ateatro 79.17 26/12/2004 Libri & altro: Compleanni i trent'anni del Teatro dell'Elfo in un album fotografico Elfo Bazaar, a cura di Ferdinando Bruni e Pietro Cheli di Oliviero Ponte di Pino
E’ il regalo che il Teatro dell’Elfo si è fatto per celebrare i suoi trent’anni. Un volume di grande formato (diciamo grande come una locandina) con tantissime foto a colori e in bianco e nero, con le loro didascalie, qualche citazione (una frase qua e là dai documenti programmativi della compagnia, una frase da tre-quattro critici non di più) e tre brevi testi (una affettuosa prefazione di Franco Fabbri, e poi i brevi appelli dei tre padri fondatori, Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, che ancora reggono il timone della compagnia milanese, e Gabriele Salvatores, che ha da tempo spiccato il volo per il cinema).
Nel loro testo, una sorta di manifesto programmatico a posteriori, De Capitani e Bruni rilanciano lo slogan "More Ethics, Less Esthetics". Ma quale etica può emergere da un libro pieno soprattutto di immagini? Quelle di Elfo Bazaar sono soprattutto foto d’attori, e foto con una particolare qualità: molte di loro sono immagini da manifesto, o da locandina (e infatti sono state spesso usate per scopi promozionali). E in una compagnia da sempre attenta all’immagine e alla comunicazione, questa è una scelta senz’altro indicativa. Perché l’Elfo, al di là dei suoi registi, in primis quelli citati sopra, è da sempre prima di tutto un collettivo di attori – e anche De Capitani e Bruni sono stati attori prima che registi. E non è un mistero quanto abbiano pesato, nelle scelte di programmazione e repertorio dell’Elfo, la volontà, le necessità, le ambizioni degli attori, che costituiscono il nucleo portante del collettivo e dei suoi organi decisionali.
In questo senso, uno dei postulati etici della compagnia è proprio questo: la centralità dell’attore rispetto alla regia, alla drammaturgia, persino al repertorio (anche se è ovvio che la compagnia costruito e sviluppato una poetica coerente). E poi, attraverso la loro immagine oltre che con la presenza in scena, sono stati proprio gli attore a fondare e mantenere quello stretto rapporto con il pubblico che è tuttora uno dei grandi capitali della compagnia.
Così, in Elfo Bazaar, più delle scenografie, più delle riflessioni intellettuali, più delle storicizzazioni, a parlare sono i volti e i corpi degli attori, con una pulsione spesso esplicitamente o beffardamente erotica, a volte sparati in primissimo piano e ingranditi come per intercettare lo sguardo del lettore, a stabilire un contatto emotivo diretto con chi guarda, a innescare una sensazione, un turbamento. A punteggiare questi ritratti, queste figure spesso scontornate, sono alcune immagini di gruppo, altrettanto emblematiche.
Insomma, quello che conta di più nell’etica dell’Elfo, sembra dire il libro, non sono gli spettacoli, di cui è possibile cogliere appena un frammento, un «totale» quasi rubato, ma noi: noi attori e voi spettatori, nel contatto che possiamo stabilire all’interno del gioco della finzione scenica. Ecco, questo darsi così direttamente al pubblico presuppone un’etica, una sorta di onestà intellettuale, o meglio una innocenza anti-intellettualistica, che a tratti sfiora l’ingenuità, perché altrimenti il contatto risulterebbe ben presto falso, forzato, stonato. Ecco, quella che ispira l’Elfo è prima di tutto un’etica del volto e del corpo, ancora più importante della cultura, dei principi, della coerenza. Un’etica che implica, prima di tutto, la fedeltà a sé stessi.
Elfo Bazaar, a cura di Ferdinando Bruni e Pietro Cheli, il Saggiatore, Milano, 2004, 108 pagine, 35 euro.
Per chi vuole approfondire la storia della compagnia:
Gli spettacoli dell'Elfo nelle recensioni di Oliviero Ponte di Pino per "il manifesto".
I 25 anni del Teatro dell'Elfo, raccontati per "Diario" (19 gennaio 2001).
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