è una delle migliori pause comiche, per cui a un certo punto diventa più comico fermarsi e lasciare che il pubblico ti prepari la battuta.

Dunque lei, in quanto attore comico, trova nella Costituzione un buon materiale per i suoi spettacoli, per far divertire il pubblico. C’è tuttavia un secondo aspetto che vorrei approfondire: che legittimità ha lei per occuparsi di questioni così elevate, seppure nella sua abituale goliardica? Con tutti i professionisti seri che se ne occupano - giuristi, politici, editorialisti, intellettuali - chi le ha dato il permesso di occuparsi della Costituzione?

Il permesso me l’ha dato il popolo, come le dicevo prima. E’ solamente a lui che rispondo. Tuttavia, se dovessi scendere nei particolari, posso addurre delle spiegazioni, delle giustificazioni storiche. Nel momento in cui i parlamentari, i politici - non parlo solo di quelli di governo, quelli a voi vicini - ma...

La prego di notare che noi non siamo vicini al Governo: siamo vicini al potere, in linea di principio...

Mi consenta... Ooops, mi scusi se ho usato questa espressione... Ma - mi consenta - lei ha perfettamente ragione. Il politico oggi, se ne rendono conto tutti, in una politica che ha trasformato i cittadini in tifosi, ha un ruolo diverso. Ne stavamo parlando prima: mi pare impossibile che la politica non diventi tifo, dopo che il calcio era già entrato nella politica. E non solo da quando il Presidente del Consiglio è diventato presidente del Milan

In effetti è accaduto l’esatto contrario: il presidente del Milan è diventato Presidente del Consiglio.

Effettivamente volevo dire esattamente questo. Prima hanno portato il calcio dentro la politica, e oggi la politica rientra dentro il calcio. Perché la società ha bisogno di equilibri: è come nelle reazioni chimiche.

Un secondo cambiamento al quale ha già accennato riguarda la spettacolarizzazione della politica. Anche questa mi pare una scusante che lei usa per giustificare il suo impegno politico.

Oggi tutti ci rendiamo conto che un uomo politico può raccogliere più consensi quando va in un talk show e fa, diciamo così, un monologo. A volte una battuta detta al momento giusto nel programma giusto sposta più voti di un progetto politico, di un contenuto serio. Allora per mantenere la società in equilibrio, ecco che i comici hanno cominciato a occuparsi delle cose di cui i politici non si occupano più. Vado in giro e ne parlo. Nel caso dei politici, questo tipo di tournée si chiama campagna elettorale: ora la fanno in pullman, in camion, in bicicletta...

Perfino sulle navi da crociera.

Io vado a piedi, per strada, per sentire i problemi della gente, quindi potrei essere accusato di vagabondaggio... Detto questo, rispetto all’accusa che mi avete riferito, devo aggiungere che c’è un altro equilibrio che va sistemandosi. Un tempo, fino agli anni Cinquanta, il comico aveva studi che si potevano fermare alla terza media, più o meno, mentre chi aspirava alla carica di statista era plurilaureato, uno studioso. Oggi è molto più facile trovare un comico che si è fermato, come me, a tre esami dalla laurea, oppure un comico con due lauree due, come molti dei miei colleghi. Mentre un politico che si occupa del Ministero dell’economia o del Ministero dei trasporti può avere alle spalle studi molto più limitati.

Per quanto riguarda la sua preparazione giuridica, per lavorare a questo spettacolo che strumenti ha utilizzato? Ha chiesto aiuto, consulenze? Quali sono i suoi complici?

Non ho fiancheggiatori. E anche se li avessi non farei i nomi. Ho cominciato a capire la Costituzione alla prima replica. Come tecnica, prediligo recitare con il pubblico, e non al pubblico, come amo spesso ripetere: mi piace capire insieme agli spettatori i loro problemi. Attenzione, però: nello spettacolo io mi sono occupato solo dei principi fondamentali.

Ovvero la parte prima della Costituzione..

Sì, quella che si trova nella prima parte dello spettacolo e del DVD che ne è stato ricavato. Della seconda parte della Costituzione vengono poi tirati a sorte tre articoli, nella seconda parte dello spettacolo. Anche perché le estrazioni a sorte, in questo paese, comunque sono..

È quello che tiene in piedi l’Italia..

Tiene in piedi l’Italia, e anche i miei spettacoli. Ma torniamo ai principi fondamentali. Proprio per la loro stessa natura, sono molto semplici. Però nella loro elementarità ti fanno capire le contraddizioni, anche se insisto a dire che io non ho fatto uno spettacolo giuridico, un’opera di genere teatral-giuridico, ma ho fatto uno spettacolo che più che un genere teatrale è un genere di conforto.

Può esplicitare questo concetto, che ci rimane oscuro?

Penso che sia il dovere di un comico, quando fa una scelta come la mia. “Genere di conforto” significa portar da mangiare a chi è bloccato in autostrada, perché magari è nevicato. “Genere di conforto” significa portar da mangiare a una festa. Il genere di conforto serve comunque a tener alti lo spirito e il morale. In realtà, Il signor Rossi e la Costituzione ha fatto da traino a manifestazioni ben più serie, che hanno accompagnato la tournée in maniera collaterale. Perché chiaramente il nostro era uno spettacolo comico, e la riforma della Costituzione è un argomento molto serio. Questo non lo dico per alleviare o per aggravare il peso delle mie personali responsabilità, ma perché così è accaduto. Infatti nelle mie tournée cerco sempre dei partner seri con i quali mi posso coordinare.

Deve fare i nomi dei suoi complici, di questi cosiddetti “partner seri”. Deve nominare le associazioni o i gruppi...

Non intendo fare i nomi, ma comunque si sanno, li conoscete benissimo anche voi: sono personaggi molto esposti. Non intendo fare nomi, e ritengo che loro non faranno il mio. Stiamo parlando anche di personalità molto in vista, di associazioni di cittadini benemeriti.

Lasci giudicare a noi se sono davvero “benemeriti”. Glielo abbiamo già detto: si limiti a rispondere alle nostre domande. Mi ricollego alla questione posta in precedenza: quanto conta l’improvvisazione e quanto conta il copione nel suo lavoro? Lei non ci ha risposto, ma per noi è importante valutare l’intenzionalità del comportamento criminale.

La domanda non è pertinente. Se fossimo negli Stati Uniti potrei appellarmi al quinto emendamento. Ma mi permetto di contestare la domanda in sé, perché l’attore sopravvive grazie ai suoi trucchi. Si sa bene che in teatro, se io cado veramente, la gente si mette a ridere, mentre se fingo di cadere gli spettatori si spaventano. Quindi, senza vedere lo spettacolo più di una volta, è molto difficile capire che cosa è provato e che cosa non è provato. Credo che lo stesso problema sia stato posto anche ai comici dell’arte prima della Controriforma. All’epoca non c’era la televisione, se alle compagnie dei comici dell’arte toglievano i teatri non potevano più lavorare, e così i comici dell’arte sono andati in Francia e hanno arricchito il bagaglio di Molière... Ma siccome nel nostro mestiere rubare è legittimo, noi di recente abbiamo di nuovo rubato a Molière quello che lui aveva rubato agli attori italiani, e così via.

Per il momento accantonerei questa sua apologia di un reato come il furto. Proverei invece a formulare la domanda in un altro modo. Lei dice: “Recito con il pubblico non per il pubblico”. Dunque le diverse repliche sono molto diverse l’una dall’altra?

Se uno torna a vedere lo spettacolo dopo due o tre giorni, no. Se lo vede dopo una settimana, è abbastanza cambiato. Se lo vede dopo un mese, è notevolmente cambiato.

E che cosa cambiava nel corso delle repliche? Non mi riferisco ovviamente ai dettagli...

I cambiamenti avvenivano in una maniera abbastanza paradossale. Era il potere che ci scriveva le battute, che ci suggeriva le nuove gag e le nuove situazioni. Non andavamo a pescare solo nella cronaca, perché non credo che la cronaca vada cavalcata a oltranza. Ma nei momenti, diciamo così, d’appoggio, cioè nei momenti più deboli dello spettacolo, era la cronaca a modificare il testo. A volte, in un ragionamento comico su un articolo della Costituzione, si proponeva un tema e quel tema rimaneva lì, sospeso, per un mese, per due mesi; poi una sera, per una strana sinergia chimica tra gli attori e il pubblico, quel tema veniva sviluppato. Ad esempio la riflessione sull’articolo 4, quello che dice “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”, veniva proposta nello spettacolo in due forme. A volte veniva affrontata in maniera seria, altre volte in maniera delirante, perché era l’articolo a essere scritto in maniera complicata, e allora in questo caso il divertimento era mettersi tutti insieme, noi e gli spettatori, a cercare di interpretare un articolo scritto in una lingua un po’ troppo alta per il popolo, e quindi divertirsi a immaginare cosa si poteva intendere con quell’articolo.

Può dirmi brevemente quante, quali e dove sono state queste adunate sediziose intitolate Il signor Rossi e la Costituzione?

Siamo andati in tutta Italia, dalla Sicilia a Bolzano, ed è andata sempre bene. L’unica volta che non è andata bene è quando siamo andati a Lugano, ma non perché non capivano la nostra lingua, ma perché il problema non li riguardava. Così a quel punto abbiamo girato la partita in un altro modo, abbiamo fatto uno spettacolo sui quattro cantoni e quindi..

Dal punto di vista del numerico, mediamente queste adunate sediziose quanti ribelli raccoglievano?

Una media di un migliaio di persone.

Quindi una quantità consistente di potenziali sovversivi.

Ma non erano solo sovversivi: c’era anche gente di destra che veniva a vedere lo spettacolo.

Che tipo di reazione aveva lo spettatore di destra?

Mediamente rideva nei momenti in cui poteva permettersi di ridere. Molti alla fine venivano in camerino per dirmi: “Non la penso come lei, ma ho apprezzato molto il suo lavoro...” Penso che non bisogna limitarsi ad avere un pubblico solo di sovversivi.

Anche perché predicare ai convertiti non dà grandi soddisfazioni, immagino.

No, assolutamente no. Ma le dirò di più. Ho riempito i teatri di tutta Italia e su una certa battuta politica sulla mafia ridevano tutti. Prendiamo però la Sicilia: alla fine uno si chiede come mai i risultati elettorali siano altri... Questo lo abbiamo denunciato anche durante la serata.

E a quel punto ogni spettatore indicava il suo vicino... Adesso dobbiamo affrontare un tema delicato. Nei suoi spettacoli ha spesso preso di mira Silvio Berlusconi. Ci può dire brevemente che tipo di rapporto ha avuto con il nostro amato Premier? L’ha conosciuto? Ci sono dei motivi di risentimento personale dietro questa sua incomprensibile animosità?

No, non ci sono motivi personali. L’unico incontro è avvenuto quando io, mentre facevo Saved di Bond e non incassavo molto con i ragazzi della Civica Scuola d’Arte Drammatica, facevo il ballerino di fila in un programma che si chiamava Pop Corn.

Uno dei programmi più famosi della televisione commerciale italiana.

Facevo il ballerino di fila, con i capelli tinti

Di che colore?

Rossi..

Questo ci sembra un ulteriore indizio. Cerchiamo una foto e mettiamola agli atti!

Nelle pause andavo a dormire nella sartoria. Un bel giorno si è aperta la porta, si è illuminato l’uscio, ed è apparso. Perché lui non arriva, appare... E mi ha chiesto: “Ma questa è la sartoria?”. E io senza sapere chi fosse: “Beh, la cucina non mi sembra”. Dopo di che non so se ha sentito, se non ha voluto sentire o se ha capito chi ero. Questo è stato il nostro unico incontro fisico.

Metta la maiuscola, quando Lo nomina! In ogni caso questo equivoco non giustifica un’animosità che dura da decenni.

Beh , diciamo che non mi era simpatico, quella figura di imprenditore non mi piaceva. Ma è stato lui a rompere le scatole a me per primo, quando con un certo tipo di tv è entrato nel mondo del comico e soprattutto nel mondo del cabaret. E’ stato come Custer con il settimo cavalleggeri: ha devastato luoghi che erano palestre di follia, di originalità, di invenzioni paradossali. Una volta la televisione non era così aggressiva, i comici erano pochi e dovevano farsi una gavetta. Lui è arrivato con una centuplicazione dell’offerta sul comico, ma alle sue condizioni. Prima del suo avvento i luoghi dove ho lavorato erano davvero spazi di folle creatività..

All’epoca chi si esibiva con lei al Derby Club?

Beh, c’erano tutti. Aldo Giovanni e Giacomo agli inizi. Teocoli e Boldi che erano al massimo. Poi c’erano Faletti, Iacchetti, per un pelo l’ultimo Abatantuono. Ogni tanto veniva uno dei grandi, passava a fare una serata.

Tipo Jannacci Enzo?

No, non più. Però c’era Claudio Bisio, e veniva Alessandro Bergonzoni, che allora lavorava in duo, si chiamavano i Piccioni di Piazza Maggiore. Dopo di che è partita questa centuplicazione dell’offerta. In quelle condizioni nessuno perseguiva più uno stile personale, ma quello richiesto da chi ti commissionava il lavoro. In quel momento ero pieno di passioni e di entusiasmi, credevo in una forma teatrale, e così incominciò la mia fuga verso i locali dei Navigli. E alla fine sono approdato alla fondazione dello Zelig. Il primo Zelig...

Ripeto però che questa non mi sembra una ragione sufficiente per giustificare questa autentica persecuzione nei confronti del Premier. Lei a che squadra tiene, per esempio?

Ah beh, posso dirlo, per la seconda sempre. Che tragedia sarebbe stata la mia vita se lui avesse assunto la presidenza dell’Inter! Quando ha comprato il Milan, se ben mi ricordo, era il periodo in cui faceva Risatissima, tra l’altro. Dopo di che si è messo in testa di diventare anche Presidente del Consiglio... Insomma, sono convinto che sia stato lui per primo a occuparsi della mia vita. E io mi sono trovato costretto a reagire.

Vi siete incontrati per caso in quella sartoria. Poi Lui ha fatto tutto quello che ha fatto, mentre lei è rimasto, diciamolo, poco più che un ballerino di fila. Si sente all’altezza di confrontarsi con Lui?

Come comico assolutamente no. Io so riconoscere quando un collega mi è superiore, tecnicamente, nell’improvvisazione, nei costumi, nei modi, nella gestualità. Anche se oggi, adesso che comincia a essere in difficoltà, forse vuol farmi capire che è finita una collaborazione artistica che dura da molto tempo.

Ah, lo ammette: su questo un po’ c’è campato!

Accidenti, se ci ho campato. Però se non ci fosse stato lui ci sarebbe stato qualcun altro: ci sarebbe ancora Andreotti, o un altro democristiano. Ai tempi dei miei esordi c’era Craxi, che mi ha creato qualche problema.

Quali? Censure? Pressioni?

No, no, concorrenza sleale. Perché ha un po’ banalizzato il nostro lavoro: bastava ripetere quello che diceva lui per creare ilarità. Invece Andreotti ti costringeva a fare dei ragionamenti sottili, un po’ come accade a un certo punto in questo spettacolo. Ma devo ammetterlo: sì, ci abbiamo campato, su Silvio e compagnia. Però, lo ripeto, ci ha anche danneggiato: è stato lui il primo ad occuparsi di noi, a invadere il campo con le sue televisioni.

L’ultimo blocco di domande riguarda l’accusa specifica che le viene rivolta, cioè la sua testarda difesa di una Costituzione ormai superata. Perché si sente di dover difendere con questo accanimento terapeutico un testo ormai desueto? In fondo quella versione della Costituzione ha sessant’anni, e in questi sessant’anni son successe tante di quelle cose… Un bel remix forse la rilancerebbe.

Forse mi ripeto. Penso che un libro di regole possa essere cambiato, ma sono altrettanto convinto che sia necessario avere delle regole. E questo libro delle regole deve essere scritto e redatto nell’interesse di tutti. Quando viene stravolto e modificato per garantire gli interessi di uno o della cricca di quell’uno, diventa un problema, perché si viene a creare un’assenza di regole. Facciamo un esempio: se noi ammettiamo, come ammettiamo, che ci sono le tabelline e io dico 2+1 fa 3, nessuno può domandarmi perché, perché 2+1 fa 3, perché ci sono delle regole e queste sono le tabelline. Ma se non ci sono più le tabelline, se mi dici che 2+2 fa 4, io posso dirti: “Ma per me fa 5” e un altro può dirmi che fa 1. Questa non è quella che io chiamo libertà, che venga fatta con i numeri, con le parole, con le azioni, con le leggi o quant’altro: questo vuol dire non avere riferimenti. E allora si può dire tutto e il contrario di tutto, è vero: ma questo è patrimonio del comico.

Poter dire tutto e il contrario di tutto?

Sì, perché il comico si muove in un certo ambito, ben preciso.

Non si dilunghi, crediamo di aver capito: nell’ambito del comico la logica ha un altro valore, e le contraddizioni possono trovare spazio, fino all’invenzione surreale...

Ma se il potere comincia a copiare il nostro linguaggio, io mi difendo, reagisco. Fa parte del mio mestiere. Devo attaccare il potere sottolineando il paradosso di questo linguaggio.

In effetti questo è un filone che lei ha già sfruttato. Il 16 dicembre 1992 ha dichiarato al giornale comunista “il manifesto”: “Ormai i giornali mi chiedono l’opinione anche sulla proporzionale, si vede che in un momento di vuoto politico la linea politica la dettano i comici”. Se non è l’annuncio di un golpe, poco ci manca.

Quando il potere inventa un termine come “guerra umanitaria”, dobbiamo renderci conto che è una gag, perché la guerra non può essere umanitaria, perché l’orgia non può essere moderata, perché il nazismo non può avere un volto umano, perché lo stupro non può essere affettivo.

A proposito, a un certo punto lei ha creato spettacoli dove si parlava del nazismo anche in una maniera abbastanza curiosa.

L’ho fatto più volte. Nel 1993 ho portato in scena Jubiläum di Georg Tabori. Nel 1992, nella prima puntata di Su la testa!, facevamo un trio di nazisti, in un numero che usciva da quello spettacolo. Anche lì son stato profetico: dicevo che in realtà i nazisti avevano le camicie brune ma, visto che a quel tempo si girava in bianco e nero, sembrano verdi.

L’ultima domanda. Ha ammesso lei stesso che la Costituzione è un libro che può essere cambiato. Ma allora c’era davvero bisogno di fare tutta quella confusione? Non bastava ritirarsi con qualche amico in una baita, belli tranquilli, e tra pochi amici fidati con l’aiuto di un paio di biccheirini di grappa, mettere a punto qualche piccolo suggerimento e poi portare il risultato al nostro Silvio, che Lui senz’altro vi dava retta, nella sua infinita bontà?

Penso ci abbia pensato prima lui, a mandare qualcuno in baita a riscrivergli la Costituzione. E tra comici una cosa del genere si rispetta. Quando un collega inventa per primo una situazione, quella situazione è sua.

In questa sua opera sediziosa ha goduto di ampie complicità.

Intorno a questo spettacolo sono nate numerose manifestazioni, e ci sono molte situazioni a cui questo spettacolo si è accodato: a volte abbiamo fatto due o tre repliche del Signor Rossi e la Costituzione al giorno, perché alla mattina eravamo in una scuola, dove si affrontava il tema in un certo tono, alla sera eravamo in un teatro e lo si affrontava in maniera più divertente, e poi nel dopo-spettacolo andavamo a una manifestazione in cui se ne parlava di nuovo in maniera più approfondita....

Il reato continuato è un’aggravante…

Sì, ma io non ci rinuncio, alle aggravanti…

E che pena si assegnerebbe per i suoi delitti?

Dobbiamo fare un discorso onesto, a questo punto, guardandoci dritti negli occhi. Vede, per me la pena peggiore sarebbe mandarmi in Polinesia.

In Polinesia, in una di quelle meravigliose isole dalla vegetazione lussureggiante, popolate di fanciulle di meravigliosa dolcezza che ti accolgono con corone di fiori, corpi rigogliosi e sorrisi che ti aprono il cuore, e frutta dai sapori soavi e acque cristalline...

Sì, sì, esatto, proprio lì non mi dovete mandare. Sicuramente è una terra meravigliosa, anche se sono passati i tempi del Bounty. Però là, in quella terra così lontana e misteriosa, mi è stata posta una domanda che mi ha fatto capire perché non potrei mai restare là. A un certo punto un polinesiano mi ha chiesto che mestiere facessi. Gli ho detto che facevo il comico, ma il mio inglese non è particolarmente fluente, non mi capiva, e così ho dovuto spiegargli che cosa vuol dire comico. Sono dovuto scendere al minimo comun denominatore: “Il comico è un artista, un attore, che racconta storie, insieme ad altri o da solo, che fanno ridere la gente”. C’è stata una gran pausa. “Ma perché? Voi avete bisogno di pagare qualcuno per poter ridere?”

Allegato: Ulteriori notizie sui personaggi citati dall’imputato

Nel corso della sua deposizione, l’imputato ha citato diversi personaggi, che hanno avuto ruoli di rilievo nel corso della sua carriera criminale. Poiché molti dei nostri funzionari non hanno dimestichezza con gli ambienti frequentati dal de cuius, riteniamo utile fornire alcune informazioni ricavate dai nostri dossier.
Si noterà peraltro l’abilità dell’imputato: come potenziali complici delle sue azioni sovversive ha citato in gran parte personaggi deceduti (e dunque non penalmente perseguibili) o già ampiamente noti a questi uffici per le loro opere sediziose. Tuttavia la menzione di tali individui di dubbia fama e moralità conferma la pericolosità del soggetto e lascia ipotizzare l’esistenza di un’ampia rete di protezione e complicità.


Ariel (?-?) misteriosa figura dalla professione e dalla nazionalità indefinite (probabilmente trattasi di extracomunitario immigrato clandestinamente). Irreperibile. Sul personaggio i nostri dossier risultano purtroppo insufficientemente documentati. Da quanto ci ha rivelato un nostro informatore, si tratterebbe di un pusher attivo in un’isola imprecisata del Mediterraneo qualche secolo fa: a giudicare dalla testimonianza di tal --> Shakespeare William (acquisita agli atti con il titolo di Opera omnia), grazie all’utilizzo di sostanze di origine ignota il sunnominato Ariel era in grado di provocare allucinazione e stati di eccitazione erotica; queste esperienze sono note agli iniziati come “Tempesta”). Per quanto possa sembrare strano, non risulta deceduto. Riteniamo opportuno approfondire le indagini.

Berberian Cathy (1925-1983) cantante lirica di origine armena. Deceduta. Una anti-diva dalle straordinarie qualità vocali. Moglie del compositore Luciano Berio dal 1950, ha interpretato diversi suoi brani. Il suo repertorio andava dalla musica classica alla musica contemporanea, ma si è fatta notare anche per le sue inventive e virtuosistiche interpretazioni di brani pop, a cominciare da alcuni hit dei Beatles.

Berlusconi Silvio (1936-) chansonnier, intrattenitore e impresario. Difficilmente reperibile, in quanto orbita continuamente tra le sue numerose residenze. Per eventuali urgenze rivolgersi ai nostri servizi. In gioventù, accompagnato al pianoforte del sodale Confalonieri Fedele (secondo altre fonti dal fedele Confalonieri Sodale), debutta al Tortuga di Miramare di Rimini e in locali milanesi come il Gardenia e il Carminati; ottiene grande successo come cantante confidenziale sulle navi da crociera Costa. Di recente firma un cd di brani sentimentali con il cantante partenopeo Michele Apicella, noto nel suo ambiente come “il Posteggiatore”. Al Festival di Napoli (2002), trasmesso in diretta su Retequattro e condotto da Iva Zanicchi, viene presentato ’A gelosia (Berlusconi-Apicella): «Dinta ’stu core tengo sul'a'tte / te voglio bene ma me faie suffrî / te voglio bene ma me faie mpazzì / me guarde e rire e nun me vuò sentì». Nel tempo libero ha costruito città (Milano 2), fondato un impero mediatico (Mediaset), comperato quotidiani (“il Giornale”) e case editrici (Mondadori, Einaudi, Sperling & Kupfer, Frassinelli...), vinto numerosi derby, scudetti e coppe intercontinentali con il Milan, inventato un partito (Forza Italia), retto un paio di governi della Repubblica assumendo persino qualche interim, governato con due governi in due fasi successive l’Italia, scritto l’inno del suo partito (il suo maggiore hit come cantautore: circa quindici milioni di voti a Elezionissima), prescritto numerosi capi d’accusa a proprio carico, riscritto diverse leggi a proprio favore, proscritto una Costituzione vecchia e datata, reinventato la legge elettorale per limitare i danni di eventuali sconfitti elettorali, arrestato centinaia di terroristi, eccetera eccetera. Nel corso di una lunga carriera nello spettacolo, notevoli i suoi exploit comici: restano memorabili la gag su “Romolo e Remolo” a un vertice internazionale a Pratica di Mare, le corna al ministro degli Esteri spagnolo nel vertice di Valencia, la simpatica barzelletta sul kapò al Parlamento europeo. Insuperabile la sua interpretazione “del contratto con gli italiani”, una cover ripresa dal duo Gingrich-Bush e lanciata con enorme successo a Porta a porta, la trasmissione condotta dal “neo-con” (conservatore con i nei) Bruno Vespa. Notevoli le sue doti in uno dei ruoli più importanti e sottovalutati dell’arte comica, quello di spalla: è stato infatti applaudito protagonista di una serie di grande successo internazionale, con titoli di notevole risonanza, ottimamente recensiti dalla stampa mondiale, tra cui Il mio amico Putin, Il mio amico Bush, Il mio amico Aznar, Il mio amico Blair. Non a caso ha sposato un’attrice, Veronica Lario (alias Miriam Bartolini), da lui apprezzata nel corso di una replica dello spettacolo Il magnifico cornuto al Teatro Manzoni di Milano, da lui ovviamente posseduto.

Bond Edward (1934-) drammaturgo inglese. Formatosi in un gruppo di autori di sinistra al Royal Court Theatre di Londra, è autore di testi provocatori. La sua opera prima è intitolato Il matrimonio del papa (1962). Nella successiva Stoned (1965), un bambino viene lapidato a morte.

Bonolis Paolo (1961-) interprete di pubblicità televisive ambientate in Paradiso. Ma il Paradiso l’ha trovato qui, in Italia, ottenendo contratti miliardari dalle reti televisive Rai e Mediaset. Considerato affidabile dal nostro ufficio politico, ha tuttavia indetto - nel corso della trasmissione Domenica in, lo show domenicale di Raiuno - una sorta di referendum mediatico: alla domanda “Basta con?”, i telespettatori hanno sorprendentemente votato in massa Silvio Berlusconi. Questa iniziativa estemporanea ha dimostrato come i nostri criteri di selezione del personale siano ancora eccessivamente permissivi.

Brecht Bertolt (1898-1956) drammaturgo tedesco, comunista. Deceduto. Considerato uno dei massimi autori teatrali del Novecento. Le sue teorie sul teatro hanno influenzato generazione di registi e attori. Chiunque abbia avuto a che fare con lui o con le sue opere è da considerarsi sospetto.

Bruce Lenny (1924-1966) stand-up comedian (ovvero autore e interprete di monologhi comici) statunitense, noto per il suo umorismo irriverente, metteva a nudo luoghi comuni e ipocrisie dell’America benpensante. Vita sregolata, probabilmente paranoico (vedi il dossier FBI). Deceduto a causa dei suoi eccessi. Al personaggio Bob Fosse ha dedicato un film (Lenny, 1974), protagonista Dustin Hoffman.

Buzzati Dino (1906-1972) scrittore e giornalista italiano, ha lavorato a lungo al “Corriere della Sera”. Deceduto.

Carpoforo San Martirizzato a Como. Nulla risulta a suo carico nei nostri dossier. Irreperibile (eventualmente chiedere ulteriori informazioni a --> Bonolis Paolo, quando torna dal Paradiso).

Cecchi Carlo (1942-) regista e attore italiano. Domicilio abituale: in tournée. Nel suo repertorio, tra gli altri, --> Brecht Bertolt e --> Pinter Harold. Elemento sospetto.

Chiambretti Piero (1956-) conduttore televisivo. Attuale domicilio: La7. Per quanto riguarda l’altezza e la qualità artistica, molte sono le analogie con Rossi Paolo, del quale è stato complice in diverse occasioni, in particolare per il programma televisivo Il laureato (1994), “viaggio ai confini delle facoltà”.

Colla Gianni e Cosetta burattinai milanesi, discendenti di un’antica famiglia di marionettisti. Pur avendo a lungo gestito un teatro nelle vicinanze del carcere di San Vittore, a Milano, non risultano indagini a loro carico.

Comedians (1986) spettacolo culto del teatro e della comicità milanese. Il testo di Trevor Griffiths racconta di un gruppo di aspiranti comici che si presentano a un’audizione. Nella messinscena italiana il regista Gabriele Salvatores (successivamente Premio Oscar per il film Mediterraneo, dove figurano peraltro numerosi interpreti dello spettacolo in questione) raccolse nel cast alcuni attori allora pressoché sconosciuti e destinati a un notevole successo anche televisivo: tra loro Rossi Paolo, Bisio Claudio e Catania Antonio, e poi Orlando Silvio, Storti Bebo, Alberti Gigio, Sarti Renato, Palladino Gianni...

Craxi Benedetto detto Bettino (1934-2000) leader politico italiano, segretario del Partito Socialista (malgrado l’etichetta sospetta, quella formazione politica ha svolto un ruolo encomiabile nel rinnovamento della politica italiana di quel periodo, purtroppo interrotto da una congiura di giudici e/o comunisti). Anche presidente del consiglio. Testimone delle nozze di ---> Berlusconi Silvio con Lario Veronica. Spesso preso di mira dall’imputato nei suoi spettacoli, costretto dalla persecuzione comico-giudiziaria a rifugiarsi in Tunisia, ad Hammamet, dove ha vissuto gli ultimi anni prima della prematura scomparsa.

CTH (Centro Teatrale Hinterland) teatrino dell’off milanese, attivo negli anni Sessanta e Settanta, aveva in Gianni Rossi (deceduto) l’animatore e regista.

Ejzenštejn Sergeij (1898-1948) regista sovietico, apprezzato da Lenin e Stalin e dunque intrinsecamente sospetto. Deceduto. Il suo film più noto, La corazzata Potëmkin, è stata definito dal noto critico cinematografico Fantozzi “una boiata pazzesca”. I nostri agenti, costretti a visionare la pellicola per valutarne la pericolosità, dopo aver confermato il giudizio del critico genovese, hanno approfondito la conoscenza di questo sedicente teorico del cinema leggendo i suoi scritti sul cinema, utilizzati come manuale d’istruzione per il montaggio cinematografico da molti elementi sospetti. Lo sfoggio di erudizione dei nostri agenti può dunque essere scusato.

Derby Club storico cabaret milanese, la mamma di tutti i cabaret italiani. Stava in via Monte Rosa. Lì si sono fatti le ossa generazioni di comici: Cochi (alias Ponzoni Cochi) e Renato (alias Pozzetto Renato), Villaggio Paolo, Jannacci Enzo, Boldi Massimo, Teocoli Teo, Abatantuono Diego e molti altri. Insomma, una sorta di covo. Chiuso all’inizio degli anni Ottanta, non perseguibile causa prescrizione.

Falqui Antonello (1925-) regista televisivo, ha firmato alcuni dei maggiori successi della Rai dal Musichiere (1958-60) a numerose edizioni di Canzonissima.

Fo Dario
(1926-) attore, drammaturgo e regista, noto da tempo a questi uffici per le sue pratiche sedicenti artistiche, dietro le quali si nasconde una metodica sobillazione e istigazione estremista. Nel 1962, quando la Rai si rifiuta di trasmettere un suo sketch per Canzonissima sugli infortuni sul lavoro, che avrebbe certamente creato turbamento nei telespettatori, abbandona la televisione di Stato, da cui si mantiene lontano per anni. Per anni recita nelle fabbriche, nei centri sociali, nei Palazzetti dello Sport, con una struttura organizzativa da lui costituita allo scopo e denominata “La Comune”. Negli anni Settanta occupa e ristruttura un edificio abbandonato di Milano, la Palazzina Liberty, facendone un centro di sovversione culturale. Per queste sue attività, ha ricevuto il Premio --> Nobel nel 1997, suscitando stupore e polemiche. Spesso accompagnato in queste sue imprese dalla consorte Rame Franca (anche sulla signora e sul suo “Soccorso Rosso” i nostri archivi conservano ampi dossier).

Gugliemi Angelo (1929-) critico letterario e dirigente televisivo. Ottenuta nel 1987 la direzione di Raitre, lancia una serie di programmi di notevole successo e di chiara ispirazione sovversiva, tra cui Un giorno in pretura, pericolosa apologia dell’attività giudiziaria e della legalità, Chi l’ha visto?, con l’obiettivo di catturare pericolosi latitanti, Telefono giallo, Io confesso e soprattutto Samarcanda, affidato alla conduzione del notorio Santoro Michele. Di recente è stato avvistato a Bologna, dove svolgerebbe l’attività di assessore alla Cultura con il sodale Cofferati Sergio, meglio noto come “il Cinese”, il quale in seguito a un colpo di Stato della sinistra si è proclamato di recente sindaco della città. In questo quadro, la sua complicità con il Rossi Paolo pare confermare l’esistenza di un progetto eversivo di ampio respiro.

Jarry Alfred (1873-1907) drammaturgo e scrittore francese. Deceduto a causa dei suoi eccessi. Ha inventato, ispirandosi a un suo professore di liceo e al Macbeth di ---> Shakespeare William, il personaggio di Re Ubu, sovrano dei polacchi tanto stupido quanto tirannico. Nella sua corte i “palotini” solo la versione parodistica dei prodi paladini.

Lotta Continua movimento politico di estrema sinistra di ispirazione confusamente marxista, attivo in Italia negli anni Settanta. Deceduto. Pubblicava il quotidiano omonimo, che ha avuto come direttori responsabili, tra gli altri, Pasolini Pier Paolo (elemento purtroppo assai noto ai nostri tribunali, deceduto) e Mughini Giampiero (elemento purtroppo assai noto ai nostri teleschermi, reperibile in molte trasmissioni dedicate al calcio, dove si distingue per apologia di Juventus aggravata e continuata). Alcuni dei suoi leader, tra cui Sofri Adriano, sono stati condannati per l’omicidio del commissario Calabresi, perpetrato a Milano nel 1973. Insomma, questi li abbiamo già incastrati, inutile insistere.

Marocco Club se la moglie è in vacanza, fateci un giro.

Molière (1622-1673) drammaturgo, attore e capocomico francese. Deceduto. Come molti altri suoi colleghi agiva sotto falso nome: si chiama in realtà Poquelin Jean-Baptiste. A causa della sua attività, ebbe diversi problemi ma fu sempre tratto d’impiccio dal sovrano Luigi XIV.

Nobel Alfred (1833-1896) chimico. Perito a Sanremo (prima dell’inizio del Festival). Inventore della dinamite, ricavò dalla scoperta una notevole fortuna economica. Attraverso il premio che da lui prende il nome finanzia noti sobillatori : vedi --> Fo Dario e --> Pinter Harold.

Osiris Wanda (1905-1994) attrice e cantante, regina del varietà italiano dagli anni Trenta agli anni Cinquanta. Si esibiva sotto falso nome (all’anagrafe risulta registrata come Menzio Anna). Deceduta. Non risulta che abbia avuto contatti con l’indiziato.

Pericle (495 ca-429 a.C.) cabarettista e uomo politico ateniese. Deceduto. Come molti altri comici dopo di lui, ha intrapreso la carriera politica nel partito democratico, governando la città per diversi anni. Patrono della cultura, fu protettore di drammaturghi (Sofocle) e scultori (Fidia). Processato per peculato. Allo scopo di valutare la pericolosità del soggetto, ecco il suo numero di cabaret ateniese, nella trascrizione di --> Tucidide.

Ateniesi! Il nostro governo qui ad Atene favorisce i molti invece che i pochi, è per questo che viene detto “Democrazia”. Qui ad Atene noi facciamo così. Le leggi assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private. Ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo stato, non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito, e la povertà non rappresenta un impedimento, anzi. Qui ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana. Noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro, e non infastidiamo mai il nostro prossimo se il nostro prossimo preferisce vivere a modo suo. Noi siamo liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie vicende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le proprie questioni private, perché noi ad Atene facciamo così. Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere chi riceve un’offesa. E ci è stato insegnato anche che dobbiamo rispettare tutte quelle leggi non scritte la cui sanzione risiede solo nell’universale senso di ciò che è giusto, di ciò che è buon senso. Perché noi ad Atene facciamo così. Un uomo che non si interessa allo stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile benché soltanto in pochi siano in grado di dar vita ad un’azione politica tutti qui a d Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia, noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, e che la libertà sia il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade, e che ogni ateniese sviluppando in sé una felice versatilità cresce e con lui cresce la prontezza ad affrontare le situazioni e la fiducia in sé stesso, ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Pinter Harold (1930-) drammaturgo, attore e scrittore inglese. Ha spesso assunto, con prese di posizione pubbliche, posizioni violentemente anti-americane. Ha vinto il Premio --> Nobel nel 2005. La frequentazione dell’autore e delle sue opere è da considerarsi un’aggravante, anche se praticate in epoca in cui le sue sparate pseudo-politiche non erano ancora note.

Pressburger Giorgio (1937-) regista teatrale e scrittore nato a Budapest, ma attivo in Italia. Ha diretto importanti istituzioni culturali (Teatro Stabile di Trieste, Mittelfest di Cividale, Istituto Italiano di Cultura di Budapest) e dedicato alcuni testi narrativi ai suoi problemi dentari. Dimostra una familiarità sospetta di alcuni scrittori poco raccomandabili. Nel 1981, quando era direttore dello Stabile di Trieste, ha curato la regia di Karl Valentin Kabarett, omaggio a --> Valentin Karl, altro guitto di dubbia fama.

Puecher Virginio (1927-) regista teatrale, attivo soprattutto al Piccolo Teatro di Milano, noto covo di sovversivi gestito dai socialisti Strehler Giorgio e Grassi Paolo. Nel 1980 ha diretto Happy End del notorio sovversivo --> Brecht Bertolt, con musiche di Weil Kurt e la consulenza musicale di --> Berberian Cathy.

Shakespeare William (1564-1616) drammaturgo, attore e impresario inglese. Deceduto. Il suo nome ricorre nei dossier di alcuni individui sospetti. Autore del summenzionato Sogno di una notte di mezza estate. Andrebbe inserito nella lista degli autori da trattare con precauzione.

Simonetta Umberto (1926-1998) scrittore e drammaturgo milanese. Deceduto. La sua opera più nota, Tirar mattina, evidenzia fin dal titolo la scarsa attitudine alle attività produttive del nostro e dei suoi complici.

Stravinskij Igor (1882-1971) compositore di origine russa. Non risultano precedenti a suo carico. In ogni caso, deceduto.

Tabori Georg (1914-) regista e drammaturgo di origine ungherese, attivo soprattutto in Germania e negli Stati Uniti. E’ stato tra l’altro sceneggiatore per Hitchcock Alfred. Di questo autore l’imputato ha portato in scena il testo Jubiläum, ma Tabori è anche autore di una pièce dal titolo Mein Kampf. Personalità ambigua, da approfondire.

Teatro dell’Elfo compagnia teatrale milanese, con cui si è spesso esibito l’imputato. Agli esordi, negli anni Settanta, la compagnia si compiaceva di recitare in centri sociali, case occupate e in generale in situazioni cosiddette militanti. Successivamente, avendo ottenuto la gestione della sala teatrale omonima, ha continuato a proporre spettacoli; spesso propone situazioni scabrose, compiacendosi in pruriginose allusioni ad attività sessuali non regolamentari.

Teatro Greco di Taormina ammasso di ruderi millenari al quale paiono particolarmente ed inspiegabilmente affezionati alcun intellettuali, che ogni estate vi organizzano un festival teatrale a spese dello Stato. Se siete in vacanza da quella parti, mandateci moglie e figli con la scusa che è educativo. Liberi dalle molestie di consorte e pargoli, potrete andate a farvi una eccitante serata al più vicino --> Marocco Club.

Tucidide (460 ca - dopo il 404 a.C.) storico greco. Deceduto. Non risultano imputazioni a suo carico. Come critico teatrale, ha trascritto la nota gag di ---> Pericle.

Valentin Karl (1882-1948) attore e drammaturgo tedesco. Deceduto. All’anagrafe Valentin Ludwig Feyl. Per anni ha avuto grande successo nei cabaret di Monaco di Baviera. Il noto sovversivo --> Brecht Bertolt lo considerava uno dei suoi maestri. Il regista --> Pressburger Giorgio gli ha dedicato uno spettacolo.

Zelig
nato come palestra del cabaret negli anni Ottanta, è diventato con gli anni una fabbrica di comici a uso e consumo televisivo. Una volta era una saletta con poche centinaia di posti, che ospitava comici volgari, puzzolenti e sediziosi; adesso va in prima serata su Canale 5 e ha un’audience di milioni di telespettatori. Non si capisce come l’imputato possa rimpiangere il sordido e miserabile Zelig di una volta.


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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