ateatro 105.15

Elogio del preservativo in forma di ballata ai tempi dell’aids
L’amore buono, il nuovo spettacolo africano di Marco Baliani, a cura di AMREF
di Andrea Balzola
 



Dopo il grande successo del Pinocchio Nero (vedi ateatro 84), Marco Baliani ha debuttato a Roma, Teatro Il Vascello, con un nuovo spettacolo realizzato in Africa con ragazzi e ragazze recuperati dagli slum di Nairobi grazie allo straordinario impegno dell’associazione laica a href="http://www.amref.it" target="_blank">Amref. Il Pinocchio nero adattava con ispirata vena poetica e forza teatrale un archetipo della letteratura occidentale come Pinocchio al vissuto dell’infanzia abbandonata di Nairobi. L’amore buono è un’operazione molto diversa, più didascalica e militante, con un obiettivo molto preciso e dichiarato: sensibilizzare le nuove generazioni africane (ma non solo) all’uso indispensabile del profilattico per prevenire l’ulteriore diffusione del flagello dell’Aids che sta sterminando le popolazioni africane. I dati sono agghiaccianti: nel solo Kenya muoiono ogni giorno circa 300 persone a causa dell’Aids, i sieropositivi di età compresa tra i 15 e i 49 anni sono almeno 1.100.000, mentre il numero degli orfani sono decuplicati rispetto agli anni ‘90. Oggi la lotta e soprattutto la prevenzione all’HIV è la priorità assoluta dell’Africa, soprattutto presso le aree più degradate e i ceti sociali più poveri, è perciò naturale conseguenza orientare anche gli strumenti dell’arte e della comunicazione a farne tema e finalità privilegiata di lavoro. Baliani, che è un grande viaggiatore del teatro attraverso le sponde del mediterraneo e ha lavorato molto con i giovani di diverse origini, sa che la scelta del tema non è mai sufficiente per parlare ai cuori e alla mente degli attori e del pubblico, bisogna trovare le strade, passo per passo e mai a priori, attraverso i laboratori sul campo, per raccontare nel modo giusto, per trovare il linguaggio espressivo più efficace in quel momento per quel contesto e per quello scopo. Ancora una volta, come nel Pinocchio nero, il materiale drammaturgico di partenza è la raccolta delle testimonianze dirette da parte dei ragazzi e ragazze che hanno vissuto in prima persona o da vicino la tragedia del contagio e della malattia. Testimonianze tanto più atroci quanto più rispecchiano un sistema di vita fondato sull’ingiustizia più radicale, dai racconti emerge infatti un’altra malattia che sicuramente precede, fa da sorgente e alimenta l’Aids, una malattia sociale dove la povertà si spinge alla mancanza di cibo e acqua, dove il territorio è completamente devastato dalla speculazione economica internazionale (leggi ad esempio le estrazioni petrolifere, e poi ci lamentiamo del pericolo di rapimenti politici…), dove la condizione della donna è allo stadio di puro sfruttamento sessuale (le ragazze che hanno appena raggiunto la pubertà rischiano di essere immediatamente stuprate, ingravidate e contagiate), dove la cultura tradizionale è sradicata con l’imposizione di dubbie forme di proselitismo religioso, dove l’innovazione tecnologica occidentale è un miraggio inarrivabile, dove le istituzioni governative sono quasi sempre corrotte e tiranniche, eccetera.
E come dice Baliani, in questo contesto “amarsi è difficile, amarsi bene, nutrirsi d’’amore quasi impossibile… Dove la vita è pura sopravvivenza non c’è tempo per crescere un sentimento…. Tempo e spazio per i sentimenti appartengono solo alle classi più ricche, ai bianchi, alle nostre società del benessere diffuso… Quando l’amore è sempre rubato, è facile che diventi violento, si nutra di violenza…. Ed è facile allora che il virus dell’aids trovi campo libero, in corpi senza più difese, in corpi allo sbaraglio.”
Cosa resta allora? Lo straordinario spirito africano, un’imbattibile capacità di divertirsi, di amare la socialità e la vita nonostante tutto, di rigenerarsi attraverso l’invenzione creativa e la speranza.
Sono queste le “risorse umane” sulle quali hanno fatto leva il progetto Amref e il lavoro artistico di Marco Baliani e dei suoi collaboratori, per confluire in una specie di musical povero, dove i racconti rielaborati teatralmente si intrecciano con una serie di ballate cantate dai giovani attori africani e musicate da due prestigiosi musicisti come Mirto Baliani e Paolo Fresu. Fulcro dello spettacolo non è quindi soltanto l’aids e la promozione del preservativo (che pure è sempre presente con tanto di dettagliate istruzioni per l’uso), ma “l’amore difficile, l’amarsi spaventato” dei ragazzi e delle ragazze di Nairobi, così ben riassunto in un detto popolare africano: “Quando la povertà entra dalla porta, l’amore scappa dalla finestra”.
Ma gli africani non ci stanno a essere giudicati e magari considerati la causa stessa della peste del nuovo millennio (una delle ipotesi sull’origine del virus è il contagio ricevuto da un babbuino africano infetto), come recita ironicamente l’incipit della prima canzone dello spettacolo (Baboon Song): “Siamo babbuini, ma non siamo cretini/ Ci avete detto che il nostro popolo è infetto/che proprio da noi, da qui/ è partito il virus dell’HIV/ ma nessuno scienziato l’ha ancora dimostrato/ nessuno davvero l’ha ancora spiegato/ non sarà che per calcolo, o forse per caso/ qualcosina vi è scappata dal vaso/ sfuggita dai vostri esperimenti micidiali/ per avere armi sempre più mortali?/…”
Lo spettacolo riproduce la vita caotica degli slum di Nairobi mescolando racconti, lazzi clowneschi, canzoni hip hop di strada e scene che seguendo l’insegnamento shakespeariano incrociano parodia e tragedia, comicità e dolore, informazione militante e poesia. I protagonisti sono in parte reduci dall’esperienza di Pinocchio e in parte debuttanti, con una fortissima carica espressiva a cui Baliani e collaboratori sono riusciti con efficacia a dare la forma musicale di una vera e propria band e la forma teatrale di un’affiatata compagnia, senza privarli di una spontaneità che affonda le sue radici in un vissuto estremo.

L’amore buono
Protagonisti dello spettacolo: Micheal Mwaura, Wilson Franco, Mohammed Kamau, John Muthama, Nancy Ann Gitau, Peter Wangugi, Paul Kamau, Fresha Wangari, Mary Gachoka, Monicah Mbutu, Johna Kiarie, Peter Ngige, Daniel Ndichiu, Daniel Njoroge, Joseph Muthoka, Evans, Oluoch, Nahashon Mbugua.


 
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