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intrecci PASSI (sulla Francigena) MARATONA DI MILANO   .

In queste pagine sono raccolte alcuni mail in risposta alla mia Lettera aperta (di solidarietà) a Mario Martone. Lo spazio è a disposizione di tutti, la discussione è aperta.
Se volete dire la vostra su quello che è successo al Teatro di Roma, usate il form nella mia homepage o scrivete a sumartone@olivieropdp.it.
Cercherò di pubblicare i vostri contributi al più presto.
Se conoscete altre pagine che stanno raccogliendo opinioni sulla faccenda, segnalatemele e cercherò di inserire qualche link.

Nel forum dell'Elfo c'è molto materiale (compresa una rassegna stampa) ed è possibile intervenire.
Sull'ultim'ora di Centoteatri la lettera di dimissioni di Martone & altro.
L'intervento di Renato Borsoni su bresciablob (numero del 7 novembre), con un forum.


Il comunicato del CdA del 3 marzo 2001
Antonietta Rame direttore fino al 31 dicembre 2001
In allegato la lettera di Maurizio Scaparro sul progetto Don Giovanni

Il Consiglio di Amministrazione del Teatro di Roma, che completerà il proprio mandato triennale entro il Settembre del 2001, nella seduta del 3 marzo, ha deciso - pur giudicando inadeguato il modello che attribuisce al Direttore compiti insieme artistici e amministrativi - di affidare, nel rispetto delle vigenti norme ministeriali che regolano le attività di uno Stabile, la Direzione del Teatro alla signora Antonietta Gironi Rame, che attualmente è Direttore del Dipartimento Programmazione, Produzione e Decentramento.
La signora Rame, cui l'ambiente teatrale riconosce una grande competenza professionale ed eccellenti qualità intellettuali e morali, nell'accettare l'incarico che la vedrà impegnata fino al 31 dicembre del 2001, ha manifestato la più convinta intenzione di continuare l'opera di rinnovamento dell'organizzazione e del modello produttivo e culturale del Teatro fissati come obbiettivi prioritari nel nuovo Documento Consiliare di Indirizzi per il Triennio 2001/2003 e già dal Consiglio intrapresa coi provvedimenti urgenti degli ultimi due mesi.
In tale documento si prevede fra l'altro l'istituzione della figura del Direttore Artistico o consulente delle sale che ospitano gli spettacoli del Teatro di Roma. La signora Rame riferirà nel merito in una delle prossime sedute del Consiglio, che valuterà l'opportunità di individuare prima possibile personalità di alto profilo culturale cui affidare la consulenza artistica di teatri che, come l'Argentina, l'India e Ostia Antica, hanno la stessa finalità (lo sviluppo del Teatro d'Arte) con linguaggi diversi (da quelli sperimentali a quelli più popolari).
Compito irrinunciabile del Teatro di Roma è restare all'avanguardia della cultura teatrale europea con l'obbiettivo di essere il teatro di tutti i cittadini della Capitale d'Italia, della Regione e della Provincia di Roma.

ALLEGATO

Il Presidente del Teatro di Roma Walter Pedullà in data 3 marzo 2001 ha ricevuto la lettera di Maurizio Scaparro qui allegata, che è stata letta durante il Consiglio di Amministrazione ricevendo gli apprezzamenti dell'intero Consiglio e che, d'accordo con Scaparro, volentieri desidera diffondere alla Stampa:

Roma, 3 marzo 2001
Caro Presidente,
desidero esprimere il mio grazie a Te e al Consiglio per gli attestati di stima che mi sono pervenuti in vario modo da tutti i Consiglieri.
E partendo da questa stima, e dal profondo desiderio di essere vicino al Teatro di Roma, in questo delicato momento, sento di doverVi comunicare, per i miei impegni attuali, ma soprattutto per il previsto limitatissimo mandato di pochi mesi, la mia impossibilità a svolgere il compito di Direttore Artistico del Teatro.
Sto per annunciare, alla fine di marzo, un progetto interamente legato a Francia, Italia e Spagna sul mito mediterraneo di Don Giovanni con uno spettacolo diretto da me e con musiche e canti di scena di Nicola Piovani, che verrà presentato a settembre, prima all'Olimpico di Vicenza, e successivamente all'Opera Comique di Parigi. Ho anche in animo di costruire il prossimo anno uno spettacolo, sempre mediterraneo, (ricordando che Roma è il centro del Mediterraneo) sull'Eneide con Giorgio Albertazzi protagonista e sul viaggio di Enea, fino al suo sbarco a Roma (Ostia Antica).
Questa mia personale attività la metterei, se lo riteneste utile, a disposizione del Teatro di Roma, e costituirebbe certo un segnale forte di rilancio del Teatro a Roma e in Europa.
Nello stesso anno di impegno potrei aiutare il Teatro, e segnatamente il Teatro Argentina e il Teatro India, a presentare una breve Rassegna di Spettacoli internazionali di grande livello europeo.
In ogni caso auguro a Te, al Consiglio tutto, buon lavoro, perché il Teatro di Roma possa riprendere al più presto il suo cammino regolare.
Maurizio Scaparro


Il pezzo di Mimma Gallina per "Hystrio"
Il caso Martone
qualche cosa di nuovo, anzi d'antico

Dei diversi aspetti della vicenda di Mario Martone, vorrei soffermarmi su quelli che ripropongono, con accenti e sfumature nuove, problemi antichi di particolare rilevanza organizzativa (non per risolverli, ma per sottolinearli).
Lo scontro fra presidente, CDA e direttore
Non mi sembra del tutto originale la tanto richiamata omogeneità politica fra presidente e direttore: si tende a dimenticare quanto siano cruente le "contraddizioni in seno al popolo" (e quanto lo stile delle persone conti a volte più del loro orientamento politico). Mentre sempreverde è la questione di fondo, quella relativa a chi fa cosa nei teatri stabili e nelle istituzioni culturali in genere (è una interessante coincidenza che nello stesso giorno in cui Martone presentava la sua lettera di dimissioni a Roma, a Venezia il Presidente della Biennale "licenziasse" il direttore della sezione architettura). Il "decreto Tognoli" del 29/11/90 (che il Ministero ha però dichiarato nei fatti decaduto a seguito del regolamento triennale) aveva teoricamente messo le cose a posto: a un direttore unico, artistico e organizzativo-amministrativo (con facoltà di delegare una delle due competenze senza però sottrarsi alla relativa responsabilità), competono gestione e programmi "da sottoporre" al CDA e al presidente, cui compete la rappresentanza legale. Tutto sta nell"intendersi su quel "da sottoporre".
C'è chi ritiene (i direttori di solito), che competa agli organi amministrativi verificare che i programmi generali approvati vengano e possano essere rispettati, il ché implica anche che siano compatibili con il bilancio (preventivamente e in corso d'opera) e che rispettino la "missione" dell'Ente (ovvero si pongano e cerchino di rispondere alla domanda di cosa deve fare un teatro pubblico e in una determinata città/regione) e che tutto ciò basti e avanzi (se fatto seriamente). In concreto, una volta nominato un direttore e approvato il suo programma si tratterà di controllarne la compatibilità, garantire le condizioni perché sia realizzato e valutare a fine mandato se ha lavorato bene o male (il che non vuole necessariamente dire che chi ha lavorato bene verrà confermato e male no, ma questo è un altro problema: il principio ci sembra coerente con il senso del teatro pubblico, un controllo della collettività, tramite i suoi rappresentanti, su organismi che rivestono funzioni di pubblica utilità).
Ma chi la pensa così non è di solito il presidente e non sono i consiglieri di amministrazione, cui sempre più frequentemente vengono attribuiti incarichi progettuali, pagati o meno (e qui le questioni di stile si intrecciano con quelle di etica). L'esuberanza delle presidenze è tale che il progetto di legge Veltroni (probabilmente inattuale ma indicativo), si preoccupa particolarmente di proteggere l'indipendenza dei "sovrintendenti".
Esiste una via d'uscita normativa al problema? Come limitare i Presidenti che vogliono fare i Direttori? penso che la tendenza a nominare direttori artistici "artisti", corrisponda a queste velleità o, per essere più obiettiva, a questi orientamenti. Oppure hanno ragione? In una logica di direzione unica (che recentemente molti rimettono in discussione), il presidente è ­ può essere di fatto - direttore organizzativo? Il Presidente quindi, deve essere un "manager"?
Mi sembra che recentemente qualche equivoco sulla managerialità stia alimentando questo scontro con risultati spesso paradossali. Ad esempio a Torino. Abbiamo letto nei mesi scorsi che Massimo Castri, direttore di quel teatro stabile, non può e non intende produrre perché costretto a rimboccarsi le maniche per far funzionare l'azienda: le regie di Castri ci mancheranno e, francamente, non ce lo saremmo aspettati dal teatro col presidente più manager di tutti, con vocazione alle "holding" (insomma un altro Fossa).
Il casus belli della pianta organica, ovvero il problema del personale
Fra i problemi di cui i presidenti dei Teatri Stabili storicamente amano occuparsi, questo è il principale. Dalle assunzioni, dagli uffici molto più che dal palcoscenico dove il "mestiere" si vede, è passato nei decenni il clientelismo (assunzioni, incarichi, gratifiche, passaggi di categoria etc.) mortificando in primo luogo proprio i lavoratori e la loro professionalità.
Se non si sono fatti degli Stabili dei "carrozzoni" (non lo sono) è stato perché, per fortuna, non c'erano soldi abbastanza. Anche indipendentemente dall'eleganza dimostrata dal direttore dimissionario nei confronti del personale, francamente non penso che quello del Teatro di Roma sia un problema di clientele (oggi forse non lo è), ma è significativo che sulla pianta organica si misuri una lotta di potere e sono certa a intuito e per i precedenti, che Martone ha ragione quando denuncia il tentativo di privilegiare la scrivania al palcoscenico. Dei fatti emersi, questo è il più grave: non dimentichiamoci che il Direttore è Capo del Personale. O un direttore è in grado di gestire l'azienda, oppure non lo è, e in questo caso, o non lo si nomina, o si cambiano le regole. Qualunque scelta organizzativa e amministrativa deve essere organica prima alla funzione/missione, quindi al progetto: enfatizzare l'organizzazione per se stessa, è una pessima scelta organizzativa. Credere nel ruolo del marketing ad esempio ­ e personalmente io ci credo - non significa pensare che il merchandising salverà il teatro ma nella necessità di strategie di ricerca e rapporto col pubblico in relazione ad una determinata istituzione e progetto (e anche in questo Martone aveva dimostrato di essere bravissimo).
La valutazione ambivalente dei risultati
Anche questo è un copione antico: l'aritmetica, come si sa, è un opinione, i dati (che siano sul pubblico o sul bilancio) non sono chiari e si tirano da tutte le parti. Sono fermamente convinta che il direttore di un teatro stabile debba rispondere fino in fondo del bilancio, analizzare e fronteggiare le cause degli eventuali deficit (che, per decreto, possono comunque essere ripianati nel biennio successivo): insomma non deve più succedere quello che successe nel Teatro di Roma che fu (quando un deficit con molti zeri in più di quello che si ventila ora passò sotto gli occhi inesperti dell'ingenuo personale, in parte lo stesso di oggi).
Se Martone ha montato tutto questo perché è un ragazzo capriccioso e nasconde la sua insipienza amministrativa con la persecuzione, merita tutta la riprovazione. Se teme che si usino i numeri per spingere verso altre direzioni, o attuare una sorta di gestione parallela, merita che si rifletta con lui su questo rischio.
E la vicenda qui presenta qualche interessante elemento di novità se qualcuno ancora credeva che gli scontri o le censure in teatro passassero solo dagli spettacoli. Scelte come quella della nuova formula di abbonamento, non sono amministrative: dall'abbonamento passa la "convenzione" teatrale e la "rivoluzione" della formula proposta dal Teatro di Roma (che si sta sperimentando in molte città d'Europa: e perché non da noi?) era organica a un cambiamento complessivo: da verificare, certo, da perfezionare, comunque da difendere come parte integrante di un progetto. Lo scontro sui numeri (numeri ambigui del resto) è anche questa volta uno scontro di sostanza, che del resto il presidente onestamente non maschera.
L'ostilità dell'ambiente
Ma fra tutti il punto più vicino alla sostanza è questo ultimo aspetto, quello che sembra amareggiare di più Martone, e lo capisco. Non voglio entrare nel merito dei programmi se non per dire che hanno offerto un'interpretazione della funzione di teatro pubblico, oggi, a Roma, insomma si è trattato di scelte, non è detto che fossero le uniche possibili, ma per una volta non era tattica, non era equilibrismo, e sono state perseguite con coerenza e determinazione.
Il teatro italiano è miope, è come un complesso di villette a schiera, in cui nessun inquilino vede oltre il giardino di casa. Può darsi che anche Martone, abbia, come tutti, i limiti che ciascuno ricava dalla sua esperienza, dalle sue conoscenze, dal suo gusto, come tutti potrebbe essere caduto in qualche equivoco, ce ne sono tanti in giro (mi riferisco alle "scuffie" improvvise e poco comprensibili per un attore o un gruppo, alle amnesie totali per altri, alla divisione un po' manichea fra il vecchio e il nuovo che accomuna i punti di vista più distati, ad altri equivoci meno innocui). Ma fra tutti quelli che non c'erano e si sono sentiti un po' danneggiati, un po' defraudati, e compongono questo "ambiente ostile", ci sono - ne sono certa - anche persone di buona volontà (non penso sia interessante occuparsi delle altre). Penso che questa vicenda romana possa insegnare loro ­ e a tutti - qualcosa per il futuro. Invece di pensare che un po' di mezzi del Giubileo potevano aiutare il loro lavoro anzichè quello di giovanissimi che forse non "saranno famosi", e che De Berardinis e Cecchi potrebbero andare in pensione, e che non se ne può più di Napoli e della tradizione della ricerca, e che la Raffello Sanzio, e che S etc etc., amareggiandosi nelle tournées sempre più asfittiche o in compagnie casuali, si chiedano ­ chiediamoci - cosa succederebbe se tutti i 15 teatri pubblici si ponessero davvero, non per inerzia, e in modo libero (dagli scambi, dal regolamento, dalle pubbliche relazioni, dai presidenti,dal governo) una domanda sulle loro funzioni, sulla loro missione contemporanea, si applicassero con la stessa determinazione ­ e ciascuno a suo modo - a far funzionare queste macchine.
Martone ha contribuito ­ come diceva un vecchio manifesto ­ a rimettere in moto qualche pensiero nel teatro italiano: forse era utopia, ma a volte il pensiero è contagioso.


Marco Paolini
Caro Oliviero,
ho ricevuto l'e-mail di sostegno a Martone.
Continuiamo a fare quello che è giusto in modo che nessuno di noi si senta solo.
Marco


L'appello di Teatroagliartisti
"MUORE IL TEATRO" almeno le condoglianze!
Martedì 12 DIC. ore 23,00 ci incontreremo dopo la prima dello spettacolo di Mario Martone di fronte al Teatro Argentina per una veglia:
- per chiedere le immediate dimissioni del presidente Pedullà e del suo CDA
- contro il silenzio delle istituzioni
- perché il teatro sia tempio di cultura e non mercato di lobby politiche!

A tutti quelli che parteciperanno chiediamo di portare un cero e dei fiori (a coloro che non potranno farlo di persona chiediamo di inviarli, con un messaggio di condoglianze, al Teatro Argentina, Largo Argentina, Roma).
Ringraziamo tutti quelli che hanno già inviato la loro adesione e invitiamo chi ancora non l'abbia fatto a scrivere al nostro indirizzo.

Per maggiori informazioni potete visitare i seguenti indirizzi:
http://www.lamanicatagliata.it/teatset.htm
http://www.kore.it/disc3_frm.htm


Diffondete la voce e aderite tramite e-mail a:
teatroagliartisti@hotmail.com
perché è in tanti e con un minimo di tenacia che si fa la forza.


La risposta di Angelica Savinio a Walter Pedullà su "la Repubblica" del 6 dicembre 2000

Confermo la mia adesione alla lettera di rammarico per le dimissioni del regista Mario Martone dal Teatro di Roma. Ignoro, né mi interessano, le ragioni che le hanno provocate. Questo è quanto ho risposto al professor Walter Pedullà, alla sua telefonata recente. Ho ripetuto al professore che la mia firma era, ed è, "pro" e non contro nessuno, come invece sembra apparire dalla sua lettera a "Repubblica". Pregavo anzi il gentile amico Pedullà di fare il possibile, con la sua capacità e il suo garbo, per far rientrare queste dimissioni che tanto ci dispiacciono.


La lettera di Walter Pedullà su "la Repubblica" del 3 dicembre 2000
in risposta all'appello di Rosetta Loy e C.


Sono il "Presidente del CdA del Teatro di Roma" cui pudicamente accenna Rosetta Loy ("Repubblica" 28.11). La gentile signora respinge l'accusa di aver promosso l'azzeramento dei vertici del Teatro come "solo esito possibile della lotta intestina". Forse potrebbe bastare il fatto che, dopo aver letto l'appello che recava la loro firma, dodici intellettuali su ventidue (Aiello, Alleva, Di Jorio, Fiori, Fioroni, Magrelli, Mazzucco, Russo, Angelica e Ruggero Savinio, Vasio e Lucio Villari), pur confermando la stima a Martone, si sono dissociati dall'iniziativa della Loy, che a una rilettura è risultata chiaramente finalizzata ad azzerare il Presidente.
Sarebbero stati, secondo la suddetta signora, "alcuni componenti del CdA" a gridare in coro "Azzerateci! Azzerateci!". E questo è falso, oltre che ridicolo. A chiedere di essere azzerato è stato un solo consigliere. Confermo quindi che si tratta di una squallida vicenda. Che bisogno c'era di appellarsi al mondo quando bastava - a tempo dovuto - chiedere a Martone di ritirare le dimissioni? Perché voler far credere che egli sia stato mandato via? Martone è vittima solo di se stesso. Non cerchino i suoi sostenitori i torturatori del regista tra coloro che sempre l'hanno sostenuto.


L'articolo di Rita Cirio sull"Espresso"
(in edicola il 30 novembre 2000)

Con il titolo E dopo il Vietnam... Martone e l'occhiello Non ha fatto quadrare i conti? Calano gli abbonati? Pazienza. Per l'intellighentia l'ex direttore è un simbolo. Ma di che cosa? Rita Cirio ha sferrato l'enesimo duro attacco a Mario Martone. Ecco alcuni estratti dell'articolo.
"Se si dovesse definire con un genere teatrale la vicenda che travaglia da alcune settimane il Teatro di Roma, il termine farsa non sarebbe né fuori luogo né fuori parte: dalle dimissioni del direttore artistico consegnate al sindaco (e dal sindaco alla stampa) invece che al consiglio di amministrazione del teatro, alla "okkupazione" del palcoscenico del teatro Argentina in occasione di una prima da parte di un gruppo di aficionados che con napoletana platealità hanno inscenato una spontanea manifestazione di solidarietà (mentre dal pubblico qualcuno invitava a occupare il gabinetto piuttosto che la scena); dalle baruffe romane tra il direttore artistico e il presidente del teatro Walter Pedullà che, conti alla mano, ha rivelato a tutti i giornali - tirandosi fuori dalle responsabilità gestionali - cifre catastrofiche nella discesa a picco di abbonamenti (da 7.000 a 700) e nella salita delle spese (tra l'altro, 2 miliardi di aiutini del Comune per sette spettacoli giubilari che hanno incassato 12 milioni, per non parlare dei miliardi spesi per l'India, uno spazio sfruttato per poco più di un centinaio di posti). Catastrofi prevedibili e annunciate, che questo giornale aveva denunciato fin dall'inizio della gestione prendendosi accuse di infame e reazionario. Come se l'appoggio incondizionato e acritico al dimissionario direttore artistico fosse d'obbligo morale e ideologico per la sinistra tutta e per di più con dovere aggiuntivo di condividere e applaudire le sue discutibilissime scelte artistiche, orientate a una gestione personalistica e isolazionista anche nei confronti degli altri stabili, di rispolvero di avanguardie vecchie di 30 anni. Per non dire della vantata "riscoperta" del teatro di Ostia antica, operante da sempre, chiuso solo per ragioni di agibilità e dove gli spettacoli estivi sono sempre stati fonte di incassi sicuri per le precedenti gestioni. Mentre quest'anno alcuni spettacoli ostiensi non avevano un solo spettatore pagante (Pedullà dixit). (...) Dopo l'"okkupazione" del palcoscenico, la farsa continua, anche se non brillantissima. Ed ecco arrivare un manipolo di intellettuali pronti - come ai vecchi tempi di cause ben più importanti come il Vietnam - a firmare, in difesa della causa del direttore artistico, una lettera aperta al sindaco: «Restituisca a Martone ciò che è di Martone». Ma via, come se un teatro pubblico fosse una proprietà privata di qualcuno e non dei cittadini contribuenti!! (...) la farsa di artistico non ha più nulla ma solo ormai risvolti e cascami di pratica politica. E contrasti anche all'interno dei partiti."
(se volete leggerlo tutto, è sul numero del 07.12.2000)


Appello di "teatroagliartisti" per il 12 dicembre 2000
(con il testo del volantino del 4 novembre & altro materiale)

La situazione ? DISARMANTE!

Forse non tutti sanno che dopo l'occupazione del palco al Teatro Argentina durante la prima rappresentazione del Corano, le polemiche nei confronti di Mario Martone si sono inasprite, portando sui giornali accuse pesanti e arbitrarie contro la sua direzione artistica. Accuse che lo stesso Martone ha ampiamente dimostrato false con dati alla mano.
Per chi ha assistito è evidente la malafede del presidente Pedullà e del suo consiglio di amministrazione. Speravamo che il cda chiarisse ulteriormente le proprie posizioni e che le forze politiche interessate (in primis il Sindaco Rutelli) si occupassero della questione Teatro di Roma.
Ciò non è avvenuto.
L'unico risultato tangibile sono state le dimissioni di Fuortes dal CDA dell'Argentina.
Insomma tutto sembra pronto per accogliere il nuovo direttore artistico.Il punto é che le nostre amministrazioni, i nostri politicanti, che la nostra cara Italia ricorre ancora una volta all'arte del temporeggiamento, dell'insabbiamento, del silenzio che lascia scemare la vergogna, le colpe, l'indignazione nel serbatoio dell' indifferenza!
Abbiamo scritto a Rutelli, abbiamo atteso una qualche risposta da parte delle istituzioni, abbiamo cercato di organizzarci sempre per muoverci compatti dandoci un nome un indirizzo e un manifesto. SIAMO GIOVANI (e non solo) CHE CREDIAMO che il compromesso possa risparmiare almeno l'arte.

Vogliamo stare veramente a guardare? Vogliamo permettere ancora a Pedullà di rovinarci una delle poche realtà che abbiamo visto realmente funzionare a Roma/in Italia/nel mondo della cultura?

- per chiedere le immediate dimissioni del presidente Pedullà e del suo CDA
- contro il silenzio delle istituzioni
-perché il teatro sia tempio della cultura e non mercato delle lobby politiche!

Per tutto questo

Martedì 12 dicembre ore 23,00 ci incontreremo alla prima di Mario Martone di fronte al Teatro Argentina

. Il tema sara':
"MUORE IL TEATRO" almeno le condoglianze!
Coloro che non potranno portarlo a mano e depositarlo davanti l'entrata del Teatro Argentina, potranno inviare per le 23,00 di martedì 12 dicembre il loro mazzo di fiori con lettera di condoglianze.

Diffondete la voce e l'E-mail:
teatroagliartisti@hotmail.com
perche' é in tanti e con un minimo di tenacia che si fa la forza.

N.B. IN ALLEGATO IL MANIFESTO DEL COMITATO TEATRO AGLI ARTISTI e IL DOCUMENTO "VEGLIA PER IL TEATRO CHE MUORE" degli EX-VOTO:

[Una introduzione che allarga al mondo dell'arte e non solo del teatro l'appello:]

[Miei cari amici, questo mio messaggio introduce una circolare del comitato Teatroagliartisti@hotmail.com , che si è formato dopo le dimissioni "forzate" del direttore artistico del Teatro di Roma Mario Martone, ... non vi anticipo i contenuti, che sono senz'altro ben spiegati nel comunicato. Voglio solo sollecitarvi, da musicista, ad aderire all'iniziativa di protesta che è nata innanzitutto da artisti... perchè ad ogni voce artistica libera che viene spenta, ad ogni spazio che viene chiuso si uccide un po' di ognuno di noi artisti. Anche noi musicisti di jazz e affini, di solito più facilmente interessati a tematiche di stampo esclusivamente musicale... Vi giro dunque questo messaggio. Fatelo leggere, fatelo circolare. E se siete d'accordo sottoscrivetelo. Teatroagliartisti@hotmail.com.
Grazie Maria]

Teatro Argentina, Roma, 5 novembre 2000

"NON chiudete quella PORTA!!!"

Da quasi un anno si è aperta una nuova porta a Roma, quella del Teatro di Roma, una porta che in realtà è sempre stata lì, ma chiusa; quello che è arrivato è stato il respiro e la voce di una proposta che ha offerto al pubblico romano grandi possibilità, sganciandosi dalla politica dell'abbonamento, favorendo la visibilità di un tipo di teatro in cerca di qualcosa, promuovendo iniziative su scala regionale, offrendo in tutto il Lazio una rassegna estiva, aprendo il teatro ai giovani, quelli che tutti quanti pensano annoiati; se ci sono state persone annoiate forse sono state propio quelle alle quali punta il consiglio di amministrazione, nella logica dell'entrata sicura, quel tarlo che mangia ogni energia; quelle persone che negano e rifiutano la validità di ciò che non arrivano a comprendere. Ora quella porta si è chiusa e noi siamo fuori, invitati a dire qualche parolina anche sottovoce. Noi non sosteniamo soltanto Martone, ma sosteniamo quelle possibilità negate, dove interessi che vanno oltre la cultura invadono il teatro.

Comitato "teatro agli artisti": C'è una libertà, ma soprattutto un diritto inalienabile, che oggi come ieri gli artisti reclamano: "libertà di espressione". Sono tanti e non riguardano soltanto il teatro, sono intellettuali, attori, registi, pubblico e artisti che imbrigliati nelle logiche del potere e del piu' basso clientelismo, urlano la loro voglia di esprimersi, di seguire e di sostenere chi della cultura ne fà una ragione di vita e non di denaro e potere. La cultura da oggi va difesa, se serve scendendo in piazza; perché assistere agli scempi che il nostro paese ogni giorno é costretto a subire, ha comunque un limite, e oggi si è varcato il limite della decenza. "Vicende Martone" sono l'ultimo assassinio che la cultura "nostra" subisce, l'ultima umiliazione che l'artista é costretto a sopportare. Un chiaro segno all'argentina il 4 Novembre è stato dato: 200 persone in un pomeriggio radunatesi spontaneamente si sono sentite offese, tanto dall' occupare il palco ad una prima.
Affinche' gli intenti si uniscano e il numero degli sdegnati aumenti, contro i soprusi all'arte oggi è stato organizzato il comitato " teatro agli artisti", affinché le scelte artistiche non siano piu' subordinate a logiche clientelari-partitocratiche e nell'ottica di dare un organicità a un desiderio comune di parlare senza tuttavia essere fraintesi nei giochetti di potere e della stampa.

VEGLIA PER IL TEATRO CHE MUORE

Martedì 12 dicembre alle ore 23,00
a Largo Argentina, Roma

Tutti coloro che hanno seguito e che in ogni forma hanno manifestato la loro indignazione per la vicenda del Teatro di Roma - la cui sorprendente vitalità innescata in un solo anno dalla direzione di Mario Martone è stata avvelenata da oscure e ignobili trame - si incontreranno a Roma, a Largo Argentina, martedì 12 dicembre.
Un appuntamento che per e oltre la vicenda del Teatro di Roma vuole essere un importante happening affinché il teatro in Italia smetta di essere territorio di scambio per lobby e trame politiche e di potere.
Sono decenni e decenni che gli Stabili in Italia passano nelle mani, spesso solo di appannaggio, dei soliti registi che altro non propongono che la morte del teatro stesso.
Vogliamo le dimissioni di Pedullà e dei suoi squallidi soci del cda (soprattutto gli irresponsabili diessini).
Se Rutelli e company ci vogliono come interlocutori politici, non pensino che ci si accontenti con un Calenda qualsiasi!
Il teatro, anche se sembra che nessuno voglia accorgersene, è una cosa molto seria, e non va giocata come una pedina qualsiasi.
A tutti quelli che parteciperanno chiediamo di portare un cero ed un fiore (a coloro che non potranno farlo di persona chiediamo di inviarlo al Teatro Argentina, Largo Argentina, Roma)
Come nel resto d'Europa il teatro deve essere la casa degli artisti!
Gli ex Voto


Rosetta Loy
(vedi la lettera pubblicata da "Repubblica" il 22 novembre, che ho ripreso più in basso. Non ho invece il testo della replica alla suddetta lettera. Se qualcuno me lo fa avere...)

Sono la "mente malefica e penna sottile" che ha scritto la lettera al sindaco uscita su "la Repubblica" il 22 novembre, a firma di diversi intellettuali in difesa di Martone. Ne sono anche la "rete che l'ha ordita". In realtà credo di essere soltanto una "penna libera". Ho infatti la fortuna di essere fuori da ogni gioco di potere e di non avere la possibilità di "estorcere" un alcunché a nessuno.
Al momento in cui la lettera è stata scritta volevo solo esprimere a Martone la solidarietà di noi intellettuali così spesso afasici quando si tratta di prendere posizione sulla propria pelle. E difendere il valore di un nuovo modo di fare teatro. Volevamo Martone, per intenderci, e non volevamo la testa di nessuno. La frase incriminata dal Presidente del CdA del Teatro di Roma ("È doloroso dover ammettere che l'epilogo gestionale e amministrativo del centro-sinistra sia una lotta intestina il cui solo possibile esito è l' azzeramento di tutti i vertici del Teatro di Roma") si riferiva al resoconto della conferenza stampa rilasciata da parte di diversi componenti dello stesso Consiglio che dichiaravano "non più rinviabile l'azzeramento del Cda e degli organi dirigenti del teatro", apparsa su "Il Tempo" il 10 novembre scorso.
Mi sembra che non sia la storia della lettera al sindaco "brutta, malinconica, misera". Brutto, malinconico e misero è forse invece privare Roma di un artista che dava a tanti cittadini il piacere di andare a teatro.


Il 21 novembre 4 assessori del Comune di Roma invitano Martone a ritirare le dimissioni
Al termine di una riunione di giunta dedicata alla situazione del Teatro di Roma, quattro assessori hanno firmato un documento in cui si chiede a Martone ritirare le dimissioni, per rimanere a svolgere il ruolo di direttore del Teatro di Roma.
Nel documento firmato dagli assessori Dario Esposito, Domenico Cecchini, Loredana De Petris, Paolo Pietrangeli e dal vicedirettore generale del Comune, Mariella Gramaglia, si chiede che l’esperienza, criticata invece dal Polo, continui (anche se Adalberto Badaloni di AN ha difeso Martone).
"Martone", è scritto nel documento, "ha dimostrato con i fatti di saper interpretare con grande creatività il significato di luoghi della città e di dar vita a nuove forme di identificazione delle persone con questi luoghi. Casi esemplari sono il teatro India e il Teatro Ostia Antica, due strutture-evento capaci di produrre iniziative culturali che hanno attratto pubblico. (...) Se c’è qualcuno che al teatro di Roma non condivide questa impostazione, sia lui a trarne le conseguenze".


Lettera aperta al sindaco di Roma
(pubblicata su "la Repubblica" e "il manifesto", con un commento di Gianfranco Capitta, il 22 novembre 2000)

Signor Sindaco,
è davvero molto triste che la stagione viva e ricca che il Teatro di Roma ha vissuto sotto la direzione di Mario Martone debba concludersi in modo così misero e concitato.
Per chi non conosce la situazione interna allo Stabile e dunque per il pubblico è difficilissimo districarsi nella guerra delle cifre: quelle fornite dal presidente del Consiglio d'Amministrazione Walter Pedullà per bocciare la direzione Martone; e quelle con cui il direttore dimissionario gli risponde contestandole.
A chi ama il teatro appare però evidente che a Roma, sotto la direzione di Martone, qualcosa è cambiato: il numero delle rappresentazioni è raddoppiato, il prezzo del biglietto medio è diminuito e gli spettatori sono aumentati, l'attività è stata decentrata, il teatro si è messo in cammino per la città e lungo "Le antiche vie", il programma si è arricchito di stimoli e proposte di richiamo internazionale e in sintonia con la realtà di una Capitale che è diventata multiculturale e multietnica. Perché buttare via tutte queste coraggiose innovazioni e tornare al pessimo spettacolo dell'ennesima guerra di potere? È doloroso dover ammettere che l'epilogo gestionale e amministrativo del centrosinistra sia una lotta intestina il cui solo possibile esito è l'azzeramento di tutti i vertici del Teatro di Roma.
Perciò, signor Sindaco, le chiediamo di restituire a Martone ciò che è di Martone, riconoscendo l'importanza di un segno culturale artistico e di qualità e cosa non indifferente apprezzato dal pubblico.

Rosetta Loy, Laura Lilli, Nadia Fusini, Valerio Magrelli, Irene Bignardi, Giovanni Russo, Nello Ajello, Luigi Melega, Enzo e Flaminia Siciliano, Elena Belotti, Lucio Villari, Giosetta Fioroni, Giuseppe Fiori, Ruggero Savinio, Angelica Savinio, Patrizia Cavalli, Annalisa Alleva, Carla Vasio, Marisa Di Iorio, Franco Marcoaldi, Melania Mazzucco, Elena Stancanelli.


Sofia Pagano
Su molti forum si discute del fattaccio "dimissioni di Mario Martone" e questo è un bene,
perchè vuol dire che c'è del sano, nel nostro paese, che prova una naturale, sana, forte e durevole indignazione quando gli si dà del marcio in pasto.
Ma sull'invito a mandare lettere di solidarietà sono perplessa...
Alla fine della vicenda, Martone resta Martone - amato da molti in un ambiente piuttosto incline alla malafede e all'inciucio (una colomba bianca?) - con i suoi progetti, che realizzerà comunque, non importa dove.
Noi giovani, invece? Chi ci esprime solidarietà? L'Argentina tornerà ad essere limite invalicabile?
Che sarà degli altri spazi? Ci faranno il karaoke?
...e più non dimandare!
Con simpatia, Mario:-)
Sofia


Renata Molinari, Paola Bigatto, Ambra D'Amico, Franca Graziano
Caro Mario,
ricordiamo con emozione il nostro arrivo all'Argentina, a conclusione del Progetto Passi.
Vorremmo che tu potessi ancora guidarci dentro un teatro di passione e impegno.
Con affetto e stima tutta la nostra solidarietà.
Pavia-Milano 10 novembre 2000


Teatro Aperto
20 luglio 2000
Tutto quello che tocchiamo, vediamo, sentiamo è superficie. Desideriamo, amiamo, rifiutiamo superfici.
La superficie nella sua specificità, nella sua qualità, nel suo significato, nel suo stesso essere presuppone però sempre un corpo; dietro la superficie comunque, sappiamo o presupponiamo l'esistenza di un corpo.
Le nostre dita stamani toccano le pagine del "Corriere della Sera"..."Il caso"...In superficie si polemizza ancora sulla direzione di Martone al Teatro Stabile di Roma. La polemica tra il Polo e i Ds si fa sempre più accesa:"Si dimetta, troppi spettacoli anti-Giubileo" e tira in ballo proprio La santa, lo spettacolo di cui abbiamo curato allestimento e regia lavorando su un testo di Antonio Moresco, che ha debuttato in prima nazionale al Teatro Argentina di Roma il 7 giugno scorso.
E' un dovere, prima di tutto come cittadini e poi come artisti, prendersi un tempo e un'attenzione per cercare con le proprie mani il corpo che questa superficie cela. Leggiamo. Rileggiamo. Ma il corpo non si trova. E' sparito. Non per colpa dell'ignoto autore dell'articolo forse.L'omicida è più potente, più subdolo, più stratificato. Come un fungo, in quest'Italia annoiata e consenziente, si attacca alla superficie e mangia via il corpo delle cose.
E' questo modo di far politica che non è politica, che non c'entra niente con le idee, con la passione. E' questo parlare a vanvera senza conoscere, senza darsi il tempo di vedere, di valutare, di ascoltare. E' questo vivere di pretesti usati ad hoc per far scoppiare bombe che si rivelano poi petardi di carnevale con coriandoli e stelle filanti. E' questo creare anestesia, limitare i piaceri, metterli sotto controllo e allargare le sacche di insensibilità.
Tutto questo non riguarda solo il mondo del teatro e dell'arte. La caduta di sensibilità ha creato grandi vuoti e l'impossibilità di avere un rapporto stimolante ed eccitante con la realtà.
...Eppure i giovani sono tornati ad affollare le sale del Teatro Argentina potendosi permettere di pagare un biglietto più equo. Eppure è stato aperto uno spazio come l'India, una risorsa preziosa per la città.
Eppure artisti italiani conosciuti in tutta Italia e in tutta Europa sono stati chiamati per la prima volta a Roma proprio grazie a questa direzione artistica, e persino qui a Milano si sanno queste cose.
Eppure La santa, così inadeguata al Giubileo, è la storia di una ragazza che muore di passione, e di amore, e di idee, una ragazza che si perde e regala il suo corpo a un'utopia, una ragazza inconsapevolmente coraggiosa...oh finalmente! qualche volta la parola "coraggio".
Il C.S. Leoncavallo ha avuto la curiosità e il coraggio di sostenere un progetto spirituale e indipendente. Teatro Aperto ha avuto la tenacia e il coraggio di continuare a fare teatro senza sostegni.
Mario Martone ha avuto il corpo e il coraggio di premiare lo spettacolo di una piccola compagnia agguerrita e il testo di un grande autore, di una voce fuori dal coro.
E allora, dopo tutti questi miracoli, ci pare che non ci sia niente di più giubilare a Roma in questo momento che l'avventura di questa direzione artistica.
Teatro Aperto
Federica Fracassi e Renzo Martinelli

3 novembre 2000
Caro Mario,
siamo tra quei giovani artisti che vengono da lontano e che a ragione, nelle tua lettera al Sindaco Rutelli che abbiamo letto stamani su "Repubblica", dici di aver sorretto nella crescita.
In quella lettera indichi già in modo asciutto ed esemplare quei "fatti" che hanno caratterizzato l'eccezionalità del tuo lavoro di questi quasi due anni. Ci sembra superfluo dunque ripeterti quanto il tuo agire abbia aperto un varco, un varco salutare laddove sembrava non esserci alcuna possibilità di cambiamento, di movimento.
La tua gestione artistica, politica e culturale è stata condotta in maniera aggressiva, di quella aggressività di cui il teatro italiano avrebbe bisogno, ma di cui ha ancora troppa paura.
Perché fare teatro? Dove costruirlo?
Tu devi aver considerato tuo compito, ne siamo certi, che si doveva mettere in terra, a dimora, un seme. Questo è stato il tuo lavoro, la tua programmazione "diversa" al Teatro Argentina, il tuo Teatro India. Queste tue dimissioni, dunque, in un certo senso ci fortificano, ci paiono ancora una volta segno di questo tuo credere nella possibilità di costruire, di questo non scendere a patti. Non tanto uno strappo, piuttosto un ulteriore passo per dare nutrimento a quel seme.
Molti artisti hanno condiviso il tuo lavoro. Molte persone si sono avvicinate al teatro grazie a questo lavoro. Pochi continuano a non voler capire. Putroppo quei pochi continuano ad avere potere.
Anche per noi il teatro è sempre stato questo. accudire un luogo, farlo diventare terreno di incontro. Avere un proprio sguardo, una propria opinione: perché ci sono idee che non riconosciamo, che non condividiamo, che vogliamo denunciare, contro le quali vale la pena di combattere.
Ci siamo sempre sentiti guerrieri prima che artisti..."teatro di guerra" appunto...
Ancora grazie per la breccia che sei riuscito ad aprire e la certezza che con te, come te continueremo nella trincea perché quest'apertura diventi smisurata...impossibile da tappare.
Un abbraccio
Teatro Aperto
Federica Fracassi
Renzo Martinelli
Antonio Moresco
e la compagnia de La Santa


Carlo Infante
Mario è in prova per il suo Viviani, le polemiche si stemperano ma la nostra indignazione rimane presente nel web e nei teatri.
Trovo quindi opportuno segnalare l'indirizzo esatto del mio intervento su tiscaliart, visto che è rimasto in homepage solo due giorni e poi è andato a finire in una directory non nota. La rendo nota: http://www.tiscaliart.it/speciali/martone_caso.html e poi c'è comunque sempre: http://www.teatron.org/martone/.


Il Consiglio di Amministrazione
del Teatro di Roma

Roma 14 novembre 2000
Il Consiglio di Amministrazione del Teatro di Roma, riunitosi ieri sera sotto la Presidenza di Walter Pedullà, dopo aver espresso il più vivo rammarico per le dimissioni di Mario Martone, dopo aver sottolineato l'importanza delle sue iniziative volte al rinnovamento dei modelli culturali e produttivi del teatro, dopo aver manifestato l'auspicio che egli voglia tornare a collaborare con il Teatro di Roma, ha approvato una delibera nella quale si decide " di rettificare il telegramma nel punto in cui era stato dato il proprio assenso alla risoluzione del rapporto con effetto immediato, e quindi di accogliere la richiesta di Mario Martone mantenendolo nella carica sino alla data del 13 dicembre 2000 e impegnandolo conseguentemente a compiere gli atti connessi alla sua funzione di Direttore dell'Associazione".


Renzo Vescovi (Teatro Tascabile di Bergamo)
Caro Martone,
la sua causa, è così palesemente vittoriosa che uno si sente in imbarazzo a schierarsene a sostegno.
Il lavoro che ha fatto nel breve periodo in cui ha diretto il Teatro di Roma è stato così ricco di stimoli, proposte e iniziative, con una trasversalità così feconda e dinamica che non può che essere registrata come un modello di organizzazione artistica e culturale. Di questo fa ovviamente parte la categoria del teatro India: un luogo scenico assolutamente mirabile per la sapienza delle sue articolazioni, la forte connotazione simbolica di rinnovamento e la concreta promessa del suo pieno dinamico sviluppo. Il nostro gruppo teatrale, durante i suoi 27 anni di professione, ha avuto modo di confrontarsi con le esperienze più ricche di decine di istituzioni teatrali in ogni parte del mondo: siamo rimasti molto favorevolmente colpiti dal vitalismo artistico e dalla freschezza che è stato così sorprendentemente possibile respirare in un Teatro Stabile. La sede da cui partiamo per i nostri vagabondaggi, Bergamo, è fisicamente così lontana da Roma che non ci è abitualmente possibile seguirne la routine della programmazione ordinaria. L’eco del suo lavoro ci spinge a guardare ora a quello Stabile come facciamo per altri luoghi capitali della scena internazionale.
Alle certezze elencate e a quelle ricordate con grande lucidità da Ferdinando Taviani sull'"Indice" del luglio/agosto scorso ("rinnovamento del pubblico, aumento degli spettatori e degli incassi, contenimento dei prezzi, presenza e diffusione sul territorio, apertura di nuovi spazi" e, soprattutto (soprattutto dal punto di vista di un gruppo teatrale), la concretazione in atto del"l'idea di una civiltà teatrale che reagisce con la forza del suo artigianato alle solennità della cultura celebrata") si aggiungono, ora, le sue, come chiamarle ?, incongrue dimissioni. Nella sua lettera al Sindaco si ha la percezione di una resa per esaurimento a una falange kafkiana (o un affondamento nella mucillagine ipocrita della pigra indifferenza romano-guicciardiniana: in ogni caso in buona compagnia geografica). Chi ha seguito sul giornale la cronaca delle sue dimissioni ha assistito con sgomento all’inversione grottesca della gerarchia organica. Si suppone, d'accordo con l'amara e appassionata analisi di Michele Serra sulla "Repubblica" del 7 novembre (L'arte ai tempi del marketing), che la natura del fatto artistico dovrebbe contemplare un incontro arte-pubblico favorito, secondo una propria logica interna (poiché non siamo neanche sicuri che abbia sempre ragione la Storia non sarà il caso di registrare troppo frettolosamente quella del Cliente), dalle maestranze integrative di raccordo (organizzazione, amministrazione eccetera). Che cosa è avvenuto in realtà? Michele Serra allude in generale a interventi ("tagliare come un ramo secco") motivati da improduttività economica. Ma quello che lascia smarriti è che neppure la giuliva o demenziale logica da marketing potrebbe far valere i suoi distorti parametri nella fattispecie, dal momento che, secondo le informazioni (v. p. es. Taviani cit.), essi sono tutti (paradossalmente?) positivi.
Forse pecco d'ingenuità o di disinformazione: chiedo scusa e qualcuno me lo spiegherà. Se così non fosse: si potrebbe arrivare ad un'analisi più esaustiva delle (ad una informazione più ampia sulle) difficoltà lamentate da Mario Martone? Dal momento che non avevano dunque appigli, a cosa mai si sono appigliati questi famosi componenti del Consiglio d’amministrazione per respingere la proposta di riorganizzazione del direttore ?
In ogni caso il Teatro Tascabile di Bergamo desidera offrire testimonianza della sua stima per l'attività di organizzazione culturale e artistica del direttore del Teatro di Roma. Per quanto goffo o semplicistico possa apparire, aggiungo a quella degli altri suoi autorevoli estimatori la preghiera di contemplare l'ipotesi di una ulteriore permanenza in trincea per difendere i valori dei quali ha finora reso così ricca testimonianza: forse sarebbe una possibile forma di resistenza o male minore. Naturalmente uno si rende conto che qualsiasi parere dato dal di fuori, e non veramente corroborato da una reale cognizione di causa, arriva senza efficacia in un contesto infinitamente più elaborato. Questo sostegno finisce per avere la genericità sintetica e in fondo puramente numerica di un voto che possiamo aggiungere a quello degli altri. L’esortazione a resistere, una affettuosa ma convinta pacca sulla spalla, si affida in mancanza d’altro, a una sorta di auspicio fideistico, una ulteriore variante del postulato di Pier Luigi Celli citato in questi stessi giorni da Umberto Galimberti: "Se dici una cosa al vento, prima o poi un'eco ti risponde".
Molto cordialmente.
Renzo Vescovi


Marco Solari
Caro Oliviero,
che dire di fronte al digrignar dei denti dei lupi e delle iene? Che è una cosa che fa rabbia, e fa abbastanza schifo, pure, perché Mario in qualche modo ha rimesso in gioco molte energie che qui a Roma sembravano totalmente disperse, o soffocate. La cosa che però mi fa più 'senso' (in tutti i sensi) che al di là degli ovvi attacchi della destra (prevedibile e banale) la piccineria del gioco teatrale dei sottopoteri anche da sinistra - anche ricoprendosi di pur parzialmente accettabili osservazioni - si è scatenata una protervia aggressiva e (dispiacendomi del termine) sfascista. Mario non si è trovarto in una situazione semplice, com'è sempre quella di uno stabile, e in particolare qui a Roma. Di fronte ad ogni critica vale sempre il 'e tu che avresti fatto?'. Ostia Antica per me l'anno scorso è stata una grande occasione, una rara uscita di fronte a ottocento persone con le Baccanti, e come spettatore, sempre lì, a vedere e sentire Patty Smith non mi è sembrata piccola cosa. Come tanti altri lavori visti nel corso di questo e dell'altr'anno. Inoltre posso dire, che pure da una posizione piuttosto isolata e defilata, qual'è la mia, un conto è il piacere di andare o di passare per l'India e vedere gli spettacoli e condividere gli spazi, un conto è assistere - senza possibile dialogo - ad una programmazione più o meno intelligente. Quindi mi auguro che lupi e iene mollino l'osso. Lo dico da artista che va a teatro e che fa teatro.
Queste righe ti arriveranno con ritardo. Lo so. Mi spiace, ma non riesco a trovare la simultaneità nella scrittura.
Ciao
Marco


Interzona
In ritardo, ma non per questo meno di cuore ti siamo vicini in un momento merdosissimo per te e per il teatro italiano. Ti siamo tutti grati per il lavoro svolto e che vergognosamente non ti lasciano svolgere serenamente.
Un saluto e un abbraccio da Interzona


Compagnia Babbaluck
ESPRIMIAMO SOLIDARIETà A MARIO MARTONE COME COMPAGNIA GIOVANE E AUTOGESTITA PER IL SUO IMPEGNO E LA SUA APERTURA MENTALE COSì DIFFICILI DA TROVARE TRA LE POLTRONE RONFANTI DEGLI ABBONATI TEATRALI E DELLA FAMIGLIA DEI POTENTI DEL TEATRO ITALIANO CHE VUOLE SOLO CONSERVARE Sè STESSA!!!!!
COMPAGNIA BABBALUCK DI NAPOLI


Teatro delle Briciole Teatro al Parco
Per Mario Martone e il suo staff
Grati per una politica culturale che hai difeso con rigore ed onestà in nome di un teatro rivolto alla "bellezza", siamo con voi nel rivendicare il diritto a questo teatro di esistere nel rispetto di un pubblico che ha ancora il diritto di scegliere.
Teatro delle Briciole Teatro al Parco


Cutmagazine
Ciao Oliviero,
volevo informarti che ho appena messo un link alla tua lettera aperta sull'homepage di "cutmagazine", la rivista online del Cut di Milano.
Spero che il nostro modesto contributo possa servire
Luigi Rinaldi


Extramondo
Ci siamo permessi di pubblicare la tua lettera aperta a Martone sul nostro sito.
Anche noi siamo rammaricatissimi e preoccupati per ciò che è successo.
Un caro saluto
Michela


Motus
Rimini, 3 novembre 2000
E’ con rabbia che scriviamo, ma anche con profonda tristezza; non possiamo non comprendere l’ esasperazione che ha indotto Mario alla scelta quasi inevitabile di dire basta alla rete di bassezze e sporche manovre politiche che in questi anni si sono continuamente intromesse, bersagliando le scelte artistiche di una direzione che, nessuno può negarlo, ha dato all’ asfittico ambiente teatrale romano una ventata di novità ed “apertura” vera, ad ampio raggio.
Comprendiamo il disagio e forse la stanchezza nel dover fronteggiare questa ridicola guerra intestina verso una programmazione teatrale volta a superare una volta per tutte schieramenti e favoritismi, aperta soprattutto al rischio, dimensione lavorativa purtroppo estranea a troppi che si proclamano artisti od intellettuali e men che meno a politici.
E’ strano che questi fatti avvengano proprio in coincidenza con estese iniziative volte a commemorare il venticinquennale della morte di Pasolini, e questo non faccia riflettere.
Noi non possiamo non pensarci: i suoi cupi pronostici sulla società dello spettacolo paiono essersi in tutto e per tutto avverati.
Quindi che dire? Abbiamo sempre riposto fiducia in Mario, come lui l’ ha riposta in noi, vorremmo continuare a sperare che tutto quello che lui ha fatto in questi anni non venga annullato dalla miopia di qualche burocrate, ma ancor più che la sua scelta non sia irremovibile e ci sia la disponibilità a rivedere le dimissioni se, e solo se, le sue condizioni di lavoro all’ interno del Teatro di Roma possano ricevere il giusto rispetto e sostegno.
Con affetto e solidarietà
MOTUS


Carlo Infante
Avrei potuto non prendere parte a questo forum su il Caso Martone?
Il link rimanda ad una nota che ho scritto per www.tiscaliart.it dove viene ovviamente linkato questo forum.

Il desiderio teatrale s'è infranto contro l'inerzia burocratica

Le dimissioni di Mario Martone dalla direzione artistica del Teatro di Roma, dopo una delle stagioni più belle e coraggiose che si ricordino, mi fanno tornare in mente l'ultima lirica di Majakovskij: "la barca dell'amore s'è infranta contro gli scogli della vita quotidiana".
La rilancio: Il desiderio teatrale di sostanziale rinnovamento dei modi di gestione della "res" pubblica culturale s'è infranto contro i blocchi dell'inerzia burocratica che concepisce la gestione come un sistema di patteggiamento continuo che chiamare mediazione è poco.
Dirsi dentro "basta" non è più sufficiente, ma allo stesso tempo non è facile neanche individuare i modi per combattere un nemico che non è neanche frontale. Non è nella destra liberista, ma disseminato tra le pieghe di un sistema culturale che ha visto bivaccare per decenni i cacicchi del sovvenzionamento pubblico a pioggia. E lì non c'è destra e sinistra che tenga. Anzi, vi alberga quel sottobosco che, dai tempi del patto consociativo PCI-DC, ha imparato a tessere reti di scambi, di favori, di induzioni politiche di bassa caratura.
Martone ha avuto quello scatto di reni per tirarsi fuori da quel pantano e lo ha fatto probabilmente per rilanciare la partita, non per moralismo o per sfinimento.
Lo ha fatto perché crede che una via d'uscita ci sia.
Almeno così mi piace pensarlo.
La via è quella delle dimissioni dell'intero consiglio di amministrazione del Teatro di Roma, un organismo delegittimato anche dal fatto che i suoi rappresentanti sono lì da prima della costituzione delle nuove giunte alla Provincia di Roma e alla Regione Lazio.
Aspetteremo fiduciosi questa risoluzione, ma non con le mani in mano, faremo chiasso con gli argomenti e con le nostre affermazioni di desiderio teatrale.

Gruppo Teatrale Errepì
Firenze, 9 ottobre 2000
A Mario Martone, aderendo alla bella lettera di Oliviero Ponte di Pino, e a quanti si stanno mobilitando:

Ohi Mario,
che pasa en la capitàl
in ‘sto sinistrico
autunnale asfissico?
Già le valise
-che cortesia!-
devante de la porta
posizionado te han?
Che biutiful e splendente
‘sta Italietta ridente!
El nemico de siempre
dejà conosciàm
et imperò complimentorum
-co’ l’inchino-
a ‘sti rossastrati
impallidati!
Vegnè zovani
desperè no,
presto li marescialli
-de carne!-
nel plenum del teater
veder potrete.
Ohi Mario,
insolamente ‘na gran bala
un suegno de mala digestiòn
è istato?
Scandalosissima verguenza
un malroverso a la intelligenza
‘na buffonada mal pintada
‘sta zogada!
E per la sinistrada sinistrità
cari Veltroni, Rutelli e Pedullà
la ciliegiuta in sul tortìn
galopando ‘rivata est
enfìn.
Donca ve disemo
-ora et ammo’-
che la de vosotros “fianco Sinis-Dest!”
en el afogamento catartico
- e catodico-
del bagno mediasettico
s-cioppàr pueda.
Del CDA le dimissiòn chiediàm
el Gran Teatro de le Maraviglie
proseguiàr a veder vogliàm!
Ohi Mario,
se po' al finàl
leur petit mélò
tè lassarghe vuoi
seguita a stragediàr
sublimamente come saves
in altro lugàr.
Fudesse anca Napole,
un poco più strachi
a li spectaculi arriverem,
ma li vedrem
sì,
anca là
te seguirem.
De l’Edipo el coro
siempre canta
e cantarà;
‘me un càn randagio
de ‘na poesia tradida
-par trenta voti
de sangue argentado-
a la tiranica ignoransa
le malediziòn a mandàr
el continuarà.
Gruppo teatrale EffePi di Firenze

Comunicato ANSA dell'8 novembre
TEATRO: MARTONE,'SUCCESSO GESTIONE'- FUORTES(CDA) SI DIMETTE (ANSA) - ROMA, 8 NOV - Mario Martone risponde agli attacchi sulla sua gestione del teatro di Roma dando i dati tutti in positivo della stagione scorsa, tratti da un documento dell' Autorita' per i servizi pubblici del Comune. Accanto a lui Carlo Fuortes, membro del Cda, annuncia di essersi dimesso in appoggio al direttore artistico.
Fuortes sente infatti che la maggioranza nominata dal Comune, di cui fa parte, e' stata delegittimata dalle dichiarazioni dell'assessore Borgna e dalle richieste appunto di dimissioni dei gruppi Ds e Verdi.
Martone, ha spiegato oggi alla stampa che in questione non e' la sua direzione,''ma se il teatro italiano debba restare una sorta di carrozzone parastatale anni '70 che non ha subito la pulizia di tangentopoli o guardare al futuro mettendo in atto una riforma gestionale a artistica''. Ribadisce che ''un ritiro delle dimissioni non e' praticabile date le grandi divergenze esistenti'' e si dice comunque impegnato a proseguire ''quel lavoro di chiarificazione'' che il suo atto ha messo in moto.
Con Fuortes, il regista presenta ''i numeri della radicale, nuova impostazione del Teatro di Roma, che, appena ha cominciato a dare i suoi frutti, sono state create condizioni per strozzarla, invece di aiutarla a andare avanti'', del resto ''gli impedimenti burocratici non sono causali, ma servono a chi li usa come strumenti di potere e controllo''. (SEGUE).
TEATRO: MARTONE,'SUCCESSO GESTIONE'- FUORTES(CDA) SI DIMETTE(2)

(ANSA) - ROMA, 8 NOV - Gli attacchi sono diretti tutti verso il presidente dello stabile Walter Pedulla' e riprendono - ricorda anche Martone - gli stessi temi della simile polemica che ebbe con lui anche Luca Ronconi al momento di decidere del suo passaggio a Milano. ''Il presidente non e' leale - aggiunge- perche' ha dato alla stampa dati falsi o totalmente parziali, estratti da un contesto di cui e' perfettamente a conoscenza''.
Fuortes confuta cifra per cifra e Martone ricorda di aver ribaltato il modo di gestire un teatro pubblico, puntando non su sei mesi di stagione e pochi spettacoli, ma su 12 mesi di attivita' e un gran numero di spettacoli per un pubblico piu' vasto, piu' aperto alla citta', e di aver fatto ogni atto con l'approvazione, spesso all'unanimita', di presidenza e Cda.
I dati principali, nel paragone della stagione 1998/99 con l'ultima, sono un incremento di circa il 25% degli incassi da sbigliettamento e abbonamenti e di circa il 60% del numero di spettatori (invertendo una tendenza di anni), grazie a un costo ridotto del singolo biglietto. A indicare la forza della nuova strategia, le rappresentazioni sono passate da 183 a 368, con una riduzione di circa il 40% del costo di ogni singola rappresentazione. Quanto ai costi dei nuovi locali dell'India (9,5 miliardi di cui oltre 2 di lavori) ha precisato come siano non solo spazi per spettacoli, ma anche per laboratori e uffici che hanno ridotto i costi complessivi del teatro. (ANSA).

PER = Paolo Petroni

08-NOV-00 18:42 NNNN

TTR
Caro Oliviero Ponte di Pino,
ho cercato di contattarti telefonicamente, ma senza buoni risultati. Condivido le preoccupazioni espresse nella tua lettera e vorrei domandarti se è possibile pubblicare la lettera sul nuovo numero della rivista TTR che uscirà alla fine del mese. In attesa di una risposta, ti ringrazio e ti saluto.
Chiara Sforni

Fontemaggiore
Siamo molto felici di ricevere la tua newsletter e il tuo sitò è già tra i nostri preferiti.
Sulla triste vicenda del teatro di Roma, vogliamo esprimere la nostra più profonda e sentita solidarietà a Martone. Fontemaggiore

Valeria Ottolenghi
Carissimo Mario,
avevo già in mente da tempo di scriverti, volevo dirti che mi avrebbe fatto immenso piacere diventare, non so come, tuo riferimento del magnifico lavoro che stavi svolgendo a Roma: senza sapere in che modo - ma qualcosa sarei riuscita ad inventare! - avrei voluto creare un collegamento attivo tra la capitale e la provincia, a partire dal fatto che per la prima volta dopo tanti anni si guardava a Roma come luogo ricco di proposte teatrali legate alla contemporaneità, capaci di tenere conto nello stesso tempo delle esigenze del pubblico e della necessità della ricerca artistica...
Ed ora...
Intanto: grazie!
E poi: conta sempre su di me, e su tutti coloro che come me sono ora così turbati da quanto è accaduto con infinita stima
valeria

Teatro delle Moire
E' inutile dire che l'avvenimento non ci lascia indifferenti, ma nemmeno ci sorprende.
Non mancheremo di comunicare a Martone la nostra solidarietà, convinti che sia uno dei pochi direttori artistici che in questi ultimi anni ha avuto il coraggio di intraprendere una via per il cambiamento.
La saluto e la ringrazio per tutte le informazioni che ci invia.
Teatro delle Moire
Alessandra De Santis


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